Come scrive Patrizio Bianchi sul Mattino, si aprono scenari che possono riportare l’Europa e la nostra Italia al centro di relazioni globali di ricerca, sperimentazione e innovazione, ma anche della formazione delle nuove leadership del Sud globale.
Si tratta di relazioni commerciali, produttive, di ricerca, formative che ripassano per il Mediterraneo, riaprendo vie che sembravano chiuse dall’egemonia delle relazioni dell’asse Est-Ovest dell’area nordica del Vecchio Continente e mantenendo tutti i canali commerciali aperti il più possibile con i mercati americani.
Tuttavia è necessario agire disponendo di una visione di insieme, in grado di abbracciare insieme le diverse problematiche coinvolte ed interagenti – ad esempio gli scambi commerciali e le relazioni di ricerca – per non ricadere dentro alla sindrome da frammentazione.
È il momento in cui l’Europa deve dimostrare non solo unità, ma anche capacità di capire unitariamente che ritrovare e tenere saldamente in mano il bandolo della ricerca, della sua capacità di risposta ai grandi problemi del mondo – dalla crisi climatica all’alimentazione – la capacità di formare nuove classi dirigenti in grado di gestire questi problemi, diviene il passaporto per una relazione con l’India, il Brasile, l’Indonesia, tutta l’Africa, il mondo arabo, l’America Latina, quel Global South la cui crescita, a cui proprio le nostre imprese sanno dare mezzi adeguati, sarà il traino del prossimo futuro.
La forte spinta di rottura eversiva degli equilibri esistenti data dal turbine delle iniziative trumpiane sta spingendo molti nel mondo, e finalmente anche l’Unione Europea, a rivolgere lo sguardo verso altre destinazioni, certamente di mercato, ma infine anche politiche.
Di fatto le urla di Trump hanno rimesso in movimento l’intero Sud del mondo, che ora come non mai negli ultimi cinquant’anni è disponibile a stabilire accordi commerciali e soprattutto produttivi alternativi a quelli che Trump stesso minaccia.