«Nel decreto Semplificazioni stiamo lavorando a una serie di norme coraggiose con cui riusciremo a coniugare velocità di esecuzione e difesa del nostro patrimonio storico-artistico e naturalistico, che fa dell’Italia una delle mete più desiderate al mondo». Ad affermarlo il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, in un’intervista a La Repubblica.
«Si tratta di un obiettivo che nel governo è condiviso da tutte le forze politiche e che ha trovato benzina ulteriore nel fatto che il Recovery ha dei tempi da rispettare e un cronoprogramma preciso, pena la perdita delle risorse europee. Ciò significa accelerare le procedure, eliminare le lentezze burocratiche per la ripartenza e farlo con misure straordinarie».
«Poi naturalmente ci sono discussioni tra ministeri, com’ è naturale che sia, sulle modalità per velocizzare. Ora io condivido che occorra snellire anche rispetto alle procedure che riguardano il mio dicastero, perciò sto lavorando a delle norme coraggiose, però ci sono dei paletti che non si possono superare».
Alla domanda se è vero che dieci giorni abbia sfiorato la rissa con il ministro Cingolani, Franceschini risponde: «Ma le pare? Si è trattato di un incontro tecnico in cui abbiamo tranquillamente discusso. Poi, se si vuole raccontare che ci sono scontri tra chi vuole restare immobile e chi vuol fare la rivoluzione, liberi di farlo. Ma siamo vicini a trovare un equilibrio per procedere più spediti sul Pnrr senza indebolire la tutela».
Con quali paletti insuperabili? «Uno di carattere generale: io ho giurato sulla Costituzione, assumendo l’incarico di ministro. La Costituzione italiana ha dei principi fondamentali ed è l’unica che, all’art.9, inserisce fra questi la tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico della nazione. Un dovere costituzionale, non solo morale».
«E noi dobbiamo essere orgogliosi di vivere in un Paese che, grazie a una legislazione molto antica e a una presenza capillare sul territorio attraverso le Soprintendenze, ha sostanzialmente vinto la battaglia della tutela nel Novecento: del paesaggio, delle coste, dei centri storici. Altrove è andata molto peggio. E la bellezza del nostro Paese è una grande forza economica: non solo per il turismo, ma anche per il made in Italy che viene venduto nel mondo».
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