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I valori comuni e le simpatie di parte | L’analisi di Augusto Minzolini

Augusto Minzolini sul Giornale parla di ‘valori comuni e simpatie di parte’: “A volte il fantasmagorico mondo di Donald Trump ti apre universi inesplorati.

L’ultima decisione, quella di interrompere dal 2026 la partecipazione Usa alle esercitazioni Nato in Europa e la scelta di trasferire 35mila soldati americani dalla Germania, rea di essere poco accomodante con la nuova amministrazione di Washington, in Ungheria, dove Viktor Orbán un giorno si genuflette allo Zar e un altro a The Donald, colpisce.

Sorge il dubbio che le decisioni della Casa Bianca nei rapporti con gli altri Stati siano dettate – più che da valutazioni diplomatiche – dalla vicinanza culturale e dall’affinità politica. Che un Paese a Trump possa essere più simpatico di un altro, che preferisca rapportarsi con chi parla la sua stessa lingua ci sta. Ci mancherebbe. Ma condizionare addirittura le alleanze militari agli umori politici è a dir poco stravagante.

Se fosse vero – sottolinea Minzolini – verrebbe meno l’intero teorema trumpiano che punta a dividere la Russia dalla Cina: perché è difficile che Mosca possa andare politicamente più d’accordo con Washington che con Pechino, ameno che all’ombra della Statua della Libertà non venga instaurato nel giro di qualche anno un regime.

A parte l’ironia, con una simile logica avremmo avuto due Nato, una d’ispirazione progressista e un’altra conservatrice. Inoltre Blair non avrebbe dovuto seguire George W. Bush né nella guerra contro Saddam, né in quella contro Bin Laden, visto che erano state promosse da un presidente repubblicano, mentre lui è un laburista, che a Londra fa rima con socialista.

Comprendo che viviamo in un mondo alla rovescia, che le logiche di oggi fanno a cazzotti con quelle di ieri, ma l’Occidente da sempre non è condizionato solo dai colori politici, né solo dai dollari. Ci sono storie, affinità culturali e valori comuni.

Se poi la nuova amministrazione di Washington sia del parere che tutto il passato sia sbagliato e sia da buttare, che gli ultimi 80 anni siano stati una collezione di errori e di ingiustizie, allora il trumpismo rischia di scimmiottare la cultura woke e la cancel culture, quella che – conclude – avrebbe dovuto combattere e che nel suo estremismo puntava a gettare nel secchio duecento anni di storia americana.

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