«Alla fine la questione della libertà religiosa in Cina è finita in secondo piano. Avrebbe dovuto essere al centro della visita di Mike Pompeo ed effettivamente se n’è parlato tanto nei suoi giorni romani. Ma l’inusuale aggressività mostrata da parte americana verso la Santa Sede ha finito con lo spostare l’attenzione su tutt’altra questione».
Lo scrive Agostino Giovagnoli su Avvenire in un commento all’indomani della visita in Vaticano del segretario di Stato Usa indicando «quella di un’alternativa inedita per i cattolici (americani e no) tra il Papa e Trump sulla libertà religiosa in Cina e su altre questioni». Vista da Roma è un’alternativa semplicemente inconcepibile, ma in un’ipersemplificazione mediatica, negli Stati Uniti e altrove trova una confusa plausibilità.
Insomma, sobrietà e chiarezza davanti a un evento senza precedenti recenti nel mondo cristiano: quello di un’autorità politica che pretende obbedienza anche come leader religioso. Bisogna infatti risalire agli imperatori che convocano i vescovi a concilio contro il Papa, ai sovrani protestanti che decidevano sulle loro Chiese nazionali, al Re di Francia che dirigeva la Chiesa gallicana per trovare qualcosa di simile. Tutte cose che ci riportano molto indietro nel tempo e che pensavamo di non vedere più. La reazione della Santa Sede è stata tuttavia misurata. Misurata e ferma. E questo non solo perché tutto cambia rapidamente e già domani molte cose potrebbero essere diverse, ma soprattutto perché c’è da difendere il bene prezioso della libertà religiosa.
Pompeo, presentandosi a Roma e accusando addirittura il Vaticano, se ne è fatto a parole paladino, ma proprio lo scontro da lui provocato non ha permesso nessun confronto costruttivo su tale problema. E alla fine è stata la Santa Sede, come sempre, a porre la questione nel modo più incisivo. Lo ha fatto il cardinal Parolin spiegando che, sebbene l’Accordo tra Chiesa cattolica e Cina del 2018 sulla nomina dei vescovi può apparire un piccolo passo, è stato comunque «un passo avanti verso l’affermazione anche di una maggiore libertà religiosa». Nessuna difesa ideologica delle scelte compiute, tant’è che Parolin si è mostrato aperto alla ricerca di altre strade. Ma resta il fatto che nessuno, oggi, è in grado di fare di più o meglio. E mischiare valori religiosi con finalità politiche non porta lontano, come pure confondere i cattolici per cercare di dividerli. Ma, soprattutto, la libertà religiosa è una questione troppo importante per essere sacrificata ad altri obiettivi.








