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[L’analisi] I miliardi di euro che Putin incassa per il gas dovrebbero essere congelati. Ma forse il meccanismo europeo non funziona

 “La posizione europea sulla guerra in Ucraina sembra essere incappata in una ineluttabile contraddizione. Mentre, da un lato, l’Unione invia armi per sostenere la resistenza ucraina, continua, dall’altro, ad acquistare petrolio e gas dalla Russia, a prezzi inflazionati. Sembra dunque che l’Europa finanzi il conflitto sia dalla parte ucraina che da quella russa. In realtà non è così. Il modo in cui sono state definite e messe in atto le sanzioni nei confronti della Russia consente in larga parte di evitare tale corto circuito.

Lo sostiene l’economista Lorenzo Bini Smaghi.

Fondi congelati

“Il motivo è che i dollari e gli euro pagati per acquistare le materie prime energetiche dalla Russia non possono essere facilmente riutilizzati dalle autorità o dai privati russi. I fondi sono di fatto congelati, almeno fin quando le sanzioni rimangono in vigore.

In effetti, qualsiasi pagamento in dollari o in euro, effettuato per acquistare gas o petrolio dalla Russia, comporta la movimentazione di un conto bancario che viene in ultima istanza regolato dalla banca centrale che emette la moneta, ossia la Riserva federale statunitense nel caso del dollaro e la Banca Centrale Europea nel caso dell’euro. Un ente sanzionato non può dunque ricevere o emettere pagamenti in dollari o in euro senza che la banca centrale di riferimento, o la sua corrispondente, ne sia informata, nel qual caso scatta il blocco immediato” sostiene Bini Smaghi in una sua analisi pubblicata sul Corriere.

Regole rigide

“Una banca che non rispettasse tale norma verrebbe immediatamente sottoposta all’azione penale del Dipartimento di Giustizia americano, in virtù della legge statunitense che si applica anche fuori dei confini americani, ogniqualvolta il dollaro viene usato in una transazione. Vale la pena ricordare che negli anni passati le banche estere hanno dovuto pagare multe ingenti (circa 5 miliardi di dollari) al Tesoro americano per aver violato, spesso involontariamente attraverso pagamenti in dollari, le legge statunitensi riguardanti l’embargo nei confronti di paesi come Cuba e l’Iran, anche se questi paesi non erano sanzionati dall’Europa. Questa esperienza induce ad un atteggiamento di estremo rigore nel processare transazioni e usare controparti che possano in qualsiasi modo infrangere i divieti messi in essere dalle attuali sanzioni”.

Isolamento bancario

“I pagamenti delle importazioni dalla Russia possono dunque essere effettuati solo nei confronti di banche non sanzionate, come Gazprombank. La domanda da porsi è cosa può fare Gazprombank con i dollari ed euro che incassa. Non li può riversare alla Banca Centrale Russa, come faceva in precedenza, perché quest’ultima è sanzionata e le sue riserve in dollari sono già state congelate. Non può usarli nemmeno per effettuare pagamenti per conto di altre controparti russe sanzionate, perché ciò verrebbe immediatamente tracciato nel paese di emissione, come ricordato sopra.

I fondi possono essere usati solo per effettuare pagamenti con controparti russe o straniere non sanzionate e non soggette a embargo. Queste transazioni non possono tuttavia violare l’embargo commerciale nei confronti dalla Russia, come ad esempio l’importazione di armi. Anche le operazioni di triangolazioni con banche non russe appaiono complicate da mettere in atto, perché espongono tali banche alla legislazione americana ed europea e possono essere bloccate dalla banca corrispondente negli Stati Uniti o in Europa”.

Soldi del gas congelati

“In sintesi, il sistema messo in atto dai paesi occidentali determina il congelamento di fatto dei proventi delle esportazioni di gas e petrolio russo. I fondi saranno disponibili solo quando le sanzioni verranno tolte. Tale meccanismo contribuisce non solo ad indebolire il sistema produttivo russo, in particolare quello militare, ma determina anche un forte incentivo al raggiungimento della pace. L’accumulo di ingenti risorse finanziarie a fronte della vendita di gas e petrolio, che non possono tuttavia essere toccate fin quando dura la guerra, contrasta con il forte deterioramento in atto dell’economia russa.

I pochi dati statistici disponibili relativi alla bilancia dei pagamenti segnano un marcato aumento del surplus delle partite correnti nel primo trimestre di quest’anno, derivante principalmente dalla riduzione delle importazioni, del 17% rispetto alla fine del 2021, che riflette il crollo della domanda interna. Il dato preliminare sulle importazioni russe di aprile (-44%) mostra che la situazione si sta aggravando”.

Lo shock economico in Russia

“Le previsioni delle istituzioni internazionali indicano una recessione del prodotto lordo di circa il 10% e un aumento dei prezzi del 35% nel prossimo biennio, con effetti fortemente depressivi sul potere d’acquisto dei cittadini russi. La capacità di assorbimento di un tale shock da parte della popolazione viene ritenuta maggiore rispetto ai paesi più avanzati. Potrebbe tuttavia attenuarsi nel tempo, se messa di fronte alle ingenti risorse finanziarie accumulate, che potrebbero alleviarne le sofferenze, ma solo quando diventeranno accessibili, ossia quando verrà raggiunta la pace. Gli incentivi sopra descritti provocati dalle sanzioni, insieme alla loro efficacia, possono consentire ai paesi occidentali di calibrare le loro misure ritorsive, in particolare al fine di ridurne gli effetti autolesionistici”, conclude Bini Smaghi.

Le domande che confutano la tesi

Non converge su questa tesi l’economista Giampaolo Galli.

“La questione posta da Bini Smaghi è complessa e altamente tecnica; e dunque non rimane che porsi alcune domande.

  1. La Bce o l’Ue sono attrezzati come lo sono gli Usa per multare le banche che usassero l’euro per transazioni con entità soggette alle sanzioni occidentali?
  2. Esiste un’intelligence europea in grado di individuare con sufficiente tempestività le transazioni sospette?
  3. Cosa impedisce a Gazprombank (che non è sanzionata) di usare la valuta che incassa per fare acquisti da paesi terzi, che non aderiscono alle sanzioni occidentali; cosa c’è di illecito in transazioni di questo tipo? 
  4. Non è forse vero che esiste un fiorente mercato nero di armi e anche di componenti di armamenti pesanti?
  5. Non ci sono centri off-shore compiacenti che possono aiutare la Russia a effettuare le transazioni vietate?
  6. Perché mai la Cina o l’India non dovrebbero accettare dollari o euro in cambio di armi o input utili per la costruzione di armi?
  7. Cosa impedisce che la Russia possa usare i suoi poteri per indurre i dirigenti di una qualche banca di un paese neutrale a rischiare le sanzioni nei confronti della loro stessa banca?
  8. E infine, se davvero la Russia non trae alcun beneficio (immediato) dall’export di idrocarburi perché continua a esportare, rispettando nella sostanza i contratti; perché non riduce le forniture per ricattarci e chiedere in cambio, ad esempio, il blocco degli aiuti militari all’Ucraina?”.  

“Queste domande – sostiene Galli dalle colonne del magazine digitale InPiù.net – suggeriscono che ci possano essere espedienti per aggirare le sanzioni occidentali, anche se questi sono tutti piuttosto complessi e rischiosi. Ma non è forse vero che quando c’è di mezzo la guerra non si va per il sottile e gli espedienti sono tutti leciti?”.

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