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[L’analisi] L’agroalimentare italiano vale 204,5 miliardi e vede nero: 900 milioni di euro di importazioni sono in crisi a causa di guerra e inflazione

Il settore agroalimentare nel 2021 ha realizzato un fatturato aggregato di 204,5 miliardi di euro (+3,8%) e generato 65 miliardi di euro di valore aggiunto, qualificandosi come il primo comparto made in Italy per valore generato. La filiera occupa complessivamente 1,4 milioni di persone, di cui 483.000 nell’industria del Food&Beverage e 925.000 nel comparto agricolo. Guardando fuori dai confini nazionali, le esportazioni lo scorso anno sono cresciute superando la soglia record dei 50 miliardi di euro e assicurando per il terzo anno consecutivo una bilancia commerciale in positivo (3,3 miliardi di euro).

La vetta del vino

Il vino è stato il primo prodotto del comparto per vendite oltreconfine, assorbendo il 14,3% dell’export totale agrifood e sviluppando un giro di affari pari a 7,1 miliardi di euro. La Germania rimane il primo bacino di approdo, con una market share pari al 22,4%, una crescita annuale del 6,6% e un fatturato di 8,4 mld di euro, seguono Stati Uniti e Francia, vicini tra loro con una rispettiva quota del 15,1% e del 15%.  Questi dati sono stati anticipati questa mattina a Milano in occasione della presentazione del forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”, che si terrà a Bormio i prossimi 17 e 18 giugno 2022, organizzato e promosso da The European House-Ambrosetti. 

Dalla fotografia scattata da The European House-Ambrosetti emerge come nonostante il business dei prodotti food&beverage italiani abbia segnato un record decennale fuori dai confini nazionali, persistono alcune criticità. Innanzitutto, se è emerso che il settore è stato quello che, nel 2020, ha mostrato maggiore resilienza nei confronti della pandemia è anche vero che nel 2021 è cresciuto meno degli altri principali comparti e, pur riportando una progressione del 6,2%, è riuscita a fare meglio solo dell’industria farmaceutica (+2,2%).

Exploit sbalorditivo

Spostando poi l’attenzione verso l’export, la performance dell’ultimo biennio non si può definire sbalorditiva se analizzata rispetto agli altri settori. Nel 2019-2021 l’incremento del 13,6% colloca ‘agroalimentare al terz’ultimo posto nel ranking delle principali filiere italiane. Il Paese è inoltre solo quinto in Unione Europea per valore delle esportazioni alimentari, un valore pari al 65% dell’export tedesco e al 72% di quello francese. La performance del Paese non migliora guardando all’incidenza dell’export agrifood sul totale, pari al 9,7%, metà della quota spagnola e il 70% di quella francese. 

900 milioni di importazioni

Ora a preoccupare però è il conflitto tra Russia e Ucraina che si è immediatamente fatto sentire sul costo delle materie prime alimentari. L’impennata dell’inflazione è stata avvertita già una settimana dopo l’inizio delle ostilità militari. Particolarmente colpito il grano tenero, il cui prezzo ha subito un rincaro del 13%. Gli impatti del conflitto sulla filiera agroalimentare italiana sono molto rilevanti: i due Paesi valgono per 932,7 milioni di Euro di esportazioni agrifood (con la Russia come 18esimo partner commerciale) e 901,2 milioni di importazioni (con l’Ucraina come 18esimo partner commerciale).

È proprio dal lato importazioni che le minacce del conflitto sfociano in nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese: infatti, l’Ucraina è primo fornitore fino al 63% (è il caso dell’olio di girasole, elemento chiave anche per alcune filiere di trasformazione).  Come evidenziano i rischi del conflitto in Ucraina, tra i suoi deficit strutturali il Belpaese soffre la carenza di materie prime agricole e questo gap nel 2021 si è ulteriormente ampliato. Un dato di fatto confermato dai numeri diffusi da The European House – Ambrosetti, secondo i quali, lo scorso anno, l’Italia ha aumentato di un miliardo di euro ulteriore la sua dipendenza da materie prime agricole, raggiungendo un deficit commerciale complessivo di 8,5 miliardi di euro nel 2021.

Persi 85 miliardi di Pil

In generale, analizzando l’andamento dal 2010 al 2021, il nostro paese ha perso oltre 85 miliardi di Pil proprio a causa di questa situazione che lo vede costretto ad acquistare da paesi terzi i prodotti necessari in ambito di produzione agricola. Spicca soprattutto la scarsità di cereali reperibile a livello nazionale, che comporta un deficit della bilancia commerciale di quasi 5 miliardi di euro, ma si bussa alla porta di fornitori stranieri anche per il pesce lavorato (-4,4 mld) e i prodotti ittici (-1,2 mld), la carne lavorata (-3,6) e gli oli e i grassi (-2,7), molti di questi proprio provenienti da Ucraina e Russia come visto prima. 

Proprio l’impatto delle crisi contingenti sulle filiere e le strategie per il loro rilancio sarà uno dei temi portanti del Forum valtellinese, oltre a italian sounding, opportunità di internazionalizzazione, sostenibilità e correlazione tra alimentazione, sport e salute. Sul fronte internazionale, un focus rilevante verrà dedicato alle Filippine – un Paese dall’economia in forte crescita (+18% negli ultimi 5 anni) che costituisce un mercato di importanza strategica per le grandi opportunità di sviluppo per le aziende del food&beverage italiane.  

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