“Non penso sia corretto identificare in maniera semplicistica il mondo del calcio con la sua dimensione economica“. Inizia con questa precisazione l’intervento del presidente della FIGC, Gabriele Gravina, all’interno del panel “I valori dello sport e i giovani” agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.
I numeri del mondo del calcio
Durante l’intervista condotta dalla giornalista RAI Claudia Conte, il presidente ha voluto precisare alcuni numeri importanti che danno consapevolezza del mondo che ogni giorno è chiamato a gestire: “La nostra è una dimensione molto importante sotto il profilo della dimensione sportiva, economica e lo è anche sotto il profilo sociale. Dal punto di vista sportivo siamo una grande comunità con 1 milione e 400 mila tesserati, dei quali ottocentomila sono giovani dai 5 ai 14 anni, il che significa che il 20% della popolazione italiana di quella fascia di età è tesserata solo per la FIGC. Ed è un mondo che organizza 570 mila gare all’anno, vuol dire una partita ogni 55 secondi“.
Bisogna comunque tenere presente anche la dimensione economica del mondo calcio: “rappresentiamo 0,58% del PIL. – ha precisato Gravina – Negli ultimi 12 anni abbiamo versato 1 miliardo e 300 milioni all’anno al Fisco, ricevendo 800 milioni di euro di contribuzione, che significa che per ogni euro che lo Stato versa al mondo dello sport ne riceve 18,9. Abbiamo lavorato con la Uefa su un algoritmo, lo SROI che individua il grande impatto che il mondo dello sport attraverso la sua trasversalità in tutte le sue categorie sociali intercetta 12 settori merceologici diversi“.
L’etica e lo sport
E’ su questo tema che si innesta il discorso dei valori e dell’etica dello sport: “Tutto questo richiede un concetto, una pre-condizione che per noi è fondamentale, è cruciale, ed è l’etica, che deve essere una pre-condizione del risultato agonistico. Nella dimensione economica c’è stata per tanto tempo una resistenza nel pensare che l’aspetto del business fosse slegato dall’etica, e questo è stato un errore incredibile.
Insieme all’Arabia e insieme all’Egitto avevamo la possibilità di organizzare i Mondiali dei cento anni, quelli del 2030, ma la dimensione economica non può prendere il sopravvento su tutto. C’erano alcune situazioni internazionali, non solo il caso Regeni, ma anche delle visioni di tradizione culturale diverse alle quali non potevo dare la disponibilità a condividere quel percorso. Abbiamo voluto tenere nettamente distinti il mondo degli interessi da quello dei valori, ho voluto tutelare i valori e dare un esempio anche a tutti i nostri ragazzi“.
Il caso scommesse
E nel mondo dei valori non si può non fare riferimento ai recenti casi di scommesse nel mondo del calcio: “Sulla vicenda scommesse, il mondo del calcio viene spesso indicato come il settore che deve risolvere tutti i problemi del nostro Paese, e quando si identifica la violazione di alcune norme di legge, immediatamente si urla contro il mondo dello sport, ed è un errore“, ha precisato Gravina.
“Io credo che una soluzione non possa prescindere da una forma di dialogo, di condivisione di percorsi e di progetti tra l’organizzazione statale e le organizzazioni sportive. Il mondo delle scommesse non c’entra nulla con il calcioscommesse, è tutt’altra fattispecie ed è bene tenerle distintea. Parliamo di due casi accertati di scommesse, da noi verificati, e considerando che ci sono oltre 1,5 milioni di ludopatici in Italia, la percentuale è fisiologica“.
Come si conciliano queste cose? “Noi nel mondo dello sport pensiamo che la soluzione della crisi del mondo del calcio passa attraverso un concetto di crescita economica, ma va legato a valori oggettivi. Dobbiamo parlare di sviluppo sostenibile, nel senso di togliere i ragazzi dalle catene nell’ottica della libertà. Si è liberi quando non saccheggi le regole della convivenza che sono fondamentali per poterti realizzare, si è liberi quanto coltivi tutte le tue passioni sapendo che non devi entrare nella gabbia del vizio, diventando prigioniero. Si è liberi quando si è consapevoli delle proprie virtù e dei propri limiti e questo è un percorso molto difficile per i ragazzi.
Abbiamo voluto punire severamente questi ragazzi, sono stati esclusi dalla nazionale, ma la loro punizione più severa che per molti è apparsa come una pacca sulla spalla è stato l’obbligo di girare per due volte al mese a fare una testimonianza diretta nelle comunità mettendo la loro faccia e dicendo quello che non va fatto. E’ una testimonianza che avrà molti effetti positivi“.
Il calcio femminile e il suo riconoscimento professionistico
“Lo sviluppo non devecoincidere necessariamente nella crescita dei tesserati o dei risultati sportivi. L’equazione del risultato sporitivo non può essere l’obiettivo su cui dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi, perché è il percorso del progetto che porta i risultati e deve coinvolgere un po’ tutti e questo è l’aspetto più affascinante. Solo così si valorizza realmente lo sport, dove non c’è quel risultato sportivo finale che punta al primo posto. Noi siamo l’unica federazione nel mondo che ha la divisione paralimpica sperimentale, 4 mila ragazzi con disabilità, abbiamo la nazionale degli ipovedenti, abbiamo la nazionale degli amputati, ragazzi che hanno problemi con le attività cognitive. Tutto questo per me è una delle vittorie più belle che può centrare lo sport.
Lo stesso vale per la tutela e la testimonianza per la parità di genere. Non a caso siamo l’unica federazione in Italia che ha reso il calcio femminile professionistico, anche se ci sono degli oneri in più, però è un atto di dignità e di rispetto verso un mondo che sta esplodendo. Abbiamo quadruplicato il numero delle ragazze e quando questo si diffonde vuol dire che il seme seminato tempo fa sta dando i suoi frutti”.
Il rapporto tra sport e politica
“I politici sono dei tifosi come tanti italiani e dimenticano il loro ruolo. Lo sport, e non lo dico io, ha una sua autonomia e deve rimanere nel tempo. Mi batterò con tutte le mie energie perché questo rimanga. Lo sport non può essere un terreno di conquista. Il mondo dello sport deve avere degli interlocutori che si interessano di sport, devono occuparsi di sport ma non devono occupare lo sport. Anche perché spesso la dirigenza sportiva ha dimostrato di avere molte più competenze di altri soggetti che hanno competenze specifiche nel loro settore.
Un atto importante è stato il riconoscimento del diritto allo sport nella Costituzione. Penso sia stato un atto doveroso. Oggi il mondo dello sport è uno spaccato fondamentale del nostro Paese, è giusta la sua collocazione all’interno di una carta fondamentale come quella della Costituzione. E’ giusto che lo sport sia rientrato in questa forma di riconoscimento, e dobbiamo tutti poi dimostrare di essere in grado di tutelare quei principi e di farli diventare una realtà concreta“.
Lo strappo di Mancini e l’arrivo di Spalletti
“Non ho mai parlato di tradimento di Mancini, ho voluto tenere nettamente distinto il rapporto tecnico dal rapporto umano. Con Roberto Mancini abbiamo costruito insieme in questi cinque anni un rapporto di stima, di affetto, di amicizia, abbiamo condiviso tantissimi momenti di gioia, di amarezza, di dolore con la morte di Gianluca Vialli. L’ho vissuta come una ferita perché non sono insensibile sul piano dei sentimenti. Ho accettato la sua decisione sotto un profilo tecnico perché non credo che spetti a me fare valutazioni di questo tipo, non ho mai accettato che venisse calpestato il sentimento della nostra amicizia. Io mi impegnerò fino in fondo perché il rapporto con Roberto venga recuperato, non ho alcun rancore personale.
Anche perché devo riconoscere con onestà intellettuale che quel gesto mi ha fatto prendere atto della possibilità di prendere in quel momento il miglior allenatore disponibile che è Luciano Spalletti, persona straordinaria, un uomo incredibile, i ragazzi lo adorano, io non riesco a fermarlo, è una macchina da guerra, è un uomo che tiene ai colori azzurri, alla nazionale, coinvolge tutti su tutto e questo per me è l’inizio di un percorso che ho sempre desiderato, senza togliere i meriti che rimangono soprattutto sotto il profilo tecnico a Roberto Mancini, sia per i 37 risultati utili consecutivi che oggi rappresenta un record del mondo togliendolo alla Spagna e al Brasile, e un titolo di campioni d’Europa che mancava in Italia da tantissimo tempo. Questo va riconosciuto. Ma oggi siamo in una dimensione completamente diversa“.
I giovani e il talento
“L’Italia è un paese che coltiva il talento, la dimostrazione è che in tutte le manifestazioni giovanili l’Italia è l’unica che a livello europeo ha classificato nelle fasi finali tutte le nazionali giovanili. Vuol dire che noi abbiamo dei talenti straordinari, ma c’è un momento in cui il talento, fino all’under 21 funziona e poi non funziona più. Vuol dire che il talento non incontra l’opportunità, vuol dire che il talento non riesce ad avere la possibilità di poter essere coltivato e poi perfezionato e utilizzato al momento opportuno.
Bisogna dire che ci sono delle condizioni diverse generali di scelta e di programmazione. Io dico che è una miope responsabilità gestionale delle singole società. Noi facciamo di tutto per far capire che all’interno della patrimonizzazione delle aziende calcistiche o sportive, due sono gli asset che patrimonializzazione davvero e sono le infrastrutture e i vivai. Questo vuol dire che le società oggi non puntano su queste due dimensioni, e sappiamo in che condizioni sono oggi le nostre infrastrutture”.
La riforma del calcio e delle infrastrutture
“Quella dei giovani e delle infrastrutture sono le criticità sulle quali stiamo cercando di lavorare. L’11 marzo ho convocato un’assemblea nazionale e vorrei eliminare il diritto di veto e procedere con la riforma, che prevederà investimenti nelle infrastrutture, prevederà l’investimento sui giovani e l’adozione di indicatori fondamentali per mettere sotto controllo i costi. Non si può pensare alla crescita fine a se stessa e non mettere sotto controllo i costi. Se tu cresci come ricavi, come valore della produzione e non metti sotto controllo i costi, fallisci a prescindere. Se tu hai un rapporto tra valore della produzione e costo del lavoro che è passato dal 62% al 94% questa è la stanza della pre-fallibilità.
Gli stadi di Firenze e Venezia previsti nel PNRR a mio avviso servivano al Paese, sono luoghi di aggregazione, sono strutture fondamentali per chi vuole vivere l’evento con la massima condizione di fruibilità possibile. L’Italia è carente nelle infrastrutture. La Turchia negli ultimi 10 anni ha realizzato 40 stadi e sono straordinari, senza avere maggiori disponibilità ripetto a noi. Iniziamo a sburocratizzare le procedure, sensibilizziamo tutti approfittando dell’opportunità di Euro 2032, perché è una sola. Noi non realizziamo stadi, ma offriamo opportunità. Insieme, tra il Governo Italiano, le risorse che noi metteremo a disposizione e la sensibilità spero ormai matura delle società dobbiamo arrivare al 1° ottobre del 2026, la deadline fissata dalla Uefa, per presentare i progetti esecutivi e avere la nuova visione di vivere gli eventi sportivi ad altre condizioni“.