Nonostante i progressi degli ultimi anni, la chiusura del gender gap nelle posizioni apicali delle grandi imprese è ancora lontana.
Per raggiungere la parità il mondo delle aziende “può fare tanto.
La vera sfida è che non sia più necessario parlare di empowerment femminile, ma si discuta invece di come donne e uomini possano far valere i propri talenti e far sentire la propria voce, padroni dei propri progetti ed artefici del proprio futuro”.
Lo ha detto la presidente di Bnl Bnp Paribas e Findomestic, Claudia Cattani, durante un convegno sulla parità di genere ed empowerment femminile organizzato dall’Università dell’Aquila.
Cattani, impegnata anche nella Fondazione Marisa Bellisario di cui è referente per il Lazio, ha sottolineato la necessità che l’empowerment femminile sia messo “al centro dell’agenda sociale, economica, politica e culturale.
Ce lo dicono i numeri e ce lo raccontano le storie di vita quotidiana”.
Particolarmente significativo, per la presidente di Bnl, che questo tema “sia il focus di un convegno universitario, perché studio, conoscenza e consapevolezza sono le leve per ri-lanciare azioni urgenti in ottica di vera e propria educazione civica, orientata all’inclusione di genere”.
“La mia presenza in questo incontro”, ha messo in evidenza Cattani, “vuole essere la testimonianza di un impegno, agito quotidianamente, da Bnl e dal gruppo Bnp Paribas”.
Oggi Bnl ha un vertice completamente al femminile, oltre alla presidente Cattani al vertice c’è l’amministratrice delegata Elena Goitini, e “siamo vicini all’obiettivo del 40% di donne presenti nei comitati strategici”.
Sono tante, ha messo in evidenza la banchiera, le iniziative di sostegno economico e sociale in ottica di parità di genere e opportunità.
Cattani ha poi elencato i risultati di uno studio condotto a fine 2023 dall’Ocse su un campione di 500 imprese multinazionali.
Dall’analisi emerge ancora un forte squilibrio di genere nelle posizioni apicali delle grandi imprese: solo il 24,9% dei ruoli apicali è occupato da donne, con percentuali che vanno dal 29,7 nella sanità a un minimo del 18,5 nell’energia.
Meglio di altri paesi fanno Australia, Francia, Regno Unito e Canada, dove la percentuale di donne nel top management supera il 30%; peggio della media fanno India, Cina e Giappone (con valori pari al 14,2%, 11,7 e 9,5 rispettivamente), ha spiegato Cattani aggiungendo che in sette tra le principali multinazionali al mondo (con sede in Cina, Giappone, Emirati Arabi e Arabia Saudita) le donne nel top management sono completamente assenti.
La parità nelle posizioni che contano è un traguardo ancora lontano.