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Giuseppe Gola (AD Acea): «Con i green bond la sostenibilità diventa un elemento di supporto economico»

La sostenibilità è diventata un elemento di grande supporto economico, spostandosi finalmente da un piano legato maggiormente alla comunicazione a un concreto fattore di economia reale“. Non ha dubbi Giuseppe Gola, a.d. di Acea, la multiutility capitolina che giovedì 21 ha fatto il suo esordio nel mercato dei green bond con un’obbligazione da 900 milioni di euro complessivi. “Attualmente, se un’azienda decide di emettere un bond tradizionale è consapevole di dover affrontare un costo del denaro maggiore perché i mercati hanno iniziato a riconoscere un premio a chi investe in sostenibilità“. Prova ne sia il raffronto del fair value delle nuove emissioni Acea lanciate nel 2021 con quello di bond del gruppo già in circolazione e analoghi in termini di duration, da cui emerge una riduzione dei margini tra 13 e 15 basis point. Un bell’affare.

Dottor Gola, quali aree d’intervento finanzierà questa emissione sostenibile dual tranche? “Abbiamo individuato un insieme di progetti eligibili molto  ampio che abbiamo racchiuso in quattro aree (idrico, economia circolare,  distribuzione elettrica e area energia), che rappresentano anche le priorità di intervento del nostro business plan al 2024”. 

Può fare qualche esempio? “Una parte significativa delle risorse raccolte finanzierà interventi  sull’idrico, con investimenti focalizzati sulla riduzione delle perdite, sul miglioramento dei processi di depurazione o sulla sostituzione dei  contatori con gli smart meters. Quanto all’economia circolare ci  concentreremo sul trattamento dei rifiuti, quindi nel mondo del riciclo, dal trattamento delle plastiche a quello della carta o dell’organico. C’è poi l’area della distribuzione elettrica, con investimenti sulla rete di distribuzione di riferimento (quella di Roma, ndr) in ottica di resilienza della rete, così da ridurre per esempio il rischio default e quindi di disservizio ai clienti. Infine, l’area energia, che si strutturerà lungo due direttrici fondamentali, le energie rinnovabili, con l’importante piano di sviluppo nel fotovoltaico, e la mobilità elettrica, con il progetto di installare 2.200 colonnine entro il 2024”.

In quale modo il settore potrà utilizzare i fondi del Recovery Fund? “Come prima cosa è necessario specificare un elemento fondamentale: tutto quello che viene finanziato tramite Recovery Fund non è parte del business plan di Acea. Un’infrastruttura di Acea non può essere realizzata tramite Recovery Fund. O meglio, ci si può pensare ma non può avere proventi che derivino da quell’infrastruttura essendo stata finanziata da fonte pubblica”.

Quindi come vi muoverete? “L’area di maggiore interesse per quanto riguarda il Recovery Fund è certamente l’idrico, perché la quota parte allocata allo sviluppo e al miglioramento delle infrastrutture è significativa. Così abbiamo definito possibili opere candidate a essere finanziate dal Recovery sia nelle aree di nostro interesse sia in altre aree nel sud Italia. Nel caso in cui queste possano rientrare nel piano, anche se sono opere presenti in aree gestite da Acea, il finanziamento non potrà rientrare nella  remunerazione tariffaria che riceve l’operatore gestito da Acea”.

Può fare un esempio? “Il gestore di Frosinone, Ato 5, ha una rete vetusta. Nell’area, come gruppo, investiamo all’incirca 30 milioni di euro l’anno ma per modernizzare la rete servirebbe una cifra forse tre volte maggiore. Tra le proposte avanzate vi è un progetto di modernizzazione della rete di  Frosinone che sarebbe pero’ parallelo al lavoro svolto da noi. Per cui anche se Acea potrebbe realizzare gli investimenti, il loro valore non verrebbe caricato sulle tariffe degli abitanti di Frosinone e quindi sul conto economico della società di Acea. Dovrebbe essere una gestione  patrimoniale ed economica completamente separata. Un altro esempio  potrebbe essere per il progetto del raddoppio dell’Acquedotto del Peschiera, che verrà realizzata tramite finanziamento misto: un terzo di  finanziamenti pubblici (di cui una parte potrebbe proprio arrivare dal  Recovery Fund) e due terzi da Acea, ma sempre gestiti patrimonialmente in  maniera separata”.

Guardando all’economia circolare, puntate a più che raddoppiare la  capacità di trattamento dei rifiuti. Quale sarà la vostra strategia? “L’obiettivo è crescere e partecipare al processo di consolidamento in atto in un settore molto frammentato come quello del trattamento rifiuti. Basti pensare che Acea, quarto operatore del settore, insieme con i primi tre player detiene il 15% del mercato. Ma la spinta al consolidamento arriva anche dalle difficoltà e dalle tempistiche degli iter autorizzativi per realizzare nuovi impianti. Per cui la crescita in questo mercato si può portare avanti principalmente tramite acquisizioni di impianti esistenti. La strategia è avere una catena del valore integrata su tutto il ciclo del trattamento dei rifiuti, con un footprint che copra tutto il centro Italia”.

Dove vi focalizzerete? “Attualmente siamo presenti in Lazio, Toscana, Umbria e Marche e siamo in fase avanzata su alcune nuove operazioni, sempre in centro Italia. E’ indispensabile avere una gestione integrata in un’area ristretta, perché solo così si limita il trasporto del rifiuto”.

La strategia di m&a contribuirà anche alla crescita nelle rinnovabili. “Su 747 Mw di potenza installata, solo 178 Mw deriveranno dall’m&a. Negli ultimi 18 mesi abbiamo acquisito impianti piccoli, parlando direttamente con gli imprenditori e non partecipando a public tender che mostrano ritorni sull’investimento (Irr) più bassi (circa il 4%) rispetto i nostri: abbiamo acquistato poco più di 50 Mw con un Irr di almeno il 7%”.

Come vi state muovendo invece sui progetti greenfield, che da piano dovrebbero portare all’installazione di 569 Mw? “Sul fotovoltaico abbiamo un footprint meno rigido in termini geografici. Stiamo realizzando un grande impianto in Basilicata da 20 Mw  e, sempre nella regione, siamo in trattative per ottenere una nuova autorizzazione per realizzarne uno di dimensioni maggiori. Abbiamo una pipeline di 300-400 Mw”.

Siete sempre alla ricerca di un partner per sostenere la crescita  rinnovabile? “Industrialmente ci muoviamo soli, ma per non impattare sulla struttura finanziaria entro il 2022 vorremmo avere un partner puramente finanziario a cui cedere una quota di maggioranza dei nostri impianti e arrivare a deconsolidare tutto il debito generato dal fotovoltaico”. 

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