Nella giornata del 24 novembre, la presidente della Commissione commercio elettronico delle Nazioni Unite, Giusella Finocchiaro, ha dialogato con Luca Telese, giornalista di La7, durante il panel “Tra riconversione e innovazione del sistema imprenditoriale italiano”, nel corso degli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.
Alla domanda di Telese circa cosa bisognerebbe veramente difendere rispetto al tanto bello, imitato e contraffatto Made in Italy, Giusella Finocchiaro risponde: “Grazie per l’invito e anche per questa domanda che apre uno scenario complesso, ossia quello della post globalizzazione in cui in realtà, lo vediamo ogni giorno, si sta cercando di ritrovare un nuovo ordine, una nuova struttura. Il mio punto di vista, naturalmente, è quello di chi ha sviluppato in questi anni delle competenze in particolare in materia digitale e anche qui lo scenario geopolitico oggi è particolarmente controverso ed effervescente”.
“Perché? – continua Giusella Finocchiaro – Perché il tema del giorno è l’intelligenza artificiale, naturalmente. E su questo tema dell’intelligenza artificiale, oggi siamo passati a un livello politico vero e proprio. Fino a qualche giorno fa se ne discuteva dal punto di vista tecnologico, dal punto di vista giuridico se volete, adesso lo scenario è uno scenario politico. Vi siete accorti che nell’ultimo mese, tutti si sono affannati a reclamare regole sull’intelligenza artificiale. Dal G7 al presidente Biden che ha emanato il suo executive order, al summit di Bletchley Park, al trilaterale Italia-Francia-Germania. Tutti vogliono le regole sull’intelligenza artificiale. Perché? Perché è diventata una materia strategica dal punto di vista politico. Cioè si vuole affermare una supremazia politica, in quel settore”.
E poi aggiunge: “Come? Anche attraverso le regole. Non è strano che gli Stati Uniti vogliano delle regole su questi temi? Proprio gli Stati Uniti che, voglio dire, per anni hanno governato internet fondamentalmente senza le regole, ma attraverso le loro imprese. E perché vogliono le regole? Perché vogliono evitare che l’Europa, anche in questo caso, come è stato per il passato per la controversa normativa sulla privacy, possa affermare il suo modello. Appunto controversa, perché in realtà anche lì abbiamo avuto un rischio di formalizzazione, di burocratizzazione che rischiamo di avere di nuovo, dal punto di vista europeo, sull’intelligenza artificiale. Perché, come spesso si dice, noi non investiamo in tecnologia, ma produciamo regole. Perché naturalmente le regole, dal punto di vista europeo, sono, come dire, a basso costo. Anche questo però non è vero, perché il costo poi è sulle imprese”.
“E allora che cosa bisogna fare? – prosegue Giusella Finocchiaro – Secondo me l’Italia in questo momento può giocare un ruolo importante proprio essendo uno degli attori che governerà, anche attraverso il G7, il dibattito sull’intelligenza artificiale e sulle regole dell’intelligenza artificiale. Io ho dei dati che ho raccolto per questo nostro incontro, dei dati del DESI, no? Digital Economic and Society Index. E vi stupirà sapere che le nostre imprese, dal punto di vista della digitalizzazione, non sono messe male. Sono più o meno nella media europea, dove in digitalizzazione perdiamo, è sulle competenze individuali della popolazione, in particolare delle donne. Però le nostre imprese investono poco in intelligenza artificiale e in big data, meno delle colleghe europee. E allora che cosa possiamo fare per essere della partita? Cercare di investire di più, dal punto di vista tecnologico, su questo, dal punto di vista delle competenze, dal punto di vista formativo”.
“Perché non lo facciamo? – conclude Giusella Finocchiaro – Secondo me non lo facciamo per due motivi. Almeno ne vedo due. Uno, quello di competenze. Noi abbiamo un pregiudizio culturale nei confronti delle competenze tecnologiche e scientifiche. In grado di fare questo, non ci sono competenze. È un disastro se si pensa al femminile, le competenze femminili in questi settori. E quindi noi come Paese scontiamo la carenza di ingegneri, di informatici, di ricercatori in questo. E inoltre, e questo invece è un problema più di governance, noi abbiamo nel nostro Paese una frammentazione enorme di competenze sul digitale. Se si deve decidere qualcosa sul digitale, le autorità, le agenzie, i ministeri, gli enti che sono in grado di fare questo e che se ne occupano sono tantissimi. Non possiamo rischiare di sbagliare di nuovo sull’intelligenza artificiale. Attenzione. Altri Paesi in tutto il mondo hanno già istituito autority, ministeri, agenzie sull’intelligenza artificiale e noi rischiamo anche qua di frammentare tutto e alla fine di non avere qualcuno che guida, di non avere qualcuno al timone. Questo sarebbe un grande errore”.