Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Ecco il piano da 5 miliardi dell’Enel per raddoppiare batterie e reti | Lo scenario

Qualora si riuscisse a ricalibrare gli investimenti per la sostenibilità tra risorse del RePowerEu e fondi non utilizzabili in altri progetti del piano di resilienza, Enel conferma la capacità di mettere in campo e spendere celermente fino a 5 miliardi ulteriori rispetto ai 3,5 miliardi assegnati con i bandi del Pnrr. L’insediamento al vertice del nuovo amministratore delegato, Flavio Cattaneo, non muterà la strategia che, in realtà, la precedente gestione del gruppo elettrico aveva provato a costruire con il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto.

Un percorso, si legge sul Sole 24 Ore, che consentirebbe al gruppo Enel di mettere a terra investimenti tra 2 e 4 miliardi se la possibilità di spesa dei fondi del RePowerEu fosse fissata tra il 2023 e il 2027; la potenza di fuoco sarebbe superiore se i tempi si allungassero fino al 2030. In quel caso il gruppo elettrico potrebbe realizzare investimenti ulteriori tra 3 e 5 miliardi.

Va ricordato che la società guidata da Cattaneo nel gennaio scorso si era aggiudicata 3,5 miliardi con il Pnrr, da destinare al rafforzamento della capacità delle reti di bassa e media tensione di accogliere la produzione di impianti rinnovabili distribuiti. A sostenere l’elettrificazione dei consumi energetici, dando più capacità a chi ne fa richiesta in termini di aumento di potenza per 1,5 milioni di punti di consegna. E ancora, per aumentare la resilienza della rete su tutto il territorio nazionale per fare fronte agli eventi meteorologici straordinari.

Il coinvolgimento di società come Enel per riuscire a spendere fondi che altrimenti resterebbero bloccati è legato al fatto che gli investimenti sulle reti elettriche sono immediatamente cantierabili. Oltre alle reti, i fondi del RePowerEu consentirebbero di aumentare gli investimenti sui sistemi di accumulo che saranno sempre più necessari per consentire al sistema di accogliere un numero sempre maggiori di fonti di energia rinnovabile.

Ma questa maggiore capacità di aprire i cantieri, investire e spendere di grandi gruppi come Enel è da ricondurre al fatto che queste aziende hanno la capacità di anticipare ingenti fondi destinati a essere rimborsati dallo Stato quando arrivano le rate dei fondi europei. Anticipare finanziamenti significa, per un determinato periodo di tempo, dover classificare in bilancio quei fondi come debiti. Indebitamento che non manca al gruppo elettrico, il quale ha messo in campo oltre 20 miliardi di dismissioni proprio per proteggere la struttura finanziaria del gruppo dagli effetti dell’aumento dei tassi di interesse e di una possibile recessione in arrivo.

La questione, in realtà, investe anche le altre utility che hanno chiesto l’accesso ai fondi del Pnrr per potenziare le loro reti distribuzione e che hanno investito in impianti di energia rinnovabile. In questi giorni il settore è attraversato da una preoccupazione che nessuno vuole ammettere apertamente, perché in qualche modo non si vuole svegliare il can che dorme.

A fine mese scade il provvedimento introdotto dal governo Draghi e che fissa un prezzo massimo per la vendita di energia da fonti green (attorno a 60 euro a megawattora): la prima tassa sugli extraprofitti dell’energia (precedente a quella successiva – una sorta di Ires – introdotta per tutti i venditori di energia e gas, utility escluse) motivata con il fatto che le fonti green, che hanno costi di produzione bassi, hanno beneficiato del prezzo marginale dell’energia determinato da quello del gas. Il prezzo di questo combustibile era andato alle stelle l’estate scorsa ma ora è tornato sotto i 30 euro a megawattora.

In teoria quella tassa dovrebbe finire a fine giugno, in coerenza anche con l’orientamento di Bruxelles e in base a quanto previsto dalla proposta di riforma del mercato elettrico varata a inizio anno. Ma qualcuno nell’esecutivo potrebbe avere la tentazione di prorogare la misura fino a fine anno, perché sa che i ribassi del prezzo del gas possono aumentare i margini di chi produce con fonti rinnovabili e, ad esempio, ha stipulato contratti di vendita annuali lo scorso anno su livelli di prezzi molto più elevati di quelli attuali di mercato.

E ancora: la tassa sulle rinnovabili in realtà ha determinato sinora ben poco gettito a causa dei numerosi ricorsi e controricorsi. Quindi il governo potrebbe pensare di prolungare il cosiddetto claw back anche per non rischiare di perdere il pregresso nel momento in cui riesce a spuntarla in giudizio. Al momento, però, nulla di questo risulta all’ordine del giorno nelle stanze del potere. Ma i naviganti sono avvisati: se la tassa resta sarà più difficile anticipare i soldi per gli investimenti.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.