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Francesco Boccia, Capogruppo PD al Senato: “Sulla sanità non abbiamo imparato la triste lezione del Covid”

Francesco Boccia, Capogruppo PD al Senato, è intervenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia il 29 e 30 novembre 2024 a Bologna.

Ecco un estratto del suo intervento nel panel centrato sul tema “Autonomia e sistema sanitario“, moderato da Luca Telese.

“L’emergenza Covid è stata un grande momento di unità nazionale e la cosa che mi fa più male in questo momento è avere la percezione che quella lezione non l’abbiamo imparata.

Se c’era una cosa che era venuta fuori da quei momenti drammatici che poi hanno rafforzato l’unità del paese io ricordo che quando ad un certo punto in maniera drammatica non avevamo più infettivologi anestesisti, rianimatori medici e non avevamo infermieri abituati a lavorare in terapia intensiva – perché è un altro lavoro quello della terapia intensiva e della terapia subintensiva – e abbiamo avuto l’intuizione in Protezione Civile di provare ad arruolare i pensionati italiani, perché come potete immaginare non si possono formare in settimane in mesi, ma ci vogliono tanti anni, medici aggiuntivi.

Devo dire che quando interpellammo i Presidenti di Regione in una mattinata drammatica del Comitato di Emergenza della Protezione Civile i 20 Presidenti di Regione in buona fede insieme ci dissero “beh al massimo recupererete 50, 60, 70 persone”. A noi servivano centinaia di persone per far rifiatare quelli che erano in prima linea, in corsia e soprattutto per aiutare in alcune aree del Paese.

Ricordo il dramma di Bergamo. Bergamo è stata la prima città sulla quale siamo atterrati, insomma ricordo ancora le lacrime di quel giorno di marzo quando atterrammo a Bergamo in un aeroporto praticamente deserto, in una città deserta. La lezione è stata data proprio dalle italiane e dagli italiani. Noi abbiamo caricato sui voli della Guardia di Finanza, dell’Aeronautica Militare centinaia e centinaia di volontari che venivano dalla pensione. Ci sono stati nonni e nonne italiani che hanno lasciato le loro famiglie i loro nipoti, non hanno fatto quella Pasqua con loro per tornare in corsia. Hanno fatto un trolley, io ho imparato dai medici in quei giorni che basta un trolley, bastano due tute e un po’ di ricambio e poi vivi con il camice addosso ed erano tutti operatori sanitari che dal sud andavano a nord perché in quella prima ondata il sud era meno sotto pressione del nord.

E non ci hanno pensato due volte dalla Calabria, dalla Campania, dalla Puglia, dalla Sicilia, devo dire anche tanti da Roma, dal Lazio e quel sentimento di unità nazionale e anche quella consapevolezza legata ai numeri che la Fondazione Gimbi ha tirato fuori più volte.

Io ricordo che quando scoprimmo che 5.100 posti di terapia intensiva nel nostro paese erano inadeguati dicevamo che bisognava raddoppiarli. Quindi bisogna anche costruire in università percorsi che ci portino ad avere persone preparate, perché non si passa da 5.000 posti di terapia intensiva a 10.000 comprando solo dei letti e dei respiratori.

Questo percorso fu avviato. Quando diciamo che bisogna portare al 7% del PIL la spesa sanitaria, lo diciamo per questo. Ovviamente non solo per le terapie intensive o per le sub-intensive ma per rafforzare la prevenzione territoriale sanitaria, per rafforzare la sanità lì dove è più debole, perché l’emergenza è l’emergenza. Oggi si chiama demografia, abbiamo tanti anziani che hanno bisogno di più sanità, non di meno sanità, hanno bisogno di più prevenzione territoriale, non di meno prevenzione territoriale, ne hanno bisogno di più, soprattutto nelle aree interne nelle aree di montagna.

L’Italia anche se non si vede, è fatta dal 53% del proprio territorio dalla montagna, perché non c’è solo l’arco alpino, c’è l’appennino settentrionale, quello centrale e quello meridionale, c’è la montagna siciliana e la montagna sarda, oltre all’aspromonte insomma l’Italia non ha le categorie di cittadini di serie A di serie B, di serie C in base a dove vivono.

Ad un certo punto c’è stata l’inversione, che le risorse siano poche, questo è un dato oggettivo, il bilancio della Repubblica italiana deve fare i conti con un debito pubblico che ha le caratteristiche che tutti sapete, con un costo del debito oneroso sempre alto, perciò ogni tanto ricordo al Ministro Giorgetti che non basta dire che lo spread è sotto controllo perché se ogni mese quando emetti titoli di Stato il costo del debito oneroso è superiore a quello della Grecia, della Spagna del Portogallo o della Francia non te ne fai molto di uno spread sotto controllo se poi il costo del debito è sempre più alto dell’Europa.

Il tentativo di costruire percorsi condivisi sulla sanità non è riuscito.

Bisogna anche parlare dell’importanza delle infrastrutture primarie che ovviamente partono dal tema della salute pubblica e finiscono agli altri beni pubblici, penso alle ferrovie, penso alle strade, penso ai porti, penso agli aeroporti, penso agli invasi e quindi all’acqua. La proprietà deve essere pubblica e sopra devono esserci privati che competono e invece vedo nella strategia del governo una spinta molto forte a spezzatini e privatizzazioni che sono probabilmente in linea con la cultura del governo attuale.

Per mesi abbiamo litigato sull’autonomia differenziata, dico abbiamo come sistema Paese, noi abbiamo raccontato questa guerra civile poi è arrivata una sentenza della Corte Costituzionale che ha addirittura individuato sette diversi rilievi di incostituzionalità e li ha cancellati nella riforma Calderoli. La cosa che mi ha colpito è che dopo si è detto “vabbè, ma in fondo adesso si correggono queste cose ma la riforma non è stata bocciata”. Siamo veramente un Paese in cui tutto è possibile, anche ai punti di vista più strampalati. Per qualcuno è stata una quasi promozione, per qualcun altro fra cui però mi metto anche io una bocciatura senza appello.”.

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