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Vi spiego il rebus della tassa sugli extraprofitti delle banche | L’analisi di Giampaolo Galli

Come evidenziato dal Sen. Antonio Misiani, responsabile economico del PD, pochi hanno notato che la Relazione Tecnica al provvedimento che dispone un prelievo straordinario sui cosiddetti extraprofitti delle banche “prudenzialmente” sceglie di non stimarne gli effetti finanziari. E questo significa che il gettito non potrà essere usato a copertura della prossima legge di bilancio. Di conseguenza le misure che il governo intendeva finanziare con il prelievo – fondo mutui prima casa e non ben specificate riduzioni di imposte – dovranno aspettare il termine del versamento della tassa, non prima di giugno 2024. Non è una cosa da poco.

Ma perché la Ragioneria sceglie di non fornire una quantificazione? Di solito questo avviene quando una misura è scritta in modo talmente generico da rendere pressoché impossibile una quantificazione. In questo caso, la quantificazione è relativamente facile, ma esistono tantissime ragioni di incertezza. Il prelievo potrebbe essere giudicato incostituzionale (ma di per sé questo non basta), potrebbe violare plurime norme europee (l’obbligo di preventiva consultazione della BCE e le norme sugli aiuti di stato), potrebbe infine cambiare radicalmente in Parlamento, per le osservazioni dei regolatori europei e per i ripensamenti di diversi esponenti di maggioranza.

Come ha spiegato Andrea Enria in un’intervista a Bloomberg, il prelievo preoccupa i regolatori perché indebolisce l’incentivo delle banche a fare provisioning a fronte dei crescenti crediti in sofferenza, restringe il credito all’economia, alla lunga riduce la concorrenza perché disincentiva l’afflusso di capitali verso l’investimento nel settore bancario. Inoltre, notano alcuni esponenti della maggioranza, colpisce un settore che è cruciale per tenere in piedi lo Stato dato che una buona parte dei titoli del debito pubblico sono piazzati presso le banche.

Infine, qualcuno ha cominciato a chiedersi che Stato è quello che ti tassa quando fai utili, ma non fa nulla quando gli utili si azzerano o diventano negativi come è accaduto nei lunghi anni dei tassi vicini a zero. Insomma, questa tassa è un autogol e una rilevante perdita per l’immagine internazionale dell’Italia. Forse per il governo l’unico modo onorevole di uscirne senza perdere la faccia è quello di renderla interamente deducibile in – diciamo – 5 anni. In questo caso la Ragioneria potrebbe contabilizzare un prestito forzoso che può rappresentare una valida copertura per provvedimenti che siano non solo un tantum, ma anche reversibili: ad esempio, un prestito a tasso zero a un ente locale in difficoltà (ad esempio in una zona alluvionata) da restituirsi nei prossimi 5 anni.

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