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Ignazio Visco, governatore Banca d’Italia: “Un quarto dei prestiti delle imprese è esposto ai rischi di calamità naturali”

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«Circa un quarto dei prestiti alle imprese» italiane è esposto ai rischi di calamità naturali. «È necessario agire con urgenza». Mentre gli interventi ex post «mitigano certamente l’impatto» dei fenomeni avversi «ma non possono costituire la soluzione». Lo ha affermato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco nel suo intervento all’Assemblea annuale dell’Abi.

«Una sfida con cui il sistema bancario è chiamato oggi a confrontarsi è quella della transizione verde» ha ricordato. «Se nel medio periodo il contributo del sistema finanziario sarà fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione concordati a livello globale, è allo stesso modo importante che esso sia pronto fin da subito alla gestione dei rischi climatici e ambientali».

«La recente alluvione che ha colpito la Romagna e alcune zone limitrofe ci ricorda come eventi metereologici estremi possano non solo causare perdite di vite umane, distruggere abitazioni, sconvolgere la vita degli abitanti delle zone colpite, ma anche avere profonde ricadute sulle attività economiche e, di conseguenza, sugli intermediari che le hanno finanziate. All’area colpita è riconducibile circa il 3 per cento del valore aggiunto del settore privato non finanziario nazionale» ha riferito Visco «e un’analoga quota del complesso dei finanziamenti bancari».

«Più in generale, analisi effettuate in Banca d’Italia stimano che nel nostro paese circa un quarto dei prestiti alle imprese non finanziarie è rivolto ad aziende localizzate in province ad alto rischio di calamità naturali. Di questi, il 58 per cento è coperto da garanzie, che tuttavia potrebbero a loro volta essere esposte allo stesso rischio dei finanziamenti; la quota di copertura si riduce al 38 per cento se si considerano le sole garanzie personali».

Secondo il governatore è quindi «necessario agire con urgenza, in primo luogo per contenere i rischi. Gli interventi ex post – dai fondi stanziati per la ricostruzione e il ripristino delle infrastrutture alla sospensione del pagamento di tasse, imposte e bollette e alle moratorie sui prestiti – mitigano certamente l’impatto economico dei fenomeni climatici avversi, ma non possono costituire la soluzione. La prima linea di difesa deve essere la messa in sicurezza del territorio a fronte di eventi alluvionali e frane, ricordando il costo, ben superiore, necessario per intervenire ex post; a questo fine il Pnrr prevede fondi per circa 1,25 miliardi. L’aggiudicazione degli appalti è prevista entro la fine del 2023; occorre evitare che i ritardi evidenziati nell’ultima Relazione sullo stato di attuazione del Piano diventino rilevanti».

«Un importante contributo può inoltre venire dal settore privato con la stipula di assicurazioni che coprano i danni derivanti da catastrofi naturali; una decisa espansione di questo mercato consentirebbe di ridurre i costi, ora elevati, delle polizze. Su questo punto l’Italia risulta essere particolarmente carente: nella media del periodo 1980-2020 solo il 6 per cento delle perdite connesse con tali eventi era assicurato, contro il 22 per cento in Europa. Il fenomeno della scarsità di assicurazione sarebbe concentrato tra le imprese più piccole e quelle residenti nel Mezzogiorno. Nell’ambito del tavolo di coordinamento sulla finanza sostenibile istituito presso il MEF, al quale partecipiamo insieme con l’Ivass e le altre autorità di settore, abbiamo avviato un’iniziativa per promuovere la protezione assicurativa contro i rischi climatici e gli altri rischi catastrofali basata sulla collaborazione tra il settore pubblico e quello privato».

«Una adeguata copertura assicurativa» ha detto ancora Visco «costituisce anche un importante elemento di attenuazione del rischio per le banche che affidano famiglie e imprese residenti in zone ad alto rischio climatico. In circa tre quarti dei casi, tuttavia, le banche non sarebbero informate della sottoscrizione di polizze da parte delle aziende affidate. Gli intermediari non terrebbero dunque conto di questa informazione nella determinazione delle condizioni di offerta di credito».

«Se confermato da ulteriori evidenze, sarà necessario indagare con maggiore profondità le ragioni di questo fenomeno, in capo alle banche o alle imprese, e porvi rimedio. Abbiamo chiesto piani di azione triennali che evidenzino come gli intermediari bancari e finanziari intendano soddisfare le aspettative che abbiamo pubblicato nel 2022. Analogamente a quanto fatto per le banche significative, le valutazioni dei piani saranno integrate nel processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) con un approccio proporzionale e graduale. Questi piani devono basarsi su dati affidabili e quanto più possibile precisi».

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