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Alberoni: “Movida post Covid come quella post franchista, celebra la libertà”

Mai come in questo periodo la parola “movida” è sotto la luce dei riflettori. Troppa gente in giro, spesso senza rispettare distanze e senza mascherine, come se fosse un “libera tutti” nel quale tornare a fare quello che si faceva qualche mese fa dimenticando che siamo ancora in emergenza sanitaria. Insomma, voglia di libertà. Come spiega il sociologo Francesco Alberoni intervistato dall’AdnKronos. “La movida celebra la fine di un incubo. Lo è stato all’epoca del post franchismo e lo è oggi nel post-pandemia: è il modo di festeggiare la fine della limitazione delle libertà personali. Oggi chiaramente non c’è anche il significato politico che ebbe in Spagna quando nacque il termine ‘movida’, alla fine degli anni ’70 con la fine della dittatura di Franco – continua – ma ha comunque a che fare con il festeggiamento della fine del lockdown, che per la prima volta in tempi recenti ha sospeso alcune libertà individuali”.    
   
Una movida comunque criticata. “Da sempre la festa è anche un’infrazione, una trasgressione – spiega Alberoni – infatti ci sono violazioni aperte alle prescrizioni di virologi e epidemiologi. Ma l’unica soluzione è chiudere le vie della movida. Perché la polizia non può andare dai singoli a fare multe da 200 euro. Una socialità normale è già ripresa: tutti – ha detto – abbiamo   mantenuto rapporti sociali anche in lockdown, grazie a Skype, Zoom,  Whatsapp. Ma ci è mancato il contatto fisico e personale. Ora sta   riprendendo anche quello senza problemi. Qualche impatto – conclude – rimarrà sulla libertà sessuale. Ci sarà un effetto di un paio di anni sulla disinvoltura con cui fino a ieri si cambiavano partner sessuali. Ci sarà un effetto simile a quello che si ebbe negli anni ’80 dopo i primi allarmi sulla diffusione dell’Hiv, ma anche questo si supererà in fretta. L’unico vero grande problema che vedo all’orizzonte è quello della ripresa economica”.

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