Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[Il documento] Report Istat sulla povertà: i maggiori consumi non compensano l’inflazione. 5,6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta

REPORT_POVERTA_2021_14-06

Nel 2021, sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale da 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% come l’anno precedente).

Pertanto, la povertà assoluta conferma sostanzialmente i massimi storici toccati nel 2020, anno d’inizio della pandemia dovuta al Covid-19.

Per la povertà relativa l’incidenza sale all’11,1% (da 10,1% del 2020) e le famiglie sotto la soglia sono circa 2,9 milioni (2,6 milioni nel 2020).

Povertà assoluta stabile, miglioramento al Nord per famiglie e individui

Secondo le stime definitive, nel 2021 sono poco più di 1,9 milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,5%), per un totale di circa 5,6 milioni di individui (9,4%), valori stabili rispetto al 2020 quando l’incidenza ha raggiunto i suoi massimi storici ed era pari, rispettivamente, al 7,7% e al 9,4%. La causa di questa sostanziale stabilità è imputabile a diversi fattori; in particolare, a un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell’inflazione (+1,9% nel 2021), in assenza della quale la quota di famiglie in povertà assoluta sarebbe scesa al 7,0% e quella degli individui all’8,8%.

L’intensità della povertà assoluta – che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) – rimane anch’essa sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (18,7%), con le uniche eccezioni del Centro dove raggiunge il 17,3% dal 16,1% del 2020 e del Nord-ovest (19,3% dal 18,6%).

Nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%). Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (38,6% nel 2020), e il 42,6% al Nord (47,0% nel 2020). Si ristabilisce dunque la proporzione registrata nel 2019, quando le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura fra Nord e Mezzogiorno.

Anche in termini di individui il Nord registra un miglioramento marcato dell’incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,3% all’8,2% (risultato della diminuzione nel Nord-ovest dal 10,1% all’8,0% e della sostanziale stabilità nel Nord-est dall’8,2% all’8,6%) con valori tuttora distanti, però, da quelli assunti nel 2019. Sono così oltre 2 milioni 200mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord contro
2 milioni 455mila nel Mezzogiorno. In quest’ultima ripartizione l’incidenza di povertà individuale cresce dall’11,1% al 12,1% (13,2% nel Sud, 9,9% nelle Isole); nel Centro sale al 7,3% dal 6,6% del 2020.

Facendo riferimento alla classe di età, l’incidenza di povertà assoluta si attesta al 14,2% (poco meno di 1,4 milioni) fra i minori; all’11,1% fra i giovani di 18-34 anni (pari a 1 milione 86mila individui) e rimane su un livello elevato (9,1%) anche per la classe di età 35-64 anni (2 milioni 361mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,3%, interessando circa 743mila persone).

Rispetto alla tipologia del comune di residenza la quota di famiglie povere si distribuisce in maniera simile allo scorso anno con l’unica eccezione per i comuni fino a 50mila abitanti (diversi dai comuni periferia di area metropolitana) del Nord in cui l’incidenza passa dal 7,8% al 6,6%, a causa per lo più della dinamica che interessa il Nord-ovest (al 6,3% dall’8,2%).

Peggiora la condizione delle famiglie con maggior numero di componenti

Nel 2021, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge il 22,6% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,6% tra quelle con quattro; segnali di miglioramento provengono dalle famiglie di tre (da 8,5% a 7,1%) e di due componenti (da 5,7% a 5,0%). Il disagio è più marcato per le famiglie con figli minori, per le quali l’incidenza passa dall’8,1% delle famiglie con un solo figlio minore al 22,8% di quelle che ne hanno da tre in su. Valori elevati si registrano anche per le coppie con tre o più figli (20,0%) e per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari (16,3%).

L’incidenza di povertà è invece più bassa, al 5,5%, nelle famiglie con almeno un anziano e si conferma al 3,6% tra le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni (nel caso di persone sole con più di 64 anni l’incidenza è pari al 5,1%). In generale, la povertà familiare presenta un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento; generalmente, infatti, le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati.

La povertà assoluta riguarda il 9,4% delle famiglie con persona di riferimento tra i 18 e i 34 anni e il 5,2% di quelle con persona di riferimento oltre i 64 anni. I valori più elevati dell’incidenza si trovano tra le famiglie con persona di riferimento di 35-44 anni (9,9%) e tra quelle in cui la persona di riferimento ha fra i 45 e i 54 anni (9,7%), stabili rispetto al 2020.

Istruzione e lavoro strumenti contro la povertà

L’incidenza della povertà assoluta decresce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento della famiglia. Se quest’ultima ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 3,9%, in miglioramento rispetto al 2020; si attesta all’11,0% se ha al massimo la licenza di scuola media.

La povertà assoluta è stabile tra le famiglie con persona di riferimento occupata (pari al 7,0%) che avevano risentito maggiormente degli effetti della crisi. Valori elevati si confermano per i dipendenti inquadrati nei livelli più bassi (13,3%) e, fra gli indipendenti, per coloro che svolgono un lavoro autonomo (7,8%), mentre nel confronto con il 2020 solamente le famiglie con persona di riferimento imprenditore o libero professionista mostrano segnali di miglioramento (1,8% dal 3,2% del 2020). Si conferma, inoltre, il disagio per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione, per le quali l’incidenza arriva al 22,6%.

I commenti dei sindacati

“Sempre allarmanti i dati Istat sul livello di povertà in Italia: poco più di 1,9 mln di famiglie e 5,6 mln di persone in povertà assoluta. Peggiora la situazione nel Sud a riprova di un Paese che va unito con più investimenti, occupazione, inclusione sociale”. Lo scrive su twitter il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, commentando i dati dell’Istat sulla povertà.

“I dati diffusi oggi dall’Istat – dichiara Domenico Proietti, segretario confederale UIL – confermano la necessità di implementare le misure di contrasto alla povertà. In particolare va rafforzato il Reddito di Cittadinanza che si è dimostrato strumento fondamentale e vanno garantiti servizi sociali efficienti. Soprattutto nel Mezzogiorno va concentrato lo sforzo straordinario per colmare il differenziale rispetto al Nord che il Rapporto segnala”.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.