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Fabio Pompei (Ceo Deloitte): «Le aziende cercano risorse per intercettare la ripresa. Con il Covid un boom di fusioni»

Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia, è stato intervistato da Carlo Valentini per Italia Oggi (https://www.italiaoggi.it/news/con-il-covid-un-boom-di-fusioni-2521288). Riportiamo di seguito il testo integrale del suo intervento.

«L’ultima relazione annuale della Corte dei Conti europea pone l’Italia all’ultimo posto nella Ue per l’assorbimento dei fondi strutturali con poco più del 30% dei fondi spesi (nel 2019) rispetto a una media europea del 40%. Si tratta di un campanello d’allarme in vista del Next Generation Eu. Non possiamo continuare in un errore del genere. Da questo cambio di passo dipende l’attuazione effettiva del piano e quindi il rilancio del Mezzogiorno, il recupero della produttività delle imprese, gli investimenti sulle infrastrutture, la piena transizione ecologica»

Fabio Pompei, 58 anni, laurea in economia alla Sapienza di Roma, è Ceo di Deloitte Italia, tra le principali società internazionali di revisione e consulenza economica, finanziaria e legale (una delle cosiddette Big Four insieme a PricewaterhouseCoopers, Emst&Young, Kpmg), fondata a Londra nel 1845, con un giro d’affari mondiale di 47,6 miliardi di dollari (2020) e in Italia di 830 milioni di euro (esercizio 2019-2020).

Come ha inciso la pandemia su fusioni e acquisizioni?

“Da giugno a ottobre dello scorso anno le aziende, nel mondo, hanno annunciato di aver concluso deal per un valore complessivo di 1.400 miliardi di dollari, con una crescita dell’84% rispetto ai primi cinque mesi dell’anno. La pandemia ha accelerato i cambiamenti dei modelli di business. Acquisizioni e fusioni possono garantire le risorse destinate ad accelerare la trasformazione digitale, a irrobustire la logistica e a implementare i programmi di sostenibilità nel lungo termine. Perciò l’emergenza è stata un acceleratore di accordi tra aziende”.

È sufficiente il livello di investimenti in innovazione del sistema produttivo italiano?

“Fino ad oggi non lo è stato. L’Italia investe l’1,45% del Pil in ricerca e sviluppo, mentre Germania e Francia impiegano, rispettivamente, il 3,18% e il 2,19% del loro Pil, supportando il trasferimento tecnologico tra ricerca e impresa con enti interministeriali creati ad-hoc, come, ad esempio, l’ Industrie du Future, in Francia. Va modificato il nostro modello di trasferimento tecnologico. Auspichiamo e attendiamo significativi passi in avanti con le risorse del Next Generation Eu.

È una partita cruciale per il nostro Paese: la digitalizzazione crescente, l’automazione dei processi e le frontiere di innovazioni come la robotica, l’Intelligenza artificiale, lo IoT, cioè l’Internet applicato al processo produttivo, dimostrano quanto sia importante la competizione tecnologica nel mondo di oggi. Le imprese italiane spesso rimangono indietro perché sono piccole, ma abbiamo anche eccellenze assolute e centri di ricerca di primo livello: bisogna stimolare una logica di collaborazione – la cosiddetta Open innovation – tra le tante realtà già esistenti, in modo da migliorare il trasferimento tecnologico. Per farlo, ovviamente, bisogna investire molte più risorse nella ricerca, sia di base sia applicata”.

Come si coniugherà la transizione ecologica col sistema produttivo?

“Sarà una transizione pluriennale, complessa da molti punti di vista. Ma è chiaro che la direzione ormai è tracciata e ci sono gli strumenti per tagliare il traguardo. Il livello di innovazione tecnologica è tale che possiamo già ridurre in modo significativo l’impatto ambientale. Si può parlare di Innovability: il nuovo approccio al mondo del business avviene con un mix di innovazione e sostenibilità. Certamente la transizione imporrà dei costi per i sistemi produttivi di tutto il mondo. Ma creerà anche grandi opportunità di crescita e sviluppo”.

C’è chi paventa che il decreto Semplificazioni finirà per danneggiare l’ambiente.

“Innanzi tutto va sottolineato che serve un cambio di passo rispetto al passato e quindi l’accelerazione è imprescindibile e può arrivare soltanto attraverso norme ad hoc che snelliscano l’iter autorizzativo degli interventi di transizione ecologica contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’erogazione dei fondi europei è legata a precisi paletti temporali, il nostro Paese deve adeguarsi con procedure di velocizzazione e semplificazione divenute ormai irrinunciabili. Però c’è da aggiungere che la visione di una sostenibilità connessa alla sola questione ambientale si è profondamente evoluta, oggi stiamo vivendo uno scenario di sviluppo integrato nelle diverse strategie di business come dimostra la decisione dell’Europa di destinare il 37% del Next Generation Eu (complessivamente 750 miliardi di euro) alla lotta ai cambiamenti climatici e di finanziare questo strumento per il 30% tramite l’emissione di Green Bonds”.

Tutto questo comporta la necessità di un salto di qualità della pubblica amministrazione.

“La pubblica amministrazione può diventare alleata del rilancio economico post-pandemico, ma a certe condizioni: la prima è una drastica semplificazione delle normative, poi il miglioramento sul fronte della digitalizzazione, infine il ricambio generazionale dei funzionari pubblici”.

In che modo il sistema bancario ha sofferto della pandemia?

Non c’è ancora un quadro chiaro degli impatti economici, che si potrà avere solo in autunno con il venir meno dei sussidi governativi. Potrebbe quindi emergere un’ondata di crediti in sofferenza relativi alle aziende che entreranno in crisi. In generale, come tanti altri settori, anche il mondo bancario sarà ridisegnato dalla pandemia. In quest’ottica è indicativa la nascita di Milano Hub, il nuovo centro di innovazione realizzato dalla Banca d’Italia per sostenere l’evoluzione digitale del mercato finanziario italiano e attrarre talenti e investimenti”.

È positiva la proposta di una tassazione europea dei giganti del web?

“L’aspetto più importante è che vengano stabilite regole certe e uguali per tutti, in modo da non favorire nessuno degli attori in campo. Un patto globale sulle nuove regole per la tassazione permetterebbe di sanare le gravi mancanze registrate in passato da alcune realtà di grande rilievo e di ristabilire maggiore equità nel pagamento delle imposte. Quindi non dev’essere un tabù ed è giusto che la questione venga affrontata in tempi brevi”.

La sua società, Deloitte, sta realizzando a Milano una propria sede avveniristica…

“È la conseguenza di come prevediamo il futuro. Più sostenibile per l’ambiente, più accogliente e flessibile per chi ci lavora: la nuova sede di Milano in Corso Italia, che sarà operativa da dicembre 2023, è pensata per le nuove esigenze del lavoro post-Covid. Non sarà più solo un luogo dove le persone si siedono a una scrivania, ma un vero e proprio campus polivalente, in cui gli spazi sono pensati per favorire l’incontro tra persone e dunque la creatività, lo scambio di idee, ma anche i momenti di svago e relax. Così offriamo alle nostre persone e ai nostri clienti un ambiente bello (è un palazzo progettato da Giò Ponti), funzionale, tecnologicamente avanzato e a basso impatto ambientale”.

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