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Carlo Bonomi (Presidente Confindustria): «I soldi del Recovery Fund li abbiamo già bruciati»

Basta vivere in attesa del Recovery Fund. Dobbiamo focalizzarci su quello che serve ora al Paese. A fine anno avremo perso oltre 10 punti di pil, che valgono almeno 180 miliardi. Insomma: i 200 miliardi del Next Generation Eu li abbiamo già bruciati“. In un’intervista rilasciata a ClassCnbc, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi espone la ricetta suggerita al Governo per il rilancio.   

La seconda ondata del Covid-19 allontana la ripresa. Come si può invertire la rotta? “Gli organismi internazionali prevedono a fine anno il pil in  recessione tra il 10 e 12%. Siamo entrati in stagnazione nella crisi  pandemica, con una produttività che non cresceva da 25 anni. Il debito  quest’anno toccherà il 170% del pil e prima o poi andrà restituito. Non  si può pensare a cosa si mette al denominatore senza considerare il  numeratore. Il debito deve essere focalizzato alla crescita del Paese: si  tratta del debito buono di cui parlava Draghi“.    

Cosa dovrebbe fare Conte? “Focalizzare la nuova legge di Bilancio sulle imprese, sulla loro digitalizzazione. L’industria ha dimostrato resilienza e capacità di guidare la crescita. Serve però proseguire sul solco della trasformazione digitale“. Cosa si aspetta di trovare su questo nella manovra? “Siamo a metà novembre e non abbiamo ancora visto una bozza. Così la capacità di investire delle imprese viene meno. La manovra è un punto cardine: questo ritardo riduce la possibilità di discuterne in Parlamento e costringe all’approvazione a colpi di fiducia“.    

Siete stati consultati dal Governo, al lavoro sul piano per accedere  al Recovery Fund? “Se chiediamo informazioni ci dicono che non esiste ancora e che è la somma di una serie di progetti, di cui ora chiediamo contezza: il nostro Paese, in passato, ha dimostrato di non avere la capacità progettuale per utilizzare a pieno le risorse europee. Normalmente ne sfruttiamo il 48%. Se mettiamo insieme Recovery Fund, piano settennale e scostamenti dalla legge di Bilancio, parliamo di almeno 400 miliardi a disposizione“.    

La tensione sociale cresce e molti temono l’impatto sull’occupazione. “Si è scelto di non usare la cassa integrazione ordinaria – che le aziende pagano 3 miliardi l’anno – e mettere in campo una Cassa Covid che paghiamo ancora noi e che anticipiamo ai lavoratori. Inoltre si blocca la mobilità all’interno dell’azienda. Per noi ogni persona che esce dall’impresa è una sconfitta, ma così si crea una condizione assurda“. Cosa serve invece? “Serve garantire l’occupabilità delle persone, invece che il loro  posto di lavoro. In un momento come questo le aziende hanno bisogno di  riorganizzare“.    

Quindi è pessimista su tutta la linea? Eppure i provvedimenti a favore delle imprese non sono mancati… “Non sono pessimista, anzi, sono ottimista di natura. Altrimenti non farei l’imprenditore. Sono ottimista perché in questa situazione drammatica abbiamo un elemento forte: la manifattura italiana, asset fondamentale per il Paese, che ha già dimostrato la propria resilienza  dopo la crisi finanziaria del 2008 e con la crescita del 2015-2017, reagendo, innovando e investendo. Ne siamo usciti più forti di prima“.   

Sarà così anche con la pandemia? “L’industria ha saputo rispondere ancora una volta alle difficoltà con determinazione. Le nostre imprese hanno adottato misure importanti per limitare l’impatto economico, ma soprattutto per contenere la circolazione del virus nei luoghi di lavoro. Oggi tutti riconoscono che sono forse i luoghi più sicuri, dal punto di vista sanitario. Per questo anche l’Unione, nella nuova strategia industriale per l’Europa pubblicata a Marzo, riconosce all’industria un ruolo centrale nella transizione verso digitalizzazione, sostenibilità climatica ed economia circolare“. 

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