Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Bruna Szego, Capo Unità Supervisione e normativa antiriciclaggio Banca d’Italia: “Ecco come cambia la vigilanza antiriciclaggio in Europa” | L’intervento

Riportiamo il testo integrale dell’intervento di Bruna Szego, Capo dell’Unità di Supervisione e normativa antiriciclaggio della Banca d’Italia, al workshop “Nuovi scenari AML – La Banca d’Italia incontra il mercato”

Introduzione

«Ringrazio il dott. Angelini per il suo saluto di apertura, che ci ha ricordato come l’evento di oggi affronti temi di grande attualità nel dibattito internazionale: la vigilanza antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo è a un momento di svolta ed è quindi opportuno farsi trovare preparati alle novità che ci attendono.

In questo mio intervento vorrei riprendere e approfondire alcuni spunti che il dott. Angelini ha citato, offrendovi alcune riflessioni aggiuntive sul contesto in cui la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo si svolge oggi, sui nuovi rischi che deve affrontare, sui principali cantieri che la nuova Unità di Supervisione e Normativa Antiriciclaggio ha avviato per rafforzare la propria azione. Vorrei poi fare qualche considerazione sulle tre tavole rotonde che seguiranno e sull’importanza dei temi che tratteranno. Per brevità, utilizzerò i termini “riciclaggio” o “antiriciclaggio” per intendere anche il finanziamento del terrorismo e il suo contrasto.

La vigilanza antiriciclaggio è, in misura crescente, al centro del dibattito globale ed europeo sul sistema finanziario. È all’attenzione degli standard setters internazionali, del legislatore europeo e nazionale, delle autorità di vigilanza, dell’industria, dell’accademia e dell’opinione pubblica in generale. L’interesse è motivato da una pluralità di ragioni. Primo, una lotta efficace al riciclaggio è un requisito essenziale per assicurare l’integrità del sistema economico e finanziario: il reimpiego di denaro di provenienza illecita altera il corretto funzionamento dei meccanismi di allocazione delle risorse, può pregiudicare la tenuta del tessuto imprenditoriale, frenare la crescita, incidere in modo rilevante sulla stabilità degli intermediari.

Secondo, come già ricordava il dott. Angelini, la vigilanza antiriciclaggio è al centro di importanti cambiamenti. Da un lato, ci sono fattori di “contesto”, come l’incertezza geopolitica, il quadro macroeconomico, la rivoluzione digitale, che aumentano i rischi di riciclaggio o li rendono più difficili da intercettare; dall’altro, ci sono le risposte normative e istituzionali che l’Europa sta approntando, tra cui spicca il negoziato in corso sul cd. AML package, che segnerà un decisivo cambio di passo della vigilanza antiriciclaggio in Europa. Su questi elementi – la rilevanza del fenomeno, i nuovi rischi, la risposta dell’Europa – spenderò qualche parola in più.

La rilevanza del riciclaggio e i nuovi fattori di rischio

Quantificare la dimensione del riciclaggio di denaro non è semplice, perché richiede di misurare un fenomeno complesso e sfuggente come l’economia illegale, che per definizione cerca di non lasciare traccia e ignora qualsiasi forma di censimento; anche le stime prodotte da diverse istituzioni risentono di metodologie differenti e possono quindi portare a valori anche molto diversi.

Secondo un’analisi risalente del Fondo Monetario Internazionale, che tuttavia costituisce ancora la base di analisi più recenti, i proventi delle attività criminali a livello globale si attesterebbero ogni anno in un intervallo compreso tra il 2 e il 5 per cento del PIL mondiale. Per l’Europa, questo valore sarebbe dell’1 per cento del PIL europeo, secondo i dati dell’Europol riferiti al 2017; l’andamento sarebbe crescente: in base alle analisi della European Union Agency for Criminal Justice i casi di riciclaggio sarebbero più che raddoppiati nel periodo 2016-2021.

Per l’Italia, l’Istat stima che nel 2020 il valore delle attività illegali (un insieme che considera solo alcuni fenomeni criminali) – fosse pari a circa l’1 per cento del PIL. L’analisi nazionale sui rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo (National Risk Assessment – NRA), aggiornata nel 2019, segnala tuttavia che, a seconda della metodologia di valutazione utilizzata, l’entità delle attività illegali può variare di molto e raggiungere valori sino al 12 per cento del PIL.

Al di là delle difficoltà di misurazione il fenomeno appare comunque rilevante, anche per gli effetti che può produrre sulla crescita e sullo sviluppo economico. Analisi condotte nel 2015 sullo sviluppo economico di alcune regioni meridionali stimano che, su di un orizzonte temporale di 30 anni, l’insediamento delle organizzazioni criminali in quelle regioni ha generato una riduzione del PIL pro capite pari a circa il 16 per cento. Studi più recenti confermano questa evidenza: nel confronto tra province, un maggiore livello di infiltrazione criminale risulta associato a minori tassi di crescita dell’occupazione e del prodotto.

Quanto ai fattori di rischio emergenti, va ricordato che il livello di infiltrazione criminale nell’economia e il rischio di riciclaggio possono essere influenzati da fattori congiunturali e da cambiamenti strutturali. Secondo l’ultimo Rapporto della Commissione Europea sui rischi di riciclaggio nell’Unione (il cd. Supranational Risk Assessment)9, in Europa tre fattori sono, o sono stati, rilevanti: la pandemia da Covid-19, l’aggressione russa all’Ucraina, la spinta alla digitalizzazione dell’economia e dei servizi finanziari.

Durante il periodo pandemico il rischio di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle attività produttive sarebbe cresciuto: la maggiore vulnerabilità economico-finanziaria delle imprese nei settori maggiormente colpiti dalla crisi pandemica potrebbe aver favorito la loro acquisizione e/o il loro finanziamento da parte della criminalità. Anche le ingenti risorse stanziate per favorire la ripresa dopo la pandemia (a livello europeo, l’iniziativa Next Generation EU; a livello nazionale, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) potrebbero accrescere i rischi di infiltrazione criminale nell’utilizzo dei fondi pubblici; prime evidenze e segnalazioni di operazioni sospette pervenute all’Unità di Informazione Finanziaria sembrano confermare questa indicazione.

Inoltre, l’applicazione delle sanzioni internazionali decise in risposta all’aggressione della Russia all’Ucraina – e i conseguenti possibili tentativi di eluderla – avrebbe aumentato l’uso di strutture societarie complesse e opache, che rendono particolarmente difficile individuare il titolare effettivo con conseguenti ricadute negative sull’efficacia dell’azione di prevenzione. Con riguardo alla rivoluzione tecnologica, la spinta senza precedenti alla digitalizzazione dei servizi finanziari e di pagamento rende non solo l’industria finanziaria, ma anche l’attività criminale più transnazionale, tecnologicamente più sofisticata e in grado di sfruttare a proprio vantaggio le nuove tecnologie e asset-class create dall’innovazione.

L’esempio più eloquente è forse rappresentato dai crypto-assets. Da analisi dell’Europol emerge il loro utilizzo crescente per dissimulare la provenienza di fondi e limitarne la tracciabilità, anche con finalità di elusione delle sanzioni finanziarie internazionali. L’innovatività del crimine finanziario è anche all’attenzione del Financial Stability Board e del GAFI; questo segnala, in particolare, nuove forme di criminalità che sfruttano il dark web e utilizzano crypto-assets per incassare e/o riciclare i proventi di attacchi informatici. Tutto ciò accade in ragione delle caratteristiche delle cripto-attività – il loro “pseudo-anonimato”, la loro portata intrinsecamente globale, la velocità delle transazioni, eseguibili anche senza l’intermediazione di soggetti vigilati – e del persistere di gap normativi a livello internazionale.

Come cambia la vigilanza antiriciclaggio in Europa

Questi elementi di contesto – rischi di riciclaggio di rilevanza crescente, sempre più transnazionali, innovativi e difficili da cogliere – stanno cambiando la vigilanza antiriciclaggio, soprattutto in Europa. Come già ricordato dal dott. Angelini, contrastare fenomeni di questa portata con norme e controlli solo nazionali è evidentemente una soluzione perdente. Per questo motivo, con l’adozione del Piano d’azione della Commissione del 2020, in Europa è stata avviata una profonda revisione dell’assetto complessivo della supervisione antiriciclaggio, che troverà il punto di arrivo nella conclusione del negoziato sulla nuova normativa. Cooperazione più efficace tra Autorità, maggiore convergenza delle prassi di vigilanza, armonizzazione più spinta delle regole e previsione di una Autorità europea sono i principali fattori di cambiamento che hanno guidato il Piano. Su di essi mi soffermo brevemente.

Il primo è la crescente cooperazione fra Autorità, sia tra autorità antiriciclaggio, sia tra queste e quelle di diversa natura (prudenziali, investigative), tanto a livello nazionale quanto a livello europeo e internazionale. L’assenza di una collaborazione strutturata tra Autorità e l’esistenza, in alcuni Paesi, di vincoli allo scambio di informazioni hanno rappresentato elementi di forte debolezza, emersi anche negli scandali che hanno visto alcune banche europee coinvolte nell’esecuzione di operazioni illecite. Questi episodi hanno anche messo in luce i riflessi che i rischi di riciclaggio possono produrre sul piano prudenziale e sulla stabilità degli intermediari e, in alcuni casi, sulla loro stessa permanenza sul mercato, e la necessità di un dialogo continuo e costante tra autorità antiriciclaggio e prudenziali.

La previsione di specifici obblighi di scambio di informazioni e di collaborazione tra Autorità, l’istituzione di collegi di supervisione antiriciclaggio, la stipula di protocolli tra Autorità prudenziali e antiriciclaggio rappresentano importanti iniziative adottate di recente, per favorire e rafforzare la cooperazione. In prospettiva, la vigilanza diretta dell’AMLA realizzerà un importante passaggio verso una visione integrata dei rischi di riciclaggio dei gruppi più rilevanti in Europa; per questi intermediari, accentrati presso la nuova Autorità, renderà inoltre più fluida la cooperazione tra vigilanza prudenziale e antiriciclaggio.

Il secondo fattore di cambiamento riguarda le prassi e i modelli di analisi con cui condurre una vigilanza antiriciclaggio basata sul rischio. Le linee guida dell’EBA14, riviste nel 2021, hanno gettato le basi per una progressiva armonizzazione di questi aspetti e hanno fornito alle Autorità antiriciclaggio orientamenti da seguire nel formulare, attuare, rivedere e potenziare il proprio modello di vigilanza. In prospettiva, questo compito spetterà all’AMLA, sia per orientare e uniformare l’attività di controllo sui soggetti che rimarranno vigilati a livello nazionale, sia per selezionare e vigilare quelli che verranno accentrati a livello europeo.

L’obiettivo di questo percorso è adottare metodi di analisi e prassi che sappiano cogliere tutti i rischi – tradizionali ed emergenti – cui possono essere esposti gli intermediari e consentire la loro valutazione sia a livello macro (con analisi di sistema e settoriali), sia a livello micro (sui singoli intermediari e sui gruppi). Approcci più rigorosi, che guardano anche al rischio complessivo di gruppo e non solo a quello del singolo intermediario, è la strada – condivisibile – che si sta imboccando.

Il terzo fattore di cambiamento è la revisione della normativa e dell’architettura dei controlli antiriciclaggio attualmente in discussione in Europa. Al termine di questo processo si passerà a una vigilanza dai forti tratti sovranazionali, basata su un single rulebook e affidata a una nuova autorità antiriciclaggio Europea (cd. Anti-Money Laundering Authority, AMLA) con compiti di supervisione sia sul settore finanziario, sia su quello non finanziario, e compiti di coordinamento dell’attività delle unità di informazione finanziaria nazionali. L’istituzione dell’AMLA e il conseguente riparto di compiti con le autorità nazionali comporterà la realizzazione di un sistema “hub-and-spokes” e un approccio di vigilanza antiriciclaggio davvero integrato nell’Unione.

I lavori sul negoziato stanno entrando ora nella fase conclusiva. Alcuni elementi, anche importanti, del futuro assetto istituzionale sono ancora incerti – mi riferisco ad esempio alla scelta della sede e al raggio d’azione dell’AMLA – ma è chiaro che si tratta di un cambiamento epocale. Una volta concluso il negoziato, si dovranno poi modificare le regole nazionali sia per adeguarle ai nuovi regolamenti, sia per recepire la nuova direttiva.

Nel complesso con l’istituzione dell’AMLA si profilano anche per gli intermediari importanti cambiamenti, con i quali dovranno confrontarsi. Come ricordavo, l’AMLA si doterà di una metodologia armonizzata per valutare i rischi di riciclaggio a livello di sistema, settoriale e individuale, basata su un articolato set di dati; adotterà prassi di vigilanza omogenee per tutti gli intermediari europei, sia accentrati sia vigilati a livello nazionale. Inoltre, creerà team di vigilanza cartolare e ispettiva per gli intermediari accentrati e gestirà, per questi intermediari, il sistema di enforcement. La Banca d’Italia ha partecipato proattivamente a tutti i passaggi che stanno segnando l’evoluzione del sistema di vigilanza europeo; attualmente, sta fornendo il proprio contributo tecnico al Governo nel negoziato.

Come ha ricordato il dott. Angelini, per affrontare le novità che ci attendono come Autorità ci siamo riorganizzati, con la costituzione della nuova Unità di Supervisione e Normativa Antiriciclaggio che ho il privilegio di dirigere; tra i progetti strategici siamo, tra l’altro, impegnati nella revisione delle nostre metodologie di analisi dei rischi di riciclaggio, tenendo conto delle indicazioni che vengono dalle linee guida dell’EBA e dal negoziato in corso. Il nuovo modello si articolerà in una valutazione dei rischi a livello settoriale (basata su una classificazione degli intermediari finanziari per tipologia di attività) e in una valutazione a livello individuale (che definirà un punteggio di rischio per ciascun intermediario). I lavori sono quasi conclusi, e contiamo di utilizzare le nuove metodologie a partire dal prossimo ciclo di analisi, relativo al 2022. Parallelamente è in corso la revisione della guida di vigilanza.

Lo sviluppo del nuovo modello, che utilizza un’ampia gamma di informazioni, ha molto beneficiato della vostra collaborazione. Alla fine dell’anno scorso abbiamo sottoposto un questionario a un campione ampio di intermediari; le informazioni raccolte, insieme ai dati di cui già disponiamo da altre fonti, sono stati fondamentali per sviluppare nuovi indicatori di rischio, per aggiornare gli algoritmi di analisi e per definire analisi settoriali specifiche per le diverse categorie di intermediari e modelli di business. Colgo quindi l’occasione per ringraziare chi ha partecipato all’indagine, per la disponibilità dimostrata e per la qualità dei dati forniti; a maggio invieremo a tutto il sistema una nuova versione del questionario, leggermente rivista per tenere conto dei suggerimenti che ci avete fornito, in modo da raccogliere i dati sul 2022.

I temi delle tavole rotonde

I fattori di cambiamento che ho prima ricordato richiedono di comprendere e delineare le tendenze e gli scenari evolutivi che attendono le Autorità e l’industria. Ed è proprio su questo che oggi abbiamo il piacere di confrontarci con voi nelle tre tavole rotonde che abbiamo proposto. Prima di passare al contenuto delle tavole rotonde, vorrei fare una premessa sull’approccio che a mio avviso ci deve guidare nell’affrontare i cambiamenti. Di fronte a regole, linee guida e prassi che sono sempre più soltanto europee penso sia importante riuscire a essere incisivi nella fase in cui queste vengono discusse e prodotte, anche sfruttando le consultazioni pubbliche che le istituzioni europee organizzano. Una volta approvate, è necessario assicurare che siano recepite fedelmente e evitare di norma di introdurre specificità nazionali.

La prima tavola rotonda è dedicata a temi di attualità che derivano da regole o linee guida europee, e riguardano la governance e il sistema dei controlli interni, l’adeguata verifica a distanza della clientela e le scelte organizzative in materia di esternalizzazione. Con riferimento alla governance e ai controlli interni, rilevano innanzitutto le nuove linee guida EBA sul ruolo dei responsabili antiriciclaggio, che incidono sugli assetti del consiglio di amministrazione e delle funzioni di controllo. Disporre di strutture di governance robuste e di processi di controllo efficaci è un requisito essenziale per assicurare una gestione sana e prudente e preservare l’integrità degli intermediari; lo è a maggior ragione in questa fase in cui il mercato sta sperimentando forti sollecitazioni su vari fronti, non solo sull’antiriciclaggio, ma anche su molte altre dimensioni: penso ad esempio alle transizioni verde e digitale.

Una delle novità più importanti prevista dalle linee guida è l’introduzione di un componente del consiglio di amministrazione responsabile per l’antiriciclaggio; è essenziale che gli intermediari colgano questa opportunità per rafforzare la consapevolezza e la sensibilità dell’intero consiglio sull’esposizione al rischio di riciclaggio, sulle modalità con cui gestirlo, sull’interazione tra questo e gli altri rischi.

Molto rilevanti sono anche le nuove linee guida EBA in materia di operatività a distanza. La trasformazione digitale dei servizi finanziari, accelerata dalla pandemia, ha modificato la relazione fra intermediari e clientela, rendendo il contatto fisico meno rilevante e incentivando quello a distanza. Dai dati del questionario emerge che, nel 2021, la quota di nuovi clienti identificata a distanza era pari in media al 7 per cento per il complesso degli intermediari, 10 per cento nelle banche, quasi un quarto nelle SIM. Intendiamo recepire le nuove linee guida tempestivamente, consapevoli dell’importanza di irrobustire i presidi antiriciclaggio nell’operatività a distanza.

Un altro aspetto che tratterà la tavola rotonda riguarda l’esternalizzazione; si tratta di un tema che riveste ormai un’importanza strategica per gli intermediari. Il crescente utilizzo di terze parti richiede di riflettere – anche alla luce delle novità che si profilano nel Regolamento AML ora in discussione in Europa – sull’equilibrio desiderabile fra l’efficienza che l’esternalizzazione di compiti o funzioni può produrre e la necessità di presidiarne adeguatamente i rischi.

Andrà valutato se sia possibile introdurre fin d’ora nella nostra regolamentazione alcuni ulteriori elementi di flessibilità previsti nelle future regole europee. La seconda tavola rotonda affronta il tema dei rischi tradizionali e emergenti. Su questi aspetti ho già svolto qualche riflessione all’inizio di questo mio intervento; aggiungo solo che si tratta di un tema su cui è opportuno e necessario che Autorità e mercato si confrontino, per avere una visione il più possibile completa di come questi rischi sorgono e evolvono; di qual è – e potrà essere – la loro rilevanza; di come gestirli.

La terza tavola rotonda è dedicata alla supervisione. Sui lavori che abbiamo avviato per potenziare le nostre capacità di analisi mi sono già soffermata; vorrei qui aggiungere che rimane centrale il ruolo degli intermediari, nello strutturare presidi antiriciclaggio adeguati alle proprie caratteristiche. Da questo punto di vista, è cruciale l’autovalutazione, che non va intesa come un mero adempimento normativo, ma come uno strumento fondamentale per identificare, quantificare, mitigare e gestire i rischi. Dalle nostre analisi emerge un’elevata eterogeneità nella qualità delle autovalutazioni prodotte dagli intermediari; la discussione di oggi potrà fornire utili indicazioni per migliorarne il contenuto, il processo con cui vengono prodotte, e l’utilizzo.

Concludo ricordando l’ulteriore tema che verrà trattato in questa tavola rotonda e che è all’attenzione dei policy-maker e delle Autorità: il de-risking. L’EBA ha sottolineato che la decisione degli intermediari di astenersi da rapporti con intere categorie di clienti perché considerate a priori ad alto rischio, è segno di una gestione inefficace se non è accompagnata da una analisi dell’effettivo profilo del singolo cliente. È quindi cruciale riflettere sul trade‐off tra l’esigenza di contenere il rischio e quella di evitare fenomeni di esclusione finanziaria, e sugli strumenti necessari per trovare il giusto equilibrio».

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.