Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[L’intervento] Giuseppe Siani (Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia): «Oggi abbiamo meno banche e più piccoli soggetti finanziari non bancari, specie nel risparmio gestito, con conseguente aumento dei rischi»

Riportiamo integralmente l’intervento dal titolo “Rischi e innovazione: l’approccio della Vigilanza” di Giuseppe Siani, Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia, al Convegno “Supervision, Risks & Profitability” organizzato dall’Associazione Bancaria Italiana a Milano.

Introduzione

Il sistema bancario e finanziario svolge un ruolo essenziale in questa fase storica, essendo chiamato a contribuire, insieme alle risorse del PNRR, al finanziamento dell’economia, della transizione verde e digitale del nostro Paese. In questo nuovo scenario, l’azione della supervisione è volta a monitorare la sana e prudente gestione degli intermediari, identificare i possibili nuovi rischi e, ove necessario, intervenire per migliorare la capacità di affrontare i cambiamenti in corso a livello globale, in linea con quanto avviene a livello europeo e internazionale.

La Vigilanza stabilisce le proprie priorità sulla base dell’analisi dei rischi attuali e prospettici; essa persegue inoltre la massima integrazione fra i vari compiti di vigilanza e la piena coerenza con quanto stabilito dal Meccanismo di Vigilanza Unico (MVU), pur tenendo conto del più ampio portafoglio di funzioni e responsabilità attribuite alla Banca d’Italia nel contesto nazionale. Rilevano in particolare per il prossimo triennio: l’evoluzione del rischio creditizio riferito all’intero sistema finanziario; il monitoraggio dell’innovazione tecnologica, unitamente all’attività dei fornitori di funzioni critiche per il sistema; la sostenibilità del modello di business, anche nella fase di ingresso nel mercato; i sistemi di governo aziendale e le relative implicazioni per favorire la transizione climatica.

Dal punto di vista operativo, l’attività di vigilanza segue un processo circolare in cui i vari elementi (regole, metodologie, attività di analisi e controllo, identificazione e monitoraggio dei rischi) si alimentano e si integrano a vicenda: da un lato, le regole definiscono standard per gli operatori e le metodologie guidano le attività di analisi e controllo della Banca d’Italia, così come quelle del MVU; dall’altro, l’esperienza maturata nell’analisi dei rischi degli intermediari e dei mercati di riferimento, nonché nello svolgimento dell’azione di vigilanza operativa, favorisce l’aggiornamento nel tempo delle metodologie, degli standard prudenziali e delle regole, in cooperazione con le altre autorità di controllo.

In questo contesto, la dimensione e la complessità degli intermediari è da sempre all’attenzione della Banca d’Italia, non solo nel recepimento della normativa prudenziale e nella semplificazione degli obblighi, ma anche nell’applicazione delle metodologie di analisi e nella conseguente azione di vigilanza. Il principio di proporzionalità trova tuttavia un limite prudenziale in quello che può emergere dall’analisi dei rischi, a livello di singolo intermediario e di stabilità del sistema nel suo complesso, soprattutto alla luce dei profondi cambiamenti in corso nel sistema finanziario.

Profili di rischio e attività di vigilanza nel sistema finanziario tradizionale

La Banca d’Italia esercita la supervisione diretta, di tipo prudenziale, di prevenzione del coinvolgimento inconsapevole in attività di riciclaggio e di tutela del consumatore su un numero elevato di intermediari. Essi si caratterizzano per uno status giuridico, un’esposizione ai rischi e un rapporto con l’innovazione molto variegati, che richiedono metodologie e approcci dedicati, nonché lo svolgimento di analisi orizzontali in grado di cogliere anche le possibili interconnessioni di rischio.

A fine 2021 il sistema bancario italiano era costituito da più di 200 intermediari, numero che si è ridotto notevolmente negli ultimi anni per effetto di operazioni di concentrazione, in particolare per la riforma del credito cooperativo. Tale riforma riflette la peculiarità del sistema di riferimento e ha permesso alle singole BCC di rafforzare i meccanismi di governo interno e di monitoraggio dei rischi e la dotazione patrimoniale, nella misura e con la rapidità imposte dalla regolamentazione e dalle condizioni di mercato, pur mantenendo le caratteristiche mutualistiche tipiche.

Allo stesso tempo, sono cresciuti ruolo e rilevanza dei soggetti non bancari, che erano più di 600 alla fine del 2021. La crescita è avvenuta soprattutto sul versante del risparmio gestito, rendendo sempre più pressante l’esigenza di un quadro normativo e di controlli più efficace, a livello nazionale e internazionale. È risultato sostenuto, anche se di dimensioni ancora contenute, lo sviluppo dei fondi di investimento alternativi (FIA); il patrimonio netto del settore è passato da 9 a 30 miliardi nel periodo 2015-2021 e il numero di FIA è più che raddoppiato.

È risultato sostenuto, anche se di dimensioni ancora contenute, lo sviluppo dei fondi di investimento alternativi (FIA); il patrimonio netto del settore è passato da 9 a 30 miliardi nel periodo 2015-2021 e il numero di FIA è più che raddoppiato. L’aumento ha riguardato, in particolare, il comparto del private equity e quello dei private debt (ossia fondi che investono in crediti e titoli di debito non quotati). I rischi derivanti dall’attività dei FIA italiani rimangono contenuti, per i bassi livelli di leva e per i presidi a fronte del rischio di illiquidità. Anche il comparto dei fondi di credito, seppur su livelli dimensionali di molto inferiori, registra un’evoluzione che va monitorata con attenzione, anche con interventi specifici di supervisione.

Lo sviluppo della componente non bancaria del sistema rappresenta un aspetto positivo, in linea con gli interventi legislativi volti a favorire la crescita di canali di finanziamento dell’economia complementari rispetto a quello bancario. La digitalizzazione ha sicuramente svolto un importante ruolo in questo contesto, contribuendo ad aumentare la gamma dei prodotti, migliorandone le caratteristiche in base alle esigenze della clientela, e promuovendo l’inclusione dei soggetti poco o per nulla serviti dal sistema tradizionale.

Allo stesso tempo, la proliferazione di intermediari non bancari di piccola dimensione ha reso il sistema finanziario più frammentato, con potenziale maggiori rischi idiosincratici (es. cyber risk, governance) e del sistema nel suo complesso. Ciò accresce l’esigenza di monitorare le interconnessioni tra sistema bancario e gli intermediari finanziari, nelle varie forme in cui esse possono manifestarsi (finanziamenti diretti, investimenti, partecipazioni, etc). L’esperienza passata conferma che possibili situazioni di crisi nel comparto non bancario possono influenzare i profili di rischio delle banche e il corretto funzionamento del sistema nel suo complesso.

Nei confronti di questo ampio novero di soggetti, la Banca d’Italia svolge un’attività di vigilanza molto intensa, in autonomia e in collaborazione con le competenti autorità estere, ivi incluso il MVU. Nel 2021, sono stati effettuati circa 16 mila interventi, tra lettere, incontri, approfondimenti, e oltre 120 ispezioni.

Il monitoraggio dei rischi è continuo: il profilo creditizio delle banche mostra indicatori al momento non negativi, soprattutto nel confronto con gli anni passati. A marzo 2022, lo stock di crediti deteriorati era pari a euro 82,9 mld in termini lordi, a euro 39,8 miliardi al netto delle rettifiche1. L’incidenza dei crediti deteriorati (NPL, non performing loans) sul totale dei finanziamenti (a marzo 2022 pari all’1,6%, al netto delle rettifiche di valore) si è portata su un livello inferiore a quello osservato prima dell’avvio della crisi finanziaria globale e pressoché in linea con la media dei principali paesi dell’area dell’euro. L’NPL ratio netto per le banche significative è pari all’1,4%, mentre quello per le banche meno significative è il 3,9%, evidenziando una maggiore difficoltà relativa per gli intermediari minori a perseguire efficaci politiche di riduzione dei crediti deteriorati.

Il tasso di deterioramento dei prestiti, rimasto su livelli contenuti nel periodo della pandemia, ha risentito solo lievemente della graduale scadenza delle moratorie: circa due terzi delle società che ne hanno beneficiato è già tornata a rispettare pienamente il servizio del debito. La classificazione a NPL ha riguardato circa il 6% delle esposizioni per le quali era stata concessa una misura di moratoria; negli altri casi si osservano ritardi nei pagamenti, sui quali sono in corso approfondimenti.

In generale, le condizioni con cui gli intermediari si trovano ad affrontare questo periodo non facile sono più favorevoli rispetto al passato. La decisa azione di vigilanza sulle banche meno significative ha portato a un complessivo miglioramento del settore, pur permanendo aree di criticità. Tuttavia, il conflitto Russia/Ucraina e le tensioni sul fronte inflazionistico fanno emergere l’esigenza di aumentare ulteriormente il presidio sul rischio di credito, informatico e cibernetico, nonché sulle conseguenze dell’evoluzione dei tassi di mercato.

Considerando gli attuali elementi di incertezza, si conferma l’esigenza che le banche perseguano politiche di classificazione e provisioning prudenti, sfruttando le potenzialità dell’IFRS9, e valutino con cautela eventuali politiche distributive degli utili che potrebbero non essere del tutto in linea con l’obiettivo di sostenere nel tempo i livelli di dotazione patrimoniale. L’aumento della volatilità sui mercati e dei tassi di interesse, che potrebbe anche avere effetti positivi sulla redditività, incrementano l’esposizione ai rischi di mercato, con potenziali perdite in conto capitale sul portafoglio titoli. Inoltre, pur non avendo rilevato al momento una maggiore incidenza di attacchi cyber, grazie anche ai significativi investimenti in sicurezza, è necessario rafforzare i controlli e le misure di mitigazione dei rischi, con particolare riguardo ai piani di continuità operativa e di ripristino dei servizi critici.

Nel corso degli anni, la riduzione delle partite anomale ha superato anche le stime contenute nelle strategie di riduzione formulate dalle stesse banche – significative e meno significative – e che sono inviate con cadenza annuale alle autorità di supervisione.

Dal 2017 al 2021, le vendite da parte delle banche italiane, in termini lordi, sono state pari a circa 200 miliardi di euro, principalmente concentrate su esposizioni a sofferenza. Le cessioni sono proseguite anche nel corso della pandemia (più di 30 miliardi nel 2020 e 21 miliardi nel 2021). Con specifico riferimento alle sofferenze, la maggior parte delle cessioni è avvenuta tramite cartolarizzazioni per un valore complessivo superiore a 100 miliardi di euro negli ultimi 5 anni, accompagnate in modo crescente dall’emissione di garanzie statali a beneficio dei detentori dei titoli senior (GACS).

Il mercato secondario del credito si è sviluppato in misura significativa grazie anche al progressivo affinamento delle tecniche di valutazione dei portafogli e all’introduzione della segnalazione sulle sofferenze promossa dalla Banca d’Italia, che hanno contribuito ad attenuare le asimmetrie informative tra banche e investitori. Ciò si è riflesso favorevolmente anche nella dinamica dei prezzi di cessione, che non hanno risentito dell’aumento dei volumi di cessione e sono in media aumentati, permettendo di ridurre il gap tra i recovery rates, più favorevoli, della gestione interna e quelli delle esposizioni cedute sul mercato secondario.

Il comparto non bancario ha svolto un ruolo molto importante nel favorire la riduzione dei crediti deteriorati del sistema bancario; gli NPL trasferiti dalle banche sono quindi chiaramente ancora presenti nel sistema finanziario e rimangono pertanto all’attenzione della supervisione, attraverso la raccolta di dati sistematici per i servicers e gli specifici interventi di vigilanza, con riferimento sia alle fasi di recupero, sia alla creazione di nuovi soggetti nel comparto del risparmio gestito.

L’obiettivo della supervisione è quello di valutare l’operatività e l’adeguatezza degli assetti organizzativi, anche attraverso analisi comparative di tipo orizzontale, e l’identificazione di possibili margini di miglioramento del quadro regolamentare vigente. Ciò al fine di incrementare l’efficienza del mercato secondario e agevolarne il corretto funzionamento, per promuovere la stabilità complessiva del sistema e nel contempo salvaguardare la tutela della clientela.

La normativa nazionale stabilisce al momento che l’attività di servicing sia limitata a banche e intermediari finanziari al fine di assicurare effettivi presidii di controllo su tali operazioni mediante il coinvolgimento diretto di soggetti specializzati vigilati. Tuttavia l’attività operativa della Vigilanza ha fatto emergere prassi non sempre in linea con le disposizioni normative. In particolare, le attività di servicing sono in alcuni casi affidate a due distinti soggetti: il “master-servicer”, soggetto vigilato responsabile dei soli compiti di garanzia, non delegabili, previsti dalla legge n. 130/99; lo “special servicer”, operatore incaricato delle attività di recupero, titolare di licenza secondo le leggi di pubblica sicurezza, ma non vigilato dalla Banca d’Italia.

Tali prassi attribuiscono un ruolo meramente formale al servicer vigilato, con conseguente incertezza   nell’individuazione   del   perimetro   delle   responsabilità. Con la comunicazione pubblicata dalla Banca nello scorso mese di novembre si è dunque segnalata ai servicers vigilati l’esigenza di porre la massima attenzione alla valutazione delle conseguenze che tali schemi operativi determinano sui propri profili di responsabilità e di rischio e, in generale, sulla trasparenza e l’affidabilità del mercato delle cartolarizzazioni.

Per ciò che riguarda l’andamento delle operazioni di cartolarizzazione in essere, l’analisi in corso condotta anche sulla base delle nuove evidenze segnaletiche sembra mostrare finora limitati profili di criticità; i ritardi rispetto ai business plan iniziali sono più frequenti per le operazioni meno recenti, che sembrano risentire delle difficoltà iniziali riscontrate dagli operatori nell’elaborazione delle stime e dei rallentamenti nei recuperi rilevati durante il periodo pandemico.

La recente revisione della normativa europea su cessione e gestione dei crediti potrà contribuire ulteriormente all’armonizzazione e allo sviluppo del mercato secondario degli NPL nell’ambito di un definito perimetro normativo e di vigilanza; vi sono tuttavia aspetti che necessitano di scelte a livello nazionale, in grado di incidere sul grado di regolamentazione di alcune attività e per alcune categorie di crediti ceduti.

L’innovazione tecnologica e la finanza

L’innovazione tecnologica ha creato attività e servizi che integrano l’operatività finanziaria tradizionale e, attenuando la tradizionale separazione dei rischi, rendono più difficoltosa l’individuazione dei soggetti effettivamente esposti ai rischi e degli elementi della catena del valore da presidiare. Inoltre, il quadro normativo e le relative responsabilità istituzionali sono in profonda evoluzione, e le relative tempistiche di implementazione possono essere anche lunghe e complesse: esse richiedono negoziazioni delicate e articolate, alla ricerca di un opportuno equilibrio tra l’esigenza di non ostacolare l’innovazione in corso da un lato, e di garantire adeguati presidii per la stabilità del sistema, dall’altro.

Le proposte volte a promuovere l’armonizzazione della regolamentazione sono ampiamente condivisibili e la Banca d’Italia partecipa attivamente con il proprio contributo alla definizione del quadro normativo internazionale, portando la propria esperienza e il proprio know-how. L’approccio comunemente adottato dai vari regolatori e organismi internazionali è quello della neutralità organizzativa e tecnologica, ma la tenuta di questo principio andrà attentamente valutata anche nelle fasi di disegno delle norme, attese le specificità che spesso le diverse soluzioni tecnologiche presentano.

Tuttavia, la supervisione non sempre può attendere di disporre di uno strumentario normativo completo. I fenomeni nel mercato si muovono velocemente, i rischi si manifestano, in modo anche improvviso e repentino, e richiedono risposte immediate, anticipatorie e talvolta integrative rispetto a quanto si va delineando nel dibattito regolamentare. La sfida per la supervisione è oggi più che mai complessa ed è necessario pertanto adeguare i relativi approcci operativi.

Si fa riferimento in particolare a tre profili dell’attività di vigilanza in corso: nei confronti degli intermediari, dei fornitori di servizi esternalizzati e del business delle crypto-attività.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’Indagine fintech2 della Banca d’Italia ha confermato come gli investimenti per l’innovazione siano in progressiva crescita; gli operatori tradizionali stanno attuando nuove modalità di collaborazione e partnerships con operatori fintech anche al fine di fidelizzare il rapporto con la clientela. Nel contempo, rafforzano le competenze interne, acquisendo professionalità ad alto valore aggiunto. Pertanto, il modello tradizionale appare destinato a essere accompagnato dallo sviluppo di forme alternative volte a soddisfare più efficacemente la domanda della clientela. L’ascesa delle banche c.d. “challenger” e di intermediari non bancari che offrono una gamma di servizi limitata ma dotati di piattaforme digitali avanzate3, rappresenta un’ulteriore spinta per le banche tradizionali a semplificare e “digitalizzare” il rapporto con la clientela.

I rischi dipendono da come ciascun intermediario intende collocarsi nella catena del valore e dallo specifico modello di business adottato. A questo fine, stiamo intensificando lo scambio di informazioni con i soggetti vigilati per disporre di un quadro quanto più possibile completo e aggiornato, per poter agire con tempestività. Allo stesso tempo, stiamo affinando le metodologie di analisi e sviluppando nuove prassi di supervisione per presidiare i rischi connessi con la tecnologia, anche sul fronte del sistema segnaletico dei gravi incidenti operativi o di sicurezza.

Con riguardo all’esternalizzazione dei servizi (outsourcing), nel 2021 l’Istituto ha condotto un importante approfondimento con l’obiettivo di ottenere informazioni più granulari per la comprensione del fenomeno, in qualche modo anticipando le tendenze in corso a livello internazionale. Sono stati censiti più di 10 mila contratti e circa 3 mila fornitori di servizi, di cui 1.800 relativi a funzioni essenziali 4.

La Banca d’Italia presta crescente attenzione al fenomeno dell’outsourcing dei servizi informatici. Tra il 2020 e il 2021 sono state svolte ispezioni tematiche su alcuni dei principali fornitori di servizi informatici per le banche meno significative, da cui sono emerse alcune aree di miglioramento riguardanti, tra l’altro, le prassi e le metodologie di controllo dei rischi di natura tecnologica e i presidi di sicurezza informatica, a fronte delle quali i fornitori hanno pianificato specifiche iniziative; i risultati sono stati condivisi con i fornitori e con le banche, alle quali è stato chiesto di rafforzare le proprie attività di controllo in materia.

Ulteriori iniziative sono in corso su questo fronte, anche in collaborazione con il MVU, nel convincimento che il focus della supervisione debba spostarsi laddove i rischi si generano, piuttosto che dove di manifestano, in una logica ispirata anche alle riflessioni in corso presso il Financial Stability Board 5.

La Banca d’Italia ha anche svolto un approfondimento volto ad identificare le caratteristiche distintive e i rischi derivanti dalla diffusione dell’Open banking nel mercato italiano. I risultati, pubblicati a novembre 20216, evidenziano ancora un limitato ricorso ai servizi della specie in termini di clienti coinvolti e transazioni eseguite (poco più di 350.000 operazioni dispositive in un semestre), sebbene il numero di providers attivi non sia trascurabile (nel secondo semestre del 2020, circa 100 operatori hanno eseguito almeno una chiamata su un’interfaccia di open banking).

I rischi legati a questi servizi sono in particolare quelli: i) tecnologici, anche per la maggiore esposizione a possibili attacchi cibernetici; ii) di tutela della clientela, in quanto l’utilizzo di canali esclusivamente digitali potrebbero limitare l’efficacia delle informazioni di trasparenza, soprattutto in tema di intervento di soggetti terzi; iii) di potenziali violazioni dei profili antiriciclaggio, che non devono essere sottovalutati nell’adozione di questi nuovi paradigmi. Il funzionamento dell’ecosistema di open banking è reso ulteriormente complesso dalla presenza di providers localizzati in altre giurisdizioni dell’Unione Europea e delle big-tech. Ciò implica la possibilità che i dati dei clienti possano essere ora memorizzati al di fuori del territorio nazionale ed eventualmente anche fuori della Unione Europea.

Per quanto riguarda le cripto-attività, il 15 giugno scorso la Banca d’Italia ha pubblicato una comunicazione in materia di tecnologie decentralizzate nella finanza e cripto-attività, rivolta a intermediari vigilati, soggetti sorvegliati, fornitori tecnologici, utenti e a tutti i soggetti che operano a vario titolo negli ecosistemi decentralizzati7. Pur se a valenza non prescrittiva, il documento intende costituire un riferimento concreto e pragmatico per orientare fin da subito, in mancanza di riferimenti normativi cogenti, il comportamento di tutti gli attori di tali ecosistemi digitali, facendo leva su quanto finora osservato nell’esperienza concreta in un’area ancora in piena evoluzione.

Essa rappresenta dunque un primo passo importante per migliorare l’attività di vigilanza su questo delicato settore di attività: la comunicazione è volta infatti a richiamare regole e prassi già applicabili, che possono costituire riferimenti utili sia nelle more dell’entrata in vigore della normativa europea in via di finalizzazione (MiCAR), sia nella fase successiva, posto che la nuova disciplina non regolerà in modo completo tutte le componenti del fenomeno.

In attesa che si definisca la regolamentazione internazionale, gli attuali framework prudenziali contengono già principi ai quali le banche e gli altri intermediari vigilati possono fin da subito fare riferimento per valutare e presidiare i rischi connessi all’eventuale avvio dell’operatività in cripto. È infatti a questi principi che ci siamo ispirati nell’azione concreta di vigilanza svolta in questi mesi. In particolare, abbiamo richiamato gli intermediari sull’esigenza di introdurre controlli e limiti nelle collaborazioni con terzi, di individuare specifici presidi a fronte del rischio di riciclaggio (intensificatisi con il conflitto russo/ucraino), di valutare con attenzione l’affidabilità dei partner prescelti, di rafforzare la gestione dei sistemi di cyber-security.

Inoltre, pur in assenza di specifiche norme di trasparenza, è stata richiamata l’attenzione degli intermediari sull’esigenza di comunicare correttamente alla clientela che le cripto-attività non sono oggetto di regolamentazione. È stata infine ribadita l’importanza di assicurare il pieno coinvolgimento delle funzioni di controllo e dei massimi organi decisionali prima di intraprendere nuove attività. Resta fermo che esistono alcune categorie di cripto-attività – a valenza speculativa e altamente rischiose – la cui diffusione resta fortemente scoraggiata.

I sistemi di governo aziendale

La governance è da sempre un’area prioritaria nell’ambito dell’attività di vigilanza della Banca d’Italia. L’indagine avviata nel 2020 sugli assetti di governo societario ha riguardato un campione selezionato di banche meno significative (LSI), individuate sulla base di diversi criteri (business model, area geografica, forma giuridica, etc) in modo da assicurarne la rappresentatività rispetto al sistema. L’approfondimento è stato poi esteso alle LSI degli altri paesi membri, nell’ambito di un’iniziativa concordata con il MVU. Sono stati in particolare approfonditi i profili di adeguatezza del Board, di funzionamento degli organi sociali e dei comitati, nonché il livello di consapevolezza dei rischi. Le evidenze emerse stanno informando il processo SREP in corso e contribuiranno a calibrare la successiva azione di vigilanza.

Le analisi hanno mostrato una composizione dei Board mediamente caratterizzata da bassi livelli di diversificazione per genere, età e competenze. Negli organi sociali delle banche selezionate le donne sono presenti in media per meno del 20% e ci sono limitatissimi casi di rappresentanti con età inferiore ai 40 anni. Sul tema della rappresentanza di genere, la Banca d’Italia è intervenuta recentemente, introducendo nel novembre scorso modifiche alla normativa nazionale in base alla quale il numero dei componenti del genere meno rappresentato dovrà essere pari almeno al 33% dei componenti degli organi con funzione di supervisione strategica e di controllo. È un aspetto sul quale concentreremo la nostra attenzione nelle prossime verifiche di vigilanza.

Quanto alle competenze distintive dei consiglieri, rileva in particolar modo la bassa presenza di esperti in risk management e in IT, tenuto conto dei progetti di trasformazione digitale in corso. In alcuni casi, è emersa inoltre una scarsa capacità dialettica nell’ambito dei Consigli di Amministrazione e posizioni egemoniche di alcuni esponenti bilanciate con difficoltà dagli altri membri, in particolare quelli non esecutivi. Si segnala anche un’attenzione maggiore alle tematiche di business, piuttosto che a quelle relative ai rischi. Inefficienze nel processo di reporting delle funzioni di controllo rischiano inoltre di minare la tempestività dell’azione del Board.

L’attenzione su questo fronte è elevata anche per il comparto degli intermediari non bancari, dove la governance ha un peso più rilevante rispetto ai tradizionali profili di adeguatezza patrimoniale. Stiamo inoltre adeguando le metodologie di vigilanza con ulteriori profili di analisi legati ad esempio ai sistemi di remunerazione, alle esternalizzazioni dei sistemi di controllo e alle relazioni con le banche depositarie.

La Banca d’Italia, insieme alle Autorità di Vigilanza a livello globale, sta stimolando gli intermediari ad accelerare l’adozione di strumenti gestionali e organizzativi adeguati al presidio dei rischi ESG. È infatti cruciale che tutti gli intermediari, bancari e non, incorporino i rischi ESG all’interno della strategia di business, della governance, dell’approccio ai rischi e dell’informativa al mercato. Sono state recentemente pubblicato le aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali, rivolte alle banche e agli intermediari non bancari; sarà avviato a breve un primo confronto con gli intermediari sul grado di rispondenza alle aspettative e sui piani di adeguamento.

È importante che gli operatori, grazie a idonei presidii interni, possano assistere le aziende impegnate nel processo di transizione con nuova finanza e adeguati servizi di consulenza. Altrettanto importante è la capacità di comunicare adeguatamente l’integrazione dei rischi climatici e ambientali nell’ambito del proprio modello strategico e operativo, evitando pratiche scorrette (e.g. greenwashing) che, al contrario, scoraggerebbero lo sviluppo della finanza sostenibile e minerebbero la reputazione degli stessi operatori.

Conclusioni

Il sistema finanziario è soggetto a significativi cambiamenti derivanti dallo sviluppo della tecnologia, dalle mutate preferenze della clientela, dall’elevata incertezza che caratterizzano l’economia e i mercati a livello mondiali. Gli intermediari stanno rivedendo le strategie di business con il coinvolgimento anche di partner esterni, modificano i processi interni, razionalizzano le reti distributive al fine di contrastare la pressione competitiva di operatori non finanziari che offrono servizi ad alto valore aggiunto e a forte contenuto tecnologico.

Tale evoluzione aumenta la complessità della tradizionale attività di vigilanza prudenziale per il numero e la natura dei soggetti operanti nel sistema finanziario e per gli elevati livelli di interdipendenza e interconnessione tra settori di attività, anche non regolamentati. Mai come in queste fasi di profondi cambiamenti è essenziale garantire un dialogo efficace con il mercato per comprendere e, se possibile, anticipare gli sviluppi della tecnologia applicata alla finanza.

Analogamente, il quadro normativo è soggetto a modifiche che mettono in discussione paradigmi consolidati nel corso del tempo volti a favorire un sistema di regole basato sulla natura legale degli intermediari. Le modifiche in corso di completamento contribuiranno a fornire un quadro di riferimento maggiormente chiaro e stabile.

Tuttavia, la supervisione deve essere in grado di agire tempestivamente, a fronte di mutamenti che sono già in atto e producono ricadute sui profili di rischio degli intermediari. È necessario quindi adattare gli strumenti di controllo che, basandosi sull’integrazione di competenze e risorse specializzate in diversi comparti, rafforzino il monitoraggio dei rischi e permettano di scegliere le risposte regolamentari e di supervisione più appropriate.

Allo stesso tempo, si accentua l’esigenza di rafforzare l’analisi orizzontale, che attenui la logica della supervisione per soggetti, per rafforzare l’approccio per funzione. A questo proposito, si stanno intensificando le collaborazioni e i confronti con le autorità degli altri paesi, nel tentativo di cogliere segnali di rischio rilevanti, influenzare il dibattito internazionale e provare a concordare misure e approcci rispetto a fenomeni di natura trasversale.

In questo ambiente ad alta complessità, assetti di governo adeguati contribuiscono in modo cruciale a sostenere gli intermediari nell’affrontare in modo efficace le molteplici sfide poste dal contesto. Nel rispetto delle proprie responsabilità di vigilanza, la Banca d’Italia contribuisce al processo di trasformazione in corso al fine di preservare la sana e prudente gestione degli intermediari e la tutela della stabilità finanziaria nel suo complesso.

Note
  1. Il dato è comprensivo delle evidenze relative alle filiazioni di banche estere operanti in Italia.
  2. https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-fintech/2021/2021-FINTECH-INDAGINE.pdf
  3. Si fa riferimento ad esempio al fenomeno del “buy now pay later”, offerto sulle principali piattaforme di e-commerce.
  4. Le funzioni più frequentemente esternalizzate comprendono i servizi amministrativi e gli adempimenti di vigilanza (oltre il 18 per cento del totale), i sistemi informativi (17 per cento circa), le attività relative al credito (13 per cento circa) e ai rapporti con la clientela (oltre il 9 per cento).
  5. https://www.fsb.org/wp-content/uploads/P140621.pdf
  6. https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/analisi-sistema/approfondimenti-banche-int/2021- PSD2-Open-Banking.pdf
  7. https://www.bancaditalia.it/media/notizia/comunicazione-della-banca-d-italia-in-materia-di- tecnologie-decentralizzate-nella-finanza-e-cripto-attivit/
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