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[L’analisi] Addio auto a benzina e diesel. La disperazione del settore dell’auto per la transizione obbligatoria

“Penalizzante”, foriera di tensioni sociali e nel migliore dei casi “prematura”. Cosi’ e’ stata definita dalle principali associazioni di categoria la decisione del Parlamento europeo di vietare la vendita di AUTO a motore a combustione dal 2035. 

Nello specifico il Parlamento europeo ha approvato a maggioranza la proposta della Commissione sulla riduzione delle emissioni inquinanti secondo la quale dal 2035 usciranno di produzione le AUTO a benzina, diesel, gpl, metano e ibride. 

La proposta dovra’ adesso andare all’esame dei governi, all’interno dei quali si trovera’ probabilmente maggiore consapevolezza delle difficolta’ produttive, infrastrutturali, economiche e sociali legate a questa impostazione radicale. 

A seguire si aprira’ un tavolo di trattativa tra Consiglio europeo (espressione dei governi), Commissione e Parlamento che potrebbe apportare modifiche anche consistenti. Il Consiglio dei ministri europeo si riunira’ il 28 giugno. 

Appello a Draghi

FederAUTO rivolge quindi un appello al presidente Draghi e al governo italiano, affinche’ sostengano una revisione della decisione secondo un approccio “piu’ realistico e concreto, che tenga anche conto della posizione delicata della filiera AUTOmotive e delle gravi conseguenze che essa arrechera’ al mercato interno e a tutta l’economia italiana”. 

Per l’associazione questa decisione paralizzera’ il mercato. “Oggi le attivita’ di vendita e riparazione di AUTOmobili supportano tutte le nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni di CO2, tuttavia, e’ essenziale andare avanti offrendo un certo periodo di transizione adeguato, fondamentale per preparare le nostre attivita’ alle sfide imminenti e garantire cosi’ manutenzione e riparazione altamente qualificate per le AUTO di domani”, spiega FederAUTO

Pensiline ricarica fantasma

L’intera catena del valore del settore AUTOmobilistico, inclusi i concessionari, sta affrontando enormi sfide per gestire con successo il processo di transizione e raggiungere gli obiettivi prefissati, ma e’ necessario prendere atto che l’incremento di vendita di veicoli a emissioni zero e’ raggiungibile solo se e’ disponibile un’ampia infrastruttura di stazioni di ricarica. “Di fatto, molti potenziali clienti rimangono riluttanti e questa realta’ permarra’ finche’ non verra’ implementata un’infrastruttura di ricarica diffusa”, nota ancora l’associazione. 

Acea: scelta prematura

Acea, pur condividendo gli obiettivi della decarbonizzazione, definisce la decisione “prematura. Data pero’ la volatilita’ e l’incertezza che stiamo vivendo giorno per giorno a livello globale, qualsiasi regolamentazione a lungo termine che vada oltre questo decennio e’ prematura in questa fase iniziale. Al contrario, e’ necessaria una revisione trasparente a meta’ strada per definire gli obiettivi post-2030”, spiega l’Acea. “Una tale revisione dovra’ prima di tutto valutare se l’implementazione di infrastrutture di ricarica e la disponibilita’ di materie prime per la produzione di batterie saranno in grado di eguagliare il continuo e ripido aumento dei veicoli elettrici a batteria in quel momento”. 

Danni incalcolabili

L’Unem pone invece l’accento sulle conseguenze sociali della decisione. “L’Europa persevera, anche per la decarbonizzazione dei trasporti, nell’errore di affidarsi a un’unica tecnologia, del tutto indifferente alle conseguenze economiche, sociali e di sicurezza energetica che ne deriveranno, senza alcun vantaggio dal punto di vista ambientale”, spiega l’associazione. “Gli obiettivi di riduzione delle emissioni nei trasporti non si ottengono costringendo intere filiere a chiudere, ma incentivando e accompagnando la loro riconversione per contribuire a una reale decarbonizzazione nel rispetto delle regole di mercato”, prosegue l’Unem, auspicando che “il Consiglio mostri maggiore lucidita’ nel valutare le conseguenze di tale misura, correggendola almeno nella parte relativa al sistema dei crediti”.

Quella intrapresa dall’Europa che prevede AUTO solo elettrificate in commercio dal 2035 “è una scelta drastica ed eccessiva, con implicazioni profonde anche se con impatto diverso a seconda dei paesi”. 

Lo sottolinea anche Giuseppe Bitti, Managing Director di Kia Italia, commentando il voto di ieri del Parlamento europeo sul pacchetto ”Fit for 55”. “Il punto – spiega – non è per Kia: il nostro gruppo ha sposato il processo di elettrificazione con un maxi-piano di investimenti fino al 2026”: su questo approccio “noi ci siamo”, ribadisce “ma se ragioniamo a livello complessivo credo che sia un percorso ‘eccessivo’, molto strumentalizzato dal punto di vista politico, magari anche per via del dieselgate. Credo che qualcosa vada concertato mettendo insieme tutti gli interlocutori della filiera”. Sull’elettrificazione ‘forzata’ aggiunge l’ad di Kia Italia, “se in Europa si riuscisse a trovare una posizione unitaria si potrebbe fare qualcosa ma non so se questo potrà avvenire” visto che “alcuni gruppi hanno intrapreso una strada senza ritorno con investimenti importanti su AUTO e batterie”. Bitti ricorda il possibile pesante impatto occupazionale di questo processo: “Costruire un’AUTO elettrica richiede molta meno manodopera, è una vettura con un sistema più semplice, è più che un altro un assemblaggio di elementi: da una parte c’è un maggiore costo sui materiali, dall’altra minori spese di produzione”. L’ad di Kia Italia pone dunque il problema di “come potrà essere riconvertita da qui al 2035 la filiera delle imprese legate alle AUTO ‘tradizionali’ “. Ricordando che “si parla di centinaia di migliaia di posti a rischio in Europa” Bitti osserva che “forse va ripensato l’intero sistema industriale per minimizzare la perdita di occupazione” . Ma il manager pone anche l’accento sull’effettivo impatto di questa trasformazione: “Già oggi un’AUTO moderna Euro6d è validissima sul fronte dell’efficienza e ha nel suo ciclo di vita un impatto di emissioni equivalente a quello di una vetture elettrica”. Peraltro, aggiunge, “non dobbiamo poi dimenticare che la produzione di energia ‘green’ non è comunque priva di impatti importanti sull’ambiente. E va aggiunto anche che in Italia poi c’è un problema a monte, ovvero la dipendenza energetica da paesi vicini per scelte fatte in passato”. “Spero – conclude – che alla fine ci si metta intorno a un tavolo lasciando da parte gli aspetti più demagogico e strumentalizzato” per arrivare “a una condivisione delle tempistiche con un minimo di buon senso”

Sull’elettrificazione ‘forzata’ al 2035 “dobbiamo chiederci se 13 anni sono pochi o troppi” per arrivare allo stop alle vetture endotermiche: “Per me sono sufficienti, sono 2 cicli industriali e mezzo, ma sarebbe sano avere dei check point intermedi come sempre si fa sui piani a lungo termine”. 

Crisci: accompagnare il processo di trasformazione

Lo sottolinea anche Michele Crisci, presidente dell’Unrae e Amministratore Delegato di Volvo Car Italia. Su questo processo – spiega – “la direzione è stata indicata: ora però ci vuole tutto il resto, i governi devono accompagnare questo processo, bisogna sviluppare le infrastrutture di ricarica e adeguare la fiscalità nazionale a livello europeo”. “I governi dovrebbero ragionare come fanno le aziende: definire i target ma validare i piani strada facendo, adeguandoli alle condizioni esterne: oggi non riusciamo a fare obiettivi trimestrali o annuali, figurarsi a 13 anni”. “Insomma – evidenzia il manager – non sono spaventato dalle scadenze imposte dall’Ue ma più dal fatto che magari i vari governi possano non agevolare questa transizione, mentre invece devono capire che i trasporti sono fondamentali per l’economia mondiale, per l’Italia poi quelli su gomma sono cruciali”. In questo processo di trasformazione del settore AUTOmobilistico peraltro “non c’è dubbio che la filiera italiana si deve adeguare, per non perdere anche i contratti con l’estero, penso ad esempio alla componentistica. Si tratta di capire chi vuole agire come un player globale” conclude Crisci. 

Transizione ecologica senza sostenibilità economica e sociale è un suicidio

Per quanto sia necessaria la transizione ecologica, «senza sostenibilità economica e sociale è un suicidio». A sottolinearlo in una nota il presidente di Confindustria Bari, Sergio Fontana, in merito alla decisione del Parlamento europeo di vietare la vendita di auto con motori a combustione dal 2035.

«Questa decisione non tiene del dovuto conto le conseguenze economico-sociali di un passaggio così drastico e repentino alla mobilità elettrica e perciò diventa una condanna a morte per gran parte dell’industria automobilistica europea, che colpirà in modo particolare l’Italia e la Germania con conseguenze che già si stanno materializzando nei principali poli automotive come quello di Bari», aggiunge Fontana.

«L’industria è favorevole alla mobilità elettrica, ma chiede che la transizione sia gestita con gradualità, con tempi realistici e con specifici aiuti alle imprese che devono riconvertirsi. Per questo occorre che l’Italia intervenga sul Consiglio correggere il tiro evitando di dare un colpo mortale all’industria dell’auto e all’occupazione del nostro Paese», conclude Fontana.

Giorgetti: grande errore

“Il voto europeo sull’auto elettrica? Una grande delusione, una scelta ideologica. Perche’ il destino dell’auto non e’ solo elettrico, a meno che non si voglia fare un regalo alla Cina che su questo fronte e’ davanti a tutti”. Ad affermarlo, in un colloquio con Il Messaggero, è il ministro dello Sviluppo Giancarlo GIORGETTI, dopo lo stop del Parlamento europeo alle auto a benzina e metano entro il 2035 “Il voto e’ una delusione – dice GIORGETTI – e non lo nascondo anche se l’esito era abbastanza scontato. E’ stata una decisione ideologica e ho sperato fino all’ultimo che prevalesse, in certi deputati di area di centrosinistra, la preoccupazione per le ricadute negative sull’occupazione. Cosi’ non e’ stato, purtroppo, l’inversione di tendenza che avevo auspicato non c’e’ stata. E’ mancata la consapevolezza del momento che stiamo vivendo. Di fronte alla sacrosanta e legittima ricerca di un mondo ambientalmente compatibile non sono state prese in considerazione le richieste per percorsi piu’ lenti che ci consentissero di affrontare meglio questo delicato passaggio verso il green che la guerra in Ucraina sta inasprendo ancora di piu'”. “La mia posizione storica – sottolinea GIORGETTI – è per la neutralità tecnologica. Credo che la giusta visione della decarbonizzazione vada calata nella nostra realtà. La transizione ambientale deve tener conto anche delle ricadute sociali ed economiche su tutte le filiere altrimenti il futuro è l’eutanasia della nostra industria. Non si può restare sordi di fronte alle voci di imprenditori e lavoratori e alle loro legittime preoccupazioni. Non facciamole diventare grida di disperazione. L’impostazione europea vuole imporre ritmi e ideologie che impattano negativamente su alcuni paesi come l’Italia, la Germania e la Francia. Dobbiamo pensare a strumenti che possano fare da contraccolpo a questo ennesimo shock che penalizza la nostra industria ed economia”. 

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