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Per una vera transizione energetica bisogna puntare su nucleare e idrogeno | L’intervento di Giacomo Calef, Ns Partners

Le voci relative a un rapido esaurimento dei combustibili fossili sono comuni e, spesso, vengono aggiornate con date sempre più ravvicinate.

La realtà dei fatti è però ben diversa.

I giacimenti esistenti di petrolio, gas naturale e carbone, combinati, garantiscono riserve che, al tasso di consumo odierno, non si esauriranno per diversi decenni.

Nel calcolo non si tiene conto, inoltre, dei giacimenti che non sono ancora stati scoperti o che hanno una potenzialità di sfruttamento enorme (per esempio il campo offshore di Stabroek, al largo delle coste della Guyana, che ha una capacità potenziale di 1,2 milioni di barili al giorno).

Nonostante ciò l’interesse verso le energie rinnovabili ha aperto nuovi campi di interesse nello scenario energetico mondiale, permettendo anche a Paesi più poveri di risorse di diversificare le proprie fonti di energia.

Ma la possibilità di un mondo a sola trazione rinnovabile è ancora remota.

La prima società ad accusare il colpo è stata Bp, il cui precedente ceo Bernard Looney aveva scommesso moltissimo sulla diversificazione al di fuori del petrolio e verso le rinnovabili.

Il risultato al momento è stato un’importante sottoperformance azionaria rispetto ai suoi competitor a causa della riduzione dei ricavi derivanti dalle attività petrolifere.

La difficoltà principale della transizione energetica è che da un lato si ha una fonte limitata, relativamente a basso costo, ma inquinante, mentre dall’altro lato una fonte pulita, illimitata ma costosa.

Il fine ultimo però non deve essere quello di un all-in sull’una o sull’altra opzione, ma, anzi, quello di abbracciare uno spettro più ampio di soluzioni.

Infatti ci sono altre potenziali alternative per la transizione verde.

Un esempio può essere l’energia nucleare, una fonte non rinnovabile ma più pulita rispetto ai combustibili fossili, scorie incluse, che è stata accantonata negli scorsi decenni ma che potrebbe costituire un’alternativa più green alla dipendenza fossile.

Proprio su questo aspetto sono stati fatti molti passi avanti negli ultimi anni, che stanno portando a una drastica riduzione dei costi di avvio e mantenimento degli impianti.

Gli Smr (Small Modular Reactors) sono reattori capaci di generare una potenza elettrica da 300 Mw, ma la cui costruzione si basa sull’utilizzo di componenti modulari che riducono i tempi di assemblaggio e soprattutto i costi.

I simili vantaggi sopra elencati sembrano rendere quindi questa tecnologia una delle più promettenti, al netto di un’accelerazione nello sviluppo della fusione nucleare, ancora in fase iniziale.

La diversificazione delle fonti di energia è quindi un obiettivo cruciale per il prossimo assetto economico globale e lo è specialmente per aree come l’Europa, che sul piano energetico resta ancora un importatore netto.

Un’altra opzione su cui si sta investendo molto è l’idrogeno, che può essere prodotto sia da fonti fossili sia, tramite elettrolisi, dalle rinnovabili.

L’economia dell’idrogeno si espande ben oltre la produzione di energia, per esempio nella riduzione delle emissioni dell’industria siderurgica e questo lo rende il candidato ideale per una transizione senza scossoni, visto che può essere immediatamente adottato nelle industrie più inquinanti.

Inoltre, anche la digitalizzazione dell’energia può permettere di ottimizzare l’uso delle risorse esistenti, riducendo gli sprechi e migliorando la distribuzione.

Le possibilità sono quindi molte e proprio per questo l’Ue potrebbe ulteriormente sfruttare il suo pluralismo per agire da aggregatore di idee e tecnologie, sussidiando lo sviluppo di più progetti legati a fonti di energia pulite che possano ridurre l’impatto ambientale e accelerare la transizione verso un futuro energetico sostenibile.

Ci sono società che stanno innovando in questo campo, grazie anche a governi che forniscono sussidi importanti ed incoraggiano la spesa nella ricerca, che resta la leva principale dello sviluppo.

Il connubio pubblico-privato potrebbe quindi portare allo sviluppo di tecnologie verdi con la creazione di nuovi posti di lavoro e la riduzione parallela delle emissioni.

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