Il comportamento erratico del Presidente Trump sta già cominciando a produrre un effetto boomerang sull’economia americana e su Wall Street. Un giorno dice che Zelensky è un dittatore che ha iniziato (sic) la guerra con la Russia, il giorno dopo si smentisce.
Un giorno fissa dazi sulle merci provenienti da Messico e Canada (tra l’altro con quali poteri? Li avrebbe solo in caso di emergenza che, quantomeno per il Canada, non si vede proprio) e il giorno dopo li sospende per un mese.
I mercati tutto sommato non credono alle sue sparate; un indice solitamente predittivo del futuro andamento dell’economia è il Baltic Dry Index che nelle ultime settimane, dopo una iniziale flessione in concomitanza con l’inizio del secondo mandato di Trump, ha ripreso vigore.
Anche le borse europee sembrano indifferenti alle minacce di dazi del Presidente americano. Mentre gli indicatori interni USA – tasso di occupazione, inflazione, andamento delle borse – hanno tutti dall’inizio dell’anno un andamento negativo.
Ma l’effetto boomerang più pericoloso per gli USA è un altro; la sua economia ha una bilancia dei pagamenti commerciale, come noto per le esternazioni di Trump, ampiamente passiva e una dei servizi attiva ma non in misura sufficiente per compensare la prima.
Gli USA spendono, sia nel pubblico sia nel privato, più delle risorse che generano; si finanziano agevolmente e a tassi contenuti grazie al fatto che il dollaro è la valuta di scambio principale a livello mondiale e, nei momenti di incertezza, è considerato anche bene rifugio.
La politica di Trump volta a smantellare il sistema politico internazionale multilaterale e le sue istituzioni, sostituendolo con uno di tipo bilaterale e americano-centrico, rischia di far perdere al dollaro la funzione di “moneta globale” e conseguentemente di far perdere agli USA i benefici finanziari di cui oggi godono.
Di conseguenza, l’aggressiva politica protezionistica di Trump non solo rischia di avere una scarsa efficacia nel riequilibrio della bilancia dei pagamenti americana, come molti economisti sostengono, ma rischia anche di rendere più oneroso il finanziamento degli squilibri finanziari USA.
Tassi di interesse americani più alti rafforzerebbero il dollaro, penalizzando ulteriormente le esportazioni e rendendo più difficile il riequilibrio della bilancia dei pagamenti; gli USA potrebbero entrare in una spirale viziosa dalla quale sarebbe difficile uscire.
Nel frattempo, a patto che la UE riesca a rafforzare la sua integrazione politica per affrontare le minacce militari da Est dopo aver perso l’ombrello protettivo della Nato, il ruolo del dollaro potrebbe essere progressivamente preso dall’Euro.