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Claudio Descalzi, Ad di Eni: “Vi spiego il nodo Opec”

L’idea di Donald Trump che per chiudere il conflitto Russia-Ucraina si possa intervenire abbassando il prezzo del petrolio, così da limitare i guadagni che Mosca utilizza per alimentare la macchina della guerra, non convince l’AD di Eni, Claudio Descalzi.

Non perché la misura non sarebbe efficace, ma perché oggi non sembrano esserci le condizioni per metterla in pratica, è il pensiero del manager. Convinzione sostenuta anche dal sì dei ministri degli Esteri dei Paesi Ue, lunedì scorso, al rinnovo delle sanzioni contro la Russia, in vigore ormai da circa tre anni.

“Per abbassare il prezzo bisognerebbe produrre più petrolio e quindi avere un’offerta superiore, perché solo quando l’offerta supera la domanda il prezzo va giù”, premette Descalzi, rispondendo a MF-Milano Finanza.

“Ma in un momento in cui c’è una situazione geopolitica così complessa bisogna valutare il quadro generale: la Russia, che era il secondo produttore di greggio, ha già perso posizioni anche sotto i colpi delle sanzioni mentre l’Opec sembra intenzionata a mantenere la sua politica di tagli fino a fine 2025. Penso perciò che gli Stati Uniti da soli farebbero un po’ fatica a innescare le dinamiche che porterebbero a un calo dei prezzi.

Gli Usa, infatti, stanno già producendo al ritmo di 16 milioni di barili al giorno tra olii e condensati. Difficile,” osserva il TOP manager di Eni, “che possano fare di più per arrivare a compensare i tagli Opec e la flessione della Russia. Concludendo, sono d’accordo che un prezzo più basso farebbe bene a tutti, ma devo fare anche un’annotazione a margine: un barile Wti sotto i 70 dollari finirebbe per creare problemi anche agli stessi produttori statunitensi di shale oil, a fronte di break even intorno ai 60-70 dollari. Con un prezzo del petrolio inferiore, quindi, gli Stati Uniti si ritroverebbero a perdere produzione invece di aumentarla”.

Descalzi ha parlato a margine della presentazione, a Roma, del libro “Al verde: Manifesto dei tempi moderni” di Roberto Sommella (direttore di MF-Milano Finanza), affrontando anche un altro tema caldo, i prezzi di gas e petrolio: “ci sono poche possibilità di far scendere i prezzi da qui a tre mesi, credo che poche cose possano cambiare perché i cicli dell’energia sono molto lunghi e quindi si investe per anni, per poi recuperare per anni”.

Per il gas, in particolare, Descalzi sostiene che anche se si alza la temperatura si consuma meno gas, “bisogna pensare che si arriverà a dover ricominciare a riempire gli stoccaggi in aprile”. Per il petrolio, invece, per Descalzi la volatilità è differente. “Ci muoviamo tra i 75 e gli 82 dollari al barile, che sembrano pochi rispetto ai 100 dei momenti più difficili, ma sono tanti per un’industria che già sta soffrendo, e l’Europa è al centro di questa criticità”.

Restando a Eni, arrivano novità dalla Libia. La compagnia petrolifera statale Noc (National Oil Corporation) ha comunicato che la jv Mellitah Oil & Gas ha completato con successo i test del pozzo B3-23 precedentemente chiuso nel campo di Bouri, riportandolo alla produzione a un ritmo di 506 barili di petrolio al giorno. Il pozzo era stato sottoposto a manutenzione nel piano strategico per aumentare la produzione.

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