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Andrea Recordati (AD Recordati): «L’ingresso di Cvc è stato la scelta migliore. Vogliamo diventare un player globale nella cura delle malattie rare»

«La scelta di un fondo partner ha salvaguardato la nostra indipendenza, e l’autonomia manageriale. Non era facile, ma è stata presa nell’interesse dell’azienda, dei dipendenti e di tutti gli azionisti. E alla luce dei risultati, ha dimostrato di essere quella giusta». Lo afferma in un’intervista al Sole 24 Ore Andrea Recordati, Amministratore Delegato dell’omonimo Gruppo, a quasi 3 anni dall’ingresso di Cvc nell’azienda di famiglia, tracciando un primo bilancio della sua esperienza con i private equity, oggi protagonisti del riassetto del sistema produttivo italiano.

«Dall’ingresso del fondo siamo sempre cresciuti. Le proiezioni prevedono per l’anno ricavi compresi tra 1,57 e 1,62 miliardi di euro, un Ebitda compreso tra 600 e 620 milioni e un utile netto rettificato tra 420 e 440 milioni. Abbiamo confermato la politica dei dividendi in linea con il passato. E prevediamo una ripresa dei mercati nella seconda parte di quest’anno, dopo l’impatto negativo della seconda parte dello scorso anno». «Oggi da parte dei Governi c’è maggiore consapevolezza della valenza strategica: non siamo un’industria come le altre, e in futuro sono convinto se ne terrà conto».

Con la pandemia, il pharma è finito sotto i riflettori ma, sottolinea l’AD, per Recordati è cambiato «tutto e niente. Mi spiego: come tutti, siamo stati investiti da una tempesta che ha cambiato il nostro modo di lavorare e di pensare al nostro business. Ma dal punto di vista strategico le nostre priorità sono rimaste le stesse di prima: vogliamo continuare a crescere per linee interne ed esterne, come abbiamo fatto negli ultimi 20 anni, sui nostri due ambiti principali, cioè le cure per le malattie rare, sia tramite acquisizioni o accordi licenza, come nella parte tradizionale di specialty e primary care, cioè il business di medicinali con o senza prescrizione».

«Su quest’ultimo fronte una delle nostre molecole originali di punta resta la lercanidipina, per la cura dell’ipertensione arteriosa. Il cash flow generato da questo farmaco ha permesso di avviare l’espansione geografica e l’entrata nel settore delle malattie rare e ancora oggi, malgrado sia scaduta l’esclusiva, genera circa 135 milioni di euro di vendite».

In prospettiva, prosegue, «non siamo propensi a fare acquisizioni trasformative, ma ci focalizziamo su operazioni mirate e con una scala gestibile. Un tipico esempio è l’acquisizione dei prodotti Signifor e Isturisa dalla multinazionale Novartis: un’operazione per rafforzare la nostra presenza nel settore delle malattie rare e strategico per la nostra crescita».

«Attualmente sono note nel mondo 7mila malattie rare ed esistono 400-500 prodotti per curarle, c’è quindi una mancanza importante di farmaci contro queste patologie. In questo settore possiamo competere anche con la nostra divisione di ricerca e sviluppo: i costi per sviluppare questi prodotti sono prevalentemente più gestibili per aziende delle nostre dimensioni», spiega.

Per quanto riguarda invece i farmaci tradizionali, «puntiamo sia ad acquisizioni sia ad accordi di licenza: di recente abbiamo stretto ad esempio con la Tolmar International un accordo per la commercializzazione di Eligard per la cura del cancro alla prostata che potrebbe valere circa 100 milioni», continua.

«Poco prima che entrasse Cvc nella compagine azionaria, abbiamo fatto un’ulteriore acquisizione in Francia e continuiamo a studiare opportunità per rafforzarci ulteriormente in mercati dove abbiamo già una presenza, ma anche per entrare in quelli nuovi, soprattutto per la cura delle malattie rare per cui vogliamo diventare un player globale. Infatti siamo già presenti, oltre all’Europa, Russia e Medio Oriente, anche in Sudamerica, Nord America, Giappone, Australia e Nuova Zelanda».

Per il futuro di Recordati, afferma, «il mio auspicio è che rimanga indipendente e quotata. Certo la scelta è dell’azionista di controllo, ma finora ci siamo sempre trovati d’accordo».

È per questo che molti imprenditori stanno aprendo le porte dell’azienda a un private equity? «Non posso parlare per altri, ma nel nostro caso posso dire che l’ingresso di un partner finanziario come Cvc ci ha aiutato a conservare e valorizzare ciò a cui siamo più legati: l’indipendenza e l’autonomia manageriale, di cui sono garante come AD».

«Recordati per sua natura è un gruppo atipico e ha due business molto diversi fra loro e credo che difficilmente un gruppo multinazionale potrebbe essere interessato. Piuttosto, credo che il futuro di Recordati possa essere quello di una public company con vari soci istituzionali, come ad esempio i fondi pensione o sovrani», conclude.

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