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Chi regolamenta l’intelligenza artificiale? | L’analisi di Stefano Mannoni, professore alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze

Si narra che Europa, principessa fenicia, figlia del re di Tiro, sia stata sedotta da Zeus, sotto le sembianze di un toro bianco.

Sappiate che è accaduto di nuovo, solo che la parte di Zeus l’ha presa Mario Draghi e il travestimento è stato quello del suo ormai universalmente acclamato rapporto.

Che ha convinto la volubile principessa ad abiurare decenni di primato regolatorio, persino nel campo dell’intelligenza artificiale dove non si contano i plausi per questo nuovo amplesso.

Certo all’attrazione non si comanda, ma l’intelletto, o almeno quel poco che ne resta, dovrebbe suggerire prudenza.

Davvero il Vecchio Continente è fuori strada nell’ingabbiare il temibile prometeo tecnologico in un reticolo di norme precauzionali?

La risposta è ovviamente no: non ha affatto torto.

Con buona pace del governatore della California Gavin Newsom, che sembra pensarla come i nuovi zeloti della sperimentazione anarchica.

Sì perché in California, la culla di Open AI, il governatore ha imposto il veto a una proposta di legge che avrebbe introdotto qualche paletto di sicurezza alla sperimentazione selvaggia.

E ciò nonostante 50 accademici avessero scritto a Newsom per sollecitare l’approvazione di un progetto di legge giudicato, sì imperfetto, ma in fondo “ragionevole”.

Il governatore ha replicato che era d’accordo con l’intento dei proponenti ma non con l’articolazione delle norme che a suo giudizio, come a quello di Nancy Pelosi e di una infinita schiera di lobbisti, avrebbe tarpato le ali all’innovazione, senza offrire garanzie concrete di messa in sicurezza della tecnologia.

Vogliamo dare credito alle buone intenzioni del governatore, ma resta il fatto che si percepisce nell’aria un senso di forte urgenza a favore di una regolazione efficace nei singoli stati americani, a maggior ragione nella latitanza di qualsivoglia norma federale al riguardo.

A suonare l’allarme è stato sul New York Times Garrison Lovely, che ha sottolineato come la prima preoccupazione del legislatore dovrebbe essere quella di tutelare i whistleblower, ossia tutti coloro che sono disposti a rivelare le malefatte che si consumano nei segreti antri delle imprese di intelligenza artificiale, a dispetto di severissimi contratti di confidenzialità da cui sarebbero vincolati.

Se si è giunti al punto di affidarsi ai volenterosi informatori, pronti a immolarsi per rompere il muro di omertà con cui le aziende circondano le loro arcane sperimentazioni, vuol dire che il pericolo avvertito è molto alto.

Sorge allora spontanea la domanda: se la California, che ha dato i natali all’intelligenza artificiale, si è trasformata in un campo di battaglia per l’imposizione di regole adeguate, davvero l’Europa vuole rinnegare il proprio primato di moralità giuridica, conquistato a così caro prezzo?

Lascio a voi la risposta.

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