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Andrea Orcel (CEO Gruppo Unicredit): «Russia? Possiamo assorbire anche scenario più estremo»

“La forza del nostro business è tale da consentirci di poter assorbire completamente l’impatto anche dello scenario più estremo grazie al nostro capitale e alla nostra capacità organica di generarlo.

Come CEO di questo gruppo, è mio dovere valutare l’impatto della nostra presenza in Russia – ma non voglio in alcun modo che venga messa in ombra l’eccezionale performance realizzata dal nostro business in questo trimestre”, dice Andrea Orcel, ad del Gruppo Unicredit, nella lunga intervista che sarà pubblicata sul numero in edicola domani di MF-Milano Finanza.

A poco più di un anno dal suo insediamento, Orcel traccia un primo bilancio dei risultati ottenuti fino ad ora da Unicredit. “E’ il quarto trimestre di fila che realizza risultati in crescita, soprattutto per quanto riguarda l’Italia”, un mercato in passato considerato “troppo rischioso per fare business.

La risposta arrivata (dai nostri professionisti.) nell’arco dell’ultimo anno è stata eccezionale. L’Italia si è confermata un mercato chiave per Unicredit con un utile netto nel primo trimestre di 593 milioni di euro, in crescita dell’82% trimestre su trimestre.

I ricavi netti sono aumentati dell’8,6% anno su anno a 2,3 miliardi di euro, trainati dal forte sviluppo delle commissioni, in crescita del 6,3% anno su anno” continua il manager che sgombra il campo da un equivoco figlio del passato: “nel mondo del digitale e della multicanalità, l’equazione tra massa critica e network di sportelli non vale più.

Basti pensare che in Lombardia Unicredit ha una quota di mercato del 6% sulle filiali, ma del 10% sui prestiti e di oltre il 12% sul credito al consumo. Oggi insomma non importa tanto quanti sportelli hai, ma su quanti clienti davvero produttivi puoi contare”.

E per quanto riguarda il contesto? “Per il momento l’economia italiana appare solida e con un livello di rischio in linea con la Germania. Il quadro internazionale però è serio” continua il manager che parla anche dello scenario: “in questo momento non ci sono segnali di recessione, ma le nubi si stanno addensando.

Il problema sarà capire se davvero la situazione si trasformerà in una recessione e quanto profonda si rivelerà. Le imprese, per esempio, devono rimpiazzare le materie prime ormai troppo care oppure individuare nuovi fornitori.

Peraltro se i nostri paesi concorrenti nel mondo comprano queste commodities a un prezzo inferiore rispetto a quello pagato da noi, c’è un problema di squilibri competitivi” dice Orcel che parla anche di immigrazione e inflazione.

Il primo è un “tema da monitorare”, perché è da vedere quale sarà “il modo in cui noi come Paese gestiremo il flusso dei rifugiati, come li supporteremo e come influiranno sulla nostra economia”, che deve anche smaltire l’effetto della guerra; del secondo argomento, il manager dice: “oggi l’inflazione mi preoccupa un po’ di meno della recessione, anche se va detto che le armi della politica monetaria sono spuntate di fronte alla fiammata dei prezzi a cui stiamo assistendo”, in Europa “servirebbe una politica espansiva, non restrittiva”.

Infine alcune battute sulla strategia. “Oggi le performance del nostro business in Italia ci permettono di essere molto soddisfatti senza dover fare operazioni straordinarie. Quindi non importa se si tratta di BPM o MPS, l’M&A per noi non è uno scopo in sé. Per quanto riguarda MPS, per me il capitolo è chiuso e ne siamo sinceramente dispiaciuti perché sia per Unicredit che per il Monte avrebbe potuto essere un deal molto positivo se realizzato alle condizioni che si erano convenute. Pensate che avevamo anche cominciato a progettare una Fondazione che sostenesse la città e la comunità senese.”.

Una fusione all’estero? “Per adesso no. Non ci sono le condizioni”. E per quanto riguarda il risarcimento ricevuto dal Santander? “Santander ha 12 mesi di tempo per ricorrere in appello contro la decisione del tribunale. Qualsiasi decisione prima di allora sarebbe inappropriata”.

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