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Maria Sanvito, co-founder FattorMia: “Raccontiamo la storia delle piccole aziende agricole e educhiamo alla consapevolezza ambientale”

Maria Sanvito, co-founder della start up green FattorMia, ha rilasciato un’intervista esclusiva all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia. Il progetto di FattorMia permette a chiunque di costruirsi il proprio orto o la propria fattoria, ma la sua principale vocazione è quella di essere un canale diretto che lega la natura e le realtà agricole con la città.

Da dove nasce il progetto FattorMia?

«Avevamo avuto esperienze di adozione di piante, avevamo conosciuto realtà che facevano adozione di animali – soprattutto in località turistiche. Volevamo provare a creare un luogo che offrisse questo servizio in maniera trasversale, un portale che desse visibilità al mondo dell’agricoltura e dell’allevamento italiani. Da lì abbiamo iniziato a contattare aziende agricole che producono prodotti di qualità, ma con una grande attenzione alla tradizione e alla cultura del nostro Paese. Abbiamo incontrato realtà che hanno alle spalle, al di là della qualità del prodotto, storie di grandissimo valore e rappresentative di quello che è un po’ il patrimonio culturale, tradizionale e paesaggistico del territorio italiano».

«Questo ci ha incoraggiato a creare non tanto un marketplace con vendita del prodotto: con FattorMia non ti propongo il vino o il formaggio, ti propongo di entrare in relazione con queste aziende agricole. Ti propongo di riconoscere in loro dei testimoni che preservano la bellezza culturale, paesaggistica e la tradizione italiana, che di conseguenza li portano a produrre prodotti di altissima qualità. Questa è l’idea che ci ha fatto muovere i primi passi».

Quante sono oggi le aziende agricole che collaborano con voi oggi?

«Le aziende sono circa 40, ma siamo in continua espansione. Le prime le abbiamo cercate noi. Abbiamo chiesto a Paolo Massorbio – che conoscevamo già personalmente – di indicarci delle realtà che riteneva valide non solo per il prodotto: quello che andiamo a cercare sono storie di famiglie e persone che hanno a cuore la condivisione dei propri valori con la clientela. Questo è un patrimonio che hanno: raccontare di sé, della propria tradizione e della propria storia di famiglia. Da lì abbiamo iniziato ad allargarci. È stato molto bello incontrare realtà che, cogliendo il valore di quello che stavamo proponendo, ci indicavano a loro volta realtà vicine. Penso alla zona dell’Oltrepò Pavese, dove siamo partiti da una cantina che ha indicato una realtà di orti sociali, che a sua volta ci ha messo in contatto con un’azienda che fa riso».

«Ciò ci dà la possibilità di far rete, non tanto entrando in competizione sul prodotto, che c’è ed è poi il tornaconto del lavoro che fanno questi agricoltori, ma proprio con l’idea che sta alla base che consiste nel mettere a disposizione un canale che attraverso cui diffondere una cultura concreta. Sia a livello di educazione ambientale e del paesaggio, che dell’alimentazione, per raccontare quali sono i valori che stanno dietro al nostro territorio».

FattorMia si è legata molto anche al mondo delle scuole e della formazione di bambini e ragazzi. Quali sono le iniziative che proponete e come possono inserirsi all’interno di un percorso educativo?

«Abbiamo strutturato delle unità didattiche, secondo i piani ministeriali (un bambino di prima elementare avrà un materiale da prima, uno di quinta avrà materiale di quinta e così via). La classe sceglie la pianta o l’animale (anche più di uno, creando la fattoria della propria classe), che segue online in un’area riservata, chiusa e protetta con delle credenziali, dedicata ai bambini, nella quale ogni mese le aziende agricole, con l’aiuto di collaboratori FattorMia specializzati nella comunicazione con i bambini, raccontano l’accrescimento secondo il ritmo della natura».

«Per cui la maestra, i bambini e tutti i genitori leggono cosa succede alla pianta e all’animale, e anche cosa sta accadendo nell’azienda agricola in quel momento. Ad esempio, ora per le api è un periodo in cui l’arnia non è molto attività, ma l’apicoltore continua a lavorare». E aggiunge, «ogni mese la maestra riceve materiale didattico, che tocca di volta in volta diverse materie, e prende spunto da cosa sta accadendo nella natura in quel preciso momento, ad esempio da come è fatta la capra, fino alla storia dell’allevamento della sua specie, come si è diffusa nel corso della storia e gli usi e costumi nelle varie zone del mondo».

«Così quando il bambino arriva in azienda agricola con una preparazione va oltre al semplice impatto emozionale che può avere entrando in contatto con un animale. Arriva con un patrimonio di informazioni che lo rende pronto ad ascoltare e a lavorare con l’azienda agricola a un livello più alto di quello che farebbe un altro bambino senza questa preparazione». Ciò, spiega Sanvito, «permette ai bambini di fare domande sempre più approfondite, confrontandosi direttamente con chi si occupa tutti i giorni di quell’animale o di quella pianta. Anche durante le ore scolastiche possono essere maturate delle domande che si chiariscono quando si arriva nell’azienda agricola. Il tutto è l’esito di un percorso che abbiamo fatto insieme: maestra e bambini con l’azienda agricola».

«Giorni fa abbiamo raccontato ai bambini di una scuola che la loro capretta è gravida, per cui abbiamo parlato del fatto che una capra condotta secondo i principi del benessere naturale non viene munta sempre, e che il cucciolo viene svezzato naturalmente. E poi, ovviamente, c’è anche l’aspetto affettivo, se io mi lego emotivamente all’oggetto del mio studio, studiare assume tutto un altro gusto e quindi i bambini ci rispondono e si sentono coinvolti. Noi ci poniamo da mediatori, avendo un contatto con le varie aziende».

«Anche se una scuola segue una mucca, noi abbiamo mucche in tutta Italia. Abbiamo la vacca modicana, la grigia alpina, la pezzata. Quando noi andiamo a raccontare la mucca adottata dalla scuola, andiamo a evidenziare anche le differenze con le altre. Spieghiamo, ad esempio, perchè in Sicilia il formaggio è diverso. Così il bambino non ha solo accesso a un agricoltore, ma anche agli altri che mettono a disposizione il loro sapere per i ragazzi».

«È vero che noi siamo un portale, i ragazzi usano la LIM per leggere e vedere lo sviluppo della loro fattoria attraverso le foto e i video che inviano le aziende, ma non si tratta di un videogioco. Non si stanno interfacciando con una realtà che è soltanto virtuale: quello che portiamo in classe è un “gemello digitale”: i bambini vedono quello che vedrebbero andando in azienda agricola che viene raccontato rispettando il ciclo naturale dell’accrescimento. Possono porre domande e ricevere risposte, personalizzando al massimo l’esperienza della loro FattorMia».

«Alla fine del ciclo dell’anno scorso molte maestre hanno condiviso con noi delle riflessioni scritte dei bambini, e abbiamo invitato una maestra a parlare ad un evento di Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Alla fine di questo percorso tantissimi bambini ci hanno detto “abbiamo imparato la pazienza”. Cosa che non esiste nei “ritmi del supermercato”, perché se vuoi una mela la trovi sempre. Mentre ora loro sanno che il formaggio di capra fresco non ci sarà fino ad aprile perché i cuccioli devono crescere». E specifica, «spesso le famiglie ci chiedono se possono andare in azienda e ci raccontano che i più interessati sono proprio i genitori, soprattutto i papà».

I vostri progetti formativi riguardano la scoperta della natura così come della vita all’interno delle aziende agricole. Cosa vi ha portato a scegliere di avvicinare i ragazzi a queste realtà?

«Faccio un piccolo passo indietro. Quando abbiamo iniziato a chiamare aziende agricole abbiamo raccolto storie di valore, non solo di aziende che portano avanti prodotti tradizionali, ma anche di moltissime donne e uomini giovani, laureati, che lavoravano in città o nel mondo dell’economia, che si trovano tra le mani l’azienda di famiglia. E, riconoscendo che ad oggi non sarebbero stati in grado di comprare quei terreni o queste cascine, ritrovano un valore che sì, è personale ma che è anche un bene di tutti».

«Le colline toscane sono belle, è un dato oggettivo. Ma se non ci fosse il lavoro di chi tiene con cura i vigneti e quant’altro la bellezza di quei luoghi andrebbe a perdersi. Per cui, in virtù di questo riconoscimento di quello che hanno lasciano il loro lavoro per andare a raccogliere le fila dell’azienda familiare. In maniera innovativa riescono a rivalutare, riqualificare la tradizione che hanno, facendo prodotti di qualità pari a quelli che faceva il nonno, ma con sistemi innovativi e livelli di produzione ottimali».

«Oggi si sente spesso parlare di ambiente, sostenibilità, biodiversità, spesso in maniera un po’ “idilliaca”. Perché invece ai ragazzi non si fanno incontrare persone che già camminano su questa strada? È vero che c’è l’agenda ONU 2020-2030, ma temo che i suoi contenuti divengano astratti. Invece, quando un ragazzo di 10/12 anni incontra Chiara, che ha lasciato il suo lavoro a Milano, ha studiato economia, conosce l’inglese benissimo e ti racconta del suo formaggio di capra, con le ragioni e le motivazioni che l’hanno mossa diventa evidente cosa significa prendersi cura dell’ambiente e della biodiversità».

«È un ciclo virtuoso proteggere l’ambiente che si ha attorno e preservare la biodiversità dei loro boschi li porta ad avere anche un formaggio di qualità vendibile anche ad alto livello. Potrei fare molti altri esempi di questo tipo. Come di aziende che hanno iniziato a mettere api vicino ai frutteti ritornando a preservare anche piante spontanee che non portano immediatamente un prodotto vendibile, ma che preservano la vita delle api. E sappiamo bene che se hai le api, che sono insetti impollinatori, il tuo frutteto produrrà di più».

«Questi discorsi da una parte vanno un po’ di moda, dall’altra hanno tanto da insegnare. Inserirli in esempi pratici, invece che riversare sui bambini delle elementari nozioni astratte che lasciano il tempo che trovano, permette di far intravvedere una strada che è percorribile. Questa convinzione ci ha portato a sviluppare il progetto FattorMia per le scuole, che è stato riconosciuto da Regione Lombardia e proposto anche sul portale della sostenibilità ambientale come progetto di qualità, che pone FattorMia come mediatore tra la scuola, che vorrebbe attingere al mondo della natura ma non ne ha le forze, e l’azienda agricola che ha questo patrimonio fra le mani, ma dovendo seguire il proprio lavoro ha tempi ristretti da dedicare alla scuola. Il ruolo di FattorMia consiste nel mettere insieme le esigenze della scuola e il patrimonio che ha in mano l’azienda agricola».

FattorMia ha avviato anche iniziative dedicate alle aziende per lo sviluppo di una consapevolezza ambientale. Ci può parlare dell’importanza di questo progetto anche in relazione ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance)?

«La nostra proposta per il mondo aziendale è legata ai criteri ESG. Abbiamo pensato di provare a costruire dei progetti che raccontassero l’impegno delle aziende sul loro territorio. Al posto di costruire la tua foresta o comprare alberi per compensare la CO2 – iniziative comunque validissime e rispettabilissime –, la nostra idea ha di innovativo la possibilità di agire sul proprio territorio. Con FattorMia mi prendo cura concretamente del territorio italiano, delle nostre tradizioni e cultura».

«È un impegno così concreto che puoi arrivare a coprodurre prodotti tuoi con le realtà che sostieni e diffonderli anche come omaggistica, per esempio», racconta. «Abbiamo attivato la FattorMia di Cortina Sky World Cup, in occasione delle gare di scii di coppa che si sono tenute in questo weekend. L’organizzazione chi ha contattato per fare un progetto di sostenibilità territoriale per la loro zona, abbiamo scelto insieme 4 aziende (Az. Agricola SanWido, Santer Società Agricola, Az. Agricola F.lli Talamini “De la Tela” e Az. Agricola Michielli) che producono prodotti tipici del territorio con l’idea di sostenerle versando parte del ricavato della vendita dei biglietti su queste aziende».

«Queste sono aziende stanziate in un’area molto turistica, che rischia di andare a perdere le tradizioni e alcuni aspetti della vocazione del territorio montano. L’idea del progetto è contribuire a preservare l’habitat montano supportando attori che già operano su questo campo, creando una FattorMia per cui i fondi raccolti vanno a sostenere queste aziende agricole, che a loro volta avranno visibilità nel corso dell’evento e che daranno modo ai partecipanti di assaggiare i prodotti proposti».

«Un’altra iniziativa che abbiamo portato avanti, sempre legata al mondo della montagna, è quella fatta in collaborazione con l’app Snowit. Sciando con la card Snowit i clienti sanno che parte del ricavato viene versato sul progetto La FattorMia di Snowit. Con loro abbiamo creato una FattorMia composta sette aziende agricole, distribuite su tutto l’arco alpino, creando una fattoria virtuale che attraversa l’arco alpino; quindi, su gran parte del territorio in cui puoi sciare con l’app. Così lo sciatore diviene consapevole che ci sono delle realtà agricole della zona che vengono supportate da questa sua azione. Ovviamente lo sciatore può andare a visitarle, incontrare le persone coinvolte e conoscere le loro storie, ma anche vedere gli animali, gustare i prodotti e usufruire di sconti dedicati».

«Questi sono due esempi che fanno capire che non si tratta solo di un impegno per la sostenibilità ambientale, ma anche della creazione di una rete di rapporti che supporta non solo il pianeta, ma anche le persone che ci vivono, chi lavora per queste realtà agricole, e diffonde i valori del nostro territorio nazionale».

In questi anni avete raggiunto diversi obiettivi e raccolto molti successi, tra cui la partnership con il Meeting di Rimini e la premiazione per il bando “Educazione ambientale e alla sostenibilità”, promosso dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Cosa vi ha portato a distinguervi dagli altri progetti incentrati sulla cura dell’ambiente e la sostenibilità?

«È una domanda che mi sono fatta anch’io, devo essere onesta. Cosa ci distingue? Perché venite a cercare noi? L’anno scorso abbiamo vinto il bando, quest’anno c’è stato il convegno per l’educazione ambientale e la sostenibilità, e abbiamo fatto due giorni di laboratori nella piazza del Palazzo della Regione Lombardia, abbiamo portato gli agricoltori in piazza. È venuta Alice Perini dell’azienda C’era un’A.Pe, che ha portato i telai delle arnie, gli attrezzi dell’apicoltore, e ha incontrato molte classi delle scuole medie. Ha raccontato e fatto toccare con mano la vita del mondo delle api. La giornata successiva l’abbiamo trascorsa con Chiara dell’agriturismo Deviscio, che alleva capre, e ha fatto vedere l’inizio del procedimento di lavorazione del latte, fino ad arrivare al primo formaggio fresco. I ragazzi hanno fatto questo lavoro con lei».

«Quindi, perché vengono a cercare proprio noi e non altre realtà? Perché noi scommettiamo su questo rapporto diretto con aziende agricole che per svolgere bene il proprio lavoro si pongono come custodi dell’ambiente che vivono, che è anche il nostro. Per cui l’idea che non ti propongo il mio progetto, ma ti costruisco un progetto che sia adatto a te è vincente. Quando costruiamo un progetto non veniamo con un programma, ma mi racconti la tua esigenza e mi racconti chi sei, ti propongo delle aziende agricole, ma sono assolutamente disponibile a parlare con le aziende agricole che interessano a te perché sono quelle rispecchiano di più le tue necessità di intervenire sul territorio. L’idea di poter modulare i progetti, che siano rivolti a bambini o a realtà aziendali, è un’idea che risulta efficace e incontra le necessità concrete del cliente».

Quali progetti e iniziative avete in programma per il 2023?

«L’anno scorso abbiamo iniziato a lavorare con le scuole e abbiamo avuto un grande successo. Quest’anno abbiamo avviato i progetti aziendali, che ci auguriamo proseguano e si sviluppino sempre di più. Il nostro sogno, su cui stiamo già lavorando, è poter trovare realtà aziendali e banche che nei loro progetti ambientali inseriscano la possibilità di regalare alle scuole l’occasione di seguire la propria FattorMia dando vita così a un progetto di sostenibilità a 360°, di sostegno per le aziende del territorio, di taglio ambientale e di impatto culturale: un vero progetto educativo».

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