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La Telemedicina e il suo ruolo nella new normal che arriverà: un impulso all’efficacia, all’equità e alla sostenibilità nelle pratiche cliniche

È di questi giorni la triste notizia del superamento della soglia delle 100.000 persone decedute per Covid-19 in Italia.  Ad un anno dall’inizio della pandemia, sono ormai sotto gli occhi di tutti le devastanti conseguenze in termini di vite umane e di sovraccarico dei sistemi sanitari, tanto che la situazione di emergenza all’interno dei reparti ospedalieri non pare affatto cambiata, se non in alcune città peggiorata, rispetto al marzo scorso, con medici e infermieri ormai allo stremo delle forze. Non meno preoccupante appare la tensione economica e sociale che sta mettendo sotto sforzo gli equilibri, purtroppo già fragili, della nostra nazione.

Per quanto riguarda il mondo delle cure palliative, le sfide poste dall’emergenza sono risultate subito evidenti, dal momento che le persone più fragili, come i pazienti in fase avanzata di malattia, sono anche le più a rischio di sviluppare esiti gravi dovuti all’infezione da Covid-19, e di conseguenza di provocare il maggior carico sulle strutture sanitarie, sia in termini di impiego di risorse umane sia di sostenibilità delle cure.

In un panorama del genere, non possiamo certo permetterci di attendere che l’emergenza si plachi per sperare di tornare, non si sa quando, alla normalità di prima. Anche volendo, questo non sarebbe comunque possibile perché dovremo fare i conti con la difficoltà del sistema sanitario a fronteggiare l’impatto economico dovuto alla gestione della pandemia, che si somma a strumentazioni e trattamenti medici sempre più costosi. Ciò che dobbiamo fare, prendendo in prestito dalla psicologia il concetto di crescita postraumatica, è reagire alla situazione difficile che stiamo vivendo trasformandola in un volano per un cambiamento positivo del nostro sistema sanitario. In questo senso, ciò che sta accadendo può essere un’opportunità unica per accelerare quel processo, necessario già in epoca pre-covid, di valorizzazione della cura secondo un’ottica di sempre maggiore personalizzazione, equità ed accessibilità.

Osserviamo quanto avvenuto negli scorsi mesi. Le misure di protezione imposte dal Covid-19 ci hanno dimostrato come sia possibile, con una rapidità di risposta prima impensabile, potenziare l’impiego della digital technology nella pratica clinica e nell’organizzazione delle reti di cura. Ora dobbiamo utilizzare questo terreno fertile per sviluppare in modo più strutturato e consapevole questo prezioso strumento che, nelle cure palliative, vede numerosi ambiti di applicazione. Da un lato, l’innovazione tecnologica può contribuire ad identificare precocemente le persone che necessitano di cure palliative in modo da rispondere tempestivamente ai bisogni di cura di un numero crescente di pazienti affetti da patologie cronico-degenerative.

Stanno infatti emergendo sempre più evidenze di come gli algoritmi elaborati dall’intelligenza artificiale possano essere di grande aiuto alla pratica clinica nelle stime prognostiche delle persone affette da una malattia in fase avanzata. Questo significa che sarà più facile attivare cure palliative efficaci, tempestive e personalizzate permettendo così, non solo una migliore presa in carico ad un numero maggiore di persone, ma anche una più appropriata gestione delle risorse economiche ed umane, in un periodo storico dove gli operatori sanitari sono in numero sempre più scarso rispetto alle esigenze della popolazione. L’algoritmo elaborato recentemente da un’équipe di ricercatori dell’università di Stanford ne è un esempio interessante.

I dati clinici (diagnosi, trattamenti, esami strumentali, ricoveri, ecc.) di due milioni di pazienti adulti e bambini seguiti dallo Stanford Hospital tra il 1995 e il 2015 sono stati raccolti ed elaborati per sviluppare un modello digitale in grado di fornire una stima prognostica dell’evoluzione della malattia, che si è rivelata efficace nel 95 per cento dei pazienti coinvolti nello studio di valutazione dell’algoritmo. Questo non significa che le decisioni cliniche possano prescindere dalle competenze e dalla componente umana del medico, ma che quest’ultimo, in un futuro molto vicino, potrà beneficiare di sofisticati strumenti in grado di supportare il suo lavoro rendendolo più accurato, puntuale e fruibile per un maggior numero di persone.

Dall’altro lato, i sistemi di comunicazione audio-video ai quali abbiamo fatto ricorso in questi mesi difficili, e che si sono rivelati preziosi per continuare a seguire pazienti e familiari, ci hanno mostrato chiaramente il ruolo determinante che la telemedicina potrà, anzi dovrà, avere nella progettazione delle politiche sanitarie del prossimo futuro, centrate sulla valorizzazione di una medicina territoriale sempre più strutturata e capillare.

Questa infatti è l’altra grande sfida emersa durante l’emergenza, vale a dire potenziare le reti di cure palliative domiciliari non solo per proteggere le persone più fragili e alleggerire le strutture sanitarie durante l’emergenza, ma come setting assistenziale in grado di rispondere ai bisogni e alle preferenze di pazienti e caregiver anche una volta che la pandemia sarà finalmente terminata.

Anche in questo caso, nello scenario di una new normal che desideriamo tutti raggiungere al più presto, la telemedicina non potrà mai sostituire il lavoro dei medici, degli psicologi, degli infermieri e di tutti gli operatori sanitari che assistono le persone nelle fasi delicatissime di una patologia in stadio avanzato, ma potrà dare un contributo importante nel rendere le cure palliative domiciliari accessibili a un numero sempre maggiore di persone, rispondendo agli obiettivi  di efficacia, equità e sostenibilità che le politiche sanitarie dei nostri giorni non possono più permettersi di trascurare.

I costi ormai insostenibili dei ricoveri ospedalieri e la carenza di personale sanitario, di posti letto, di strumentazioni e ora perfino di farmaci (i vaccini) ai quali stiamo assistendo, ci mostrano chiaramente il bisogno impellente di una rimodulazione del sistema sanitario che gestisca e distribuisca le risorse nel modo più appropriato possibile, in uno scenario dove i bisogni sanitari, e di cure palliative in particolare, saranno sempre maggiori. L’emergenza mondiale che ci siamo trovati davanti all’improvviso ha imposto al sistema sanitario un enorme sforzo di flessibilità per affrontare la situazione in tempi rapidi; per la fase successiva di ricostruzione la nostra risposta dovrà essere altrettanto repentina e flessibile nella progettazione di modelli assistenziali davvero centrati sui bisogni dei pazienti e sulla valorizzazione del loro ambiente di vita come luogo di cura privilegiato.

È una sfida ambiziosa, ma che possiamo affrontare unendo le forze del sistema sanitario nazionale e del non profit e imparando dall’esperienza per offrire ai pazienti una cura di valore, capace di integrare l’appropriatezza nella gestione delle risorse con modelli assistenziali che siano davvero innovativi perché centrati sulla componente più antica della medicina: la centralità della persona umana.

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