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Il 2023 dell’economia globale sarà un percorso a ostacoli | Lo scenario

Anche nel 2023 l’economia potrebbe rimanere condizionata da inflazione, costi dell’energia e tensioni geopolitiche, con lo spettro di una recessione che molti analisti vedono in agguato. Le variabili possono essere molte, ma alcuni elementi sono oggettivi e delineano un quadro poco confortevole. Tanto che nei giorni scorsi il Fondo monetario internazionale ha evidenziato che il 2023 sarà «un anno duro, più duro di quello che ci siamo lasciati alle spalle».

La crescita è stimata in ribasso a livello mondiale. E per l’Italia le previsioni oscillano tra -0,2% del Fmi, +0,2% dell’Ocse e +0,3% dell’Ue. Molto dipenderà dall’inflazione che, secondo Bruxelles, in Europa resterà poco sotto i livelli del 2022 (7% rispetto all’8,5%) ma sarà ancora condizionata dai prezzi dell’energia e dal contesto bellico. Come ha spiegato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, «il potenziale di ulteriore perturbazione economica dovuto alla guerra in Ucraina è tutt’altro che esaurito».

E, in termini di inflazione, rischia di consolidare non solo la perdita di potere d’acquisto delle persone ma anche un fenomeno già in atto tra le imprese: per non aumentare i prezzi sul mercato, prodotti e servizi vengono ridotti o eliminati. Si tratta della cosiddetta “skimpflation” per cui, ad esempio, alcune compagnie riducono il personale dei call center aumentando i tempi per la soluzione dei problemi, o le confezioni dei prodotti vengono ridotte ma i consumatori le pagano allo stesso prezzo di prima.

Effetto dell’inflazione è anche l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce, che secondo gli analisti potrebbe avere ricadute sensibili sui prestiti bancari: per l’Italia è prevista una contrazione dell’1,8%, e del 2,8% per i prestiti alle imprese. Altro fenomeno legato alle turbolenze geopolitiche è la ridefinizione delle relazioni commerciali su scala internazionale, che segnalano una tendenza alla de-globalizzazione. Già nel 2022 l’Italia ha intensificato gli scambi con i Paesi Ue e con l’area del Nord America, privilegiando cioè i partner più affini per cultura e politica (“friend shoring”).

Tutti i Paesi occidentali, però, quest’anno dovranno fare i conti con l’obiettivo di sostenere un volano fondamentale per l’economia: lo sviluppo tecnologico e la disponibilità dei chip. La carenza si è già manifestata nel 2022, per questo l’Ue ha preparato un pacchetto da 43 miliardi di euro per potenziare l’industria dei semiconduttori, e gli Stati Uniti hanno fatto altrettanto con uno stanziamento da 52 miliardi di dollari. La speranza è che i risultati siano all’altezza degli investimenti. E che gli effetti si riflettano anche sul mercato azionario, decisamente in affanno nel 2022.

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