«Sono in quarantena ma sono fiducioso: cuore e bellezza salveranno Milano». Lo afferma l’arcivescovo del capoluogo meneghino, Mario Delfini, intervistato da Zita Dazzi per la Repubblica. Innanzitutto vorremmo sapere della sua salute. Come sta? «Perché alla gente interessa sapere come sta l’arcivescovo? Per alcuni l’arcivescovo è come uno di famiglia: quindi è naturale chiedere: “Come sta?” Per altri l’arcivescovo è uomo di Chiesa. Più che un uomo, un simbolo. L’arcivescovo contagiato, contagioso dà l’idea di una Chiesa contagiata, contagiosa, vulnerabile. Quindi un po’ di compassione, un po’ di rivincita, un po’ di chi sa che cosa. Sono stato trovato positivo e perciò sono isolato, per il momento».
È stato male nei primi giorni? «Questo virus è un vigliacco: se la prende con i deboli. Con gli altri invece è timido. Con me è timido. Mi ha contagiato e sono isolato, ma senza disagi. Perciò ho tanto tempo, come non mai per pregare, riposare, leggere e … concedere interviste».
La Lombardia è di nuovo in lockdown, zona rossa, con dati sempre più allarmanti: quasi undicimila contagi ieri. Che ne pensa? «Questo virus è prepotente e invadente. Pretende che si parli solo di lui. Impedisce di fare altri discorsi e di pensare ad altro e agli altri. Io contrasto questa prepotenza. Parlo d’altro: altri problemi, persone, valori. Dio».
La crisi sanitaria è anche crisi economica, crisi spirituale. Come se ne uscirà? «Più che una mappa del disastro, si deve fare una mappa della ricostruzione. Trovare da dove partire per risollevare tutti. C’erano appezzamenti di terreno abbandonati: erbacce, rifiuti, porcherie. Qualcuno non ha più sopportato il degrado. Alcuni volonterosi si sono dati da fare. Quello che era un pezzo di terra da evitare è diventato un orto da visitare con verdure, fiori, miele. Io vedo così, la crisi spirituale. Una specie di rassegnazione al degrado. So però che si aggirano dappertutto i volonterosi che restituiranno alla città il fascino di un giardino».
Come curare le ferite che il virus sta portando all’anima di Milano? «Da qualche parte a Milano c’è un inesplorato giacimento di gioia: ci curerà la gioia di vivere: ci vorrebbero dei bambini. C’è una fierezza di intraprendenza e di organizzazione: ci cureranno gli imprenditori con il senso della responsabilità sociale dell’impresa. La nostra terra custodisce un patrimonio inesauribile di bellezza, di musica, di arte, di poesia, di incanto: ci curerà la bellezza: ci vorrebbero degli artisti. Qui vive un popolo immenso che non si tira mai indietro: ci curerà la solidarietà. Ci vorrebbe gente con il cuore in mano. Dappertutto ci sono persone oneste, intelligenti, lungimiranti: ci curerà la politica. Ci sono uomini e donne di fede che intercedono presso Dio notte e giorno: ci curerà la preghiera. Ecco: ci vorrebbero dei santi. Per conto mio cerco di frequentare questa gente. Sono una moltitudine immensa».








