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Alessandro Foti (CEO di Fineco): «Agevolare investimenti in Btp per evitare i ristagni di liquidità e far ripartire il Paese»

«Abbiamo 1.900 miliardi nei conti correnti e allo stesso tempo un’economia che fatica a ripartire e settori che fanno fatica a finanziarsi. Quindi il grande sforzo è sulle spalle dello Stato. Agevolando l’investimento in Btp i clienti trovano una forma alternativa alla giacenza sul conto e danno un contributo allo sforzo che il Paese sta compiendo. E noi anche, rinunciando a qualsiasi forma di guadagno».

Lo ha detto il CEO di Fineco Alessandro Foti in un’intervista al Corriere della Sera, spiegando l’iniziativa del gruppo che verrà lanciata lunedì 19 aprile, in concomitanza con il collocamento della terza tranche del Btp Futura.

«È il nostro contributo allo sforzo per la ripresa, per invogliare gli italiani a non tenere i loro risparmi sul conto», spiega il CEO. Fineco vuole spingere i clienti a finanziare lo Stato perché «c’è un incredibile ristagno di liquidità che non è positivo né per i clienti né per il sistema nel suo complesso. Il meccanismo è semplice: i clienti potranno comprare tutti i titoli di Stato a commissioni zero a condizione di tenerli in portafoglio un anno o fino a scadenza se la durata è inferiore all’anno, perché non vogliamo incentivare il trading ma la detenzione dei titoli».

Inoltre, il gruppo vuole chiudere i conti dei clienti con tanti soldi fermi sul conto, «ma si tratta di poche migliaia di clienti decisamente benestanti. Vogliamo stimolare la riflessione nei nostri clienti sulla gestione del risparmio. Avremmo potuto aumentare i costi, come altre banche, ma abbiamo preferito andare verso un modello di trasparenza e interazione con il cliente».

«Stiamo ricevendo tante chiamate dai clienti che hanno capito di dover mettere più attenzione alla gestione dei loro risparmi. Ci sono clienti importanti, imprenditori, che faticano a capire il concetto di impatto dell’inflazione sulla capacità di spesa».

In Italia, prosegue Foti, «ci sono 2,5 trilioni di risparmio disponibile ad essere investito. Senza fare i maghi della finanza ipotizziamo un 1% all’anno di interesse: avremmo 25 miliardi di ricchezza in più all’anno. Su 10 anni sfioreremmo 300 miliardi, cifra che fa impallidire il Recovery Fund. Lasciare i soldi sui conti vuole dire condannarli a non creare ricchezza».

Infine, riferendosi ai piani di espansione dopo la Gran Bretagna, annuncia: «il business UK è diventato profittevole a febbraio e continuerà a fare bene. Entro fine anno pianificheremo l’ingresso in un altro Paese Ue, con leggera preferenza per la Germania: la conosciamo bene avendo gestito Dab, quando eravamo in Unicredit».

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