Il presupposto è che la pandemia rimanga sotto controllo a livello globale e in Italia: una variabile che sta alla base delle già negative previsioni, contenute nel Bollettino economico della Banca d’Italia.
Il Pil italiano quest’anno dovrebbe infatti contrarsi del 9,5% per poi rimbalzare nel 2021 del +4,8%. “Se tuttavia emergessero nuovi focolai “rilevanti”, il Pil “potrebbe scendere di oltre il 13% quest’anno”, si legge nel report di Bankitalia. Le stime potrebbero diversamente migliorare con un rafforzamento delle politiche espansive all’esame dell’Unione europea. La contrazione, spiega Bankitalia, sarebbe “interamente a causa della riduzione registrata nel primo semestre, e recupererebbe nel prossimo biennio (+4,8% nel 2021 e +2,4% nel 2022)”.
La ripresa sarebbe graduale: “Effetti persistenti sui consumi delle famiglie deriverebbero dal calo dell’occupazione e del reddito disponibile, ancorché mitigato dalle misure di sostegno; il peggioramento delle prospettive di domanda e della fiducia delle imprese inciderebbe sugli investimenti, la cui caduta nel 2020, segnalata anche dai sondaggi della Banca d’Italia, verrebbe in parte recuperata nel biennio 2021-22.
L’inflazione sarebbe pressoché nulla sia quest’anno sia il prossimo: i prezzi tornerebbero ad aumentare nel 2022, dell’1%”.
Sul fronte del lavoro Bankitalia evidenzia che in Italia si vedono i primi segnali “di arresto della caduta dell’occupazione e una ripresa della partecipazione al mercato del lavoro”. Si sottolinea anche che gli ammortizzatori sociali hanno attenuato il calo dell’occupazione e che sono cadute soprattutto le posizioni a termine. “L’ampio utilizzo della Cig, abbinato al blocco dei licenziamenti – si legge – ha mitigato l’impatto della crisi sul numero di occupati. I dati amministrativi sulle comunicazioni obbligatorie forniti dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro segnalano che dal 23 febbraio, giorno precedente i primi provvedimenti per il contenimento del contagio, alla fine di aprile sono state rilevate circa 500.000 posizioni lavorative in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, prevalentemente per la mancata attivazione di nuovi contratti a tempo determinato. In maggio, con la progressiva riapertura delle attività produttive, tale divario ha smesso di ampliarsi; anche i dati dell’Istat confermano un’attenuazione del calo dell’occupazione (al -0,4 per cento in maggio rispetto al -1,3 rilevato in aprile)”.
I prestiti alle imprese sono stati consistenti. “Le misure adottate dalla Bce e dal Governo hanno sostenuto il credito alle imprese, che ha accelerato in concomitanza con il forte incremento del fabbisogno di liquidità. In Italia la crescita dei prestiti alle imprese, negativa durante tutto l’anno precedente, ha raggiunto in maggio l’11,5 per cento (in ragione d’anno sui tre mesi)”, si legge. “L’espansione del credito, che ha inizialmente riguardato le società medio-grandi, si è poi estesa alle famiglie produttrici con la progressiva riduzione dei ritardi nell’implementazione delle misure adottate dall’Esecutivo”. Quanto alla produzione industriale, dopo la flessione dell’8,4% del primo trimestre, ha registrato un’ulteriore brusca caduta in aprile ma “con la graduale rimozione dei provvedimenti di chiusura l’attività industriale sarebbe tornata a crescere in maggio e giugno (complessivamente di circa il 40% rispetto ad aprile)”. Tuttavia, la produzione “rimarrebbe inferiore di quasi il 25% ai livelli precedenti la diffusione dell’epidemia”.








