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Per la crisi di Suez in Europa è allarme diesel | Lo scenario

La crisi nel Mar Rosso minaccia di lasciare l’Europa a corto di diesel nelle prossime settimane, quando si prevede che le importazioni crollino di due terzi rispetto ai livelli attuali e molte raffinerie inizieranno le manutenzioni stagionali.

La situazione sta precipitando in fretta e i prezzi sono saliti ai massimi da tre mesi sui mercati all’ingrosso: un rally che rischia di proseguire, con possibili ripercussioni non solo sull’inflazione ma anche sulla stabilità sociale nel continente.

I rincari di questo carburante, usato nei trasporti pesanti, in agricoltura e nell’industria, scrive il Sole 24 Ore, sono particolarmente insidiosi, perché si trasferiscono con facilità a valle, sul prezzo finale di merci e prodotti di ogni genere.

Proprio il costo elevato del gasolio è tra le principali cause scatenanti delle proteste degli agricoltori, che si stanno diffondendo in molti Paesi europei.

Gli attacchi alle navi nel Mar Rosso sono iniziati a novembre, ma fino a un paio di settimane fa non c’era stato un impatto rilevante sui combustibili.

La situazione ora è cambiata.

In tempi rapidissimi.

Dopo le portacointainer, hanno cominciato ad abbandonare la zona anche le altre navi: le metaniere (con ricadute sulle forniture di Gnl dal Qatar) e – sempre più numerose – anche le navi cisterna, con un impatto grave in Europa soprattutto per il diesel, carburante per cui non siamo autosufficienti e che dall’estero riceviamo per oltre il 40% attraverso il canale di Suez.

Almeno così è stato nell’ultimo anno, quando l’embargo Ue contro la Russia ci ha spinti a rivoluzionare le rotte di rifornimento, importando soprattutto da Medio Oriente, Stati Uniti, India e in parte anche dalla Cina.

Le principali società che tracciano i trasporti di combustibili dipingono un quadro nerissimo per il mese di febbraio, soprattutto nelle prime settimane, quando molte navi fuggite dal Mar Rosso non saranno ancora riuscite a completare la circumnavigazione dell’Africa: via mare, secondo Vortexa, arriveranno in Europa appena 450.000 barili al giorno di diesel fino a metà mese, all’incirca un terzo rispetto alla media di gennaio.

E il costo del trasporto sarà elevato, sia per le grandi distanze percorse dai carichi sia per l’impennata dei noli.

Ad aggravare la situazione è il periodo dell’anno: la riorganizzazione delle rotte, fa notare un rapporto di Gibson, “coincide con l’inizio della stagione globale delle manutenzioni nelle raffinerie, con il picco delle fermate previsto a febbraio negli Usa e a marzo in Europa”.

In qualche impianto nel Vecchio continente i lavori sono già cominciati: la raffineria Shell di Pernis in Olanda, la più grande d’Europa, da 400.000 bg, funzionerà a capacità dimezzata fino a metà aprile, ed ExxonMobil chiuderà a Rotterdam (191.000 bg) tra metà febbraio e aprile avanzato.

I margini di raffinazione e le quotazioni del gasolio sono già ai massimi da novembre: i futures superano 850 dollari per tonnellata all’Ice, ancora lontani dai picchi sopra 1.000 dollari dell’autunno 2023, ma si teme che il rally prosegua.

Almeno cento navi cisterna hanno cambiato rotta per evitare il Mar Rosso, il 45% in più rispetto alla settimana scorsa, stima Oil Brokerage.

A bordo ci sono 56 milioni di barili tra greggio e prodotti raffinati, quasi certamente con un’alta percentuale di diesel.

Per questo carburante i volumi in transito da Bab el-Mandeb, davanti allo Yemen, la settimana scorsa si erano già ridotti di quasi due terzi rispetto alla norma, a 625.000 bg.

L’allarme tra agli armatori in seguito è salito, soprattutto dopo l’attacco di venerdì scorso contro la Marlin Luanda: la nave, colpita da un missile nel Golfo di Aden, trasportava nafta russa.

Adesso persino Mosca – a lungo ritenuta immune dagli attacchi Houthi – inizia ad allontanarsi dall’area, secondo Reuters: fenomeno rilevante in una prospettiva globale, che rischia di esacerbare le tensioni sui prezzi energetici.

Per il diesel (grazie anche alla domanda debole) nessuno prevede vere e proprie carenze.

Ed è ben possibile che nel giro di qualche settimana la situazione si assesti, con un nuovo rimescolamento delle rotte di fornitura, dopo quello imposto dalla guerra in Ucraina.

L’Europa comunque sia non ha molte alternative: dovrà giocoforza affidarsi ancora di più agli Stati Uniti, che già da mesi conquistano quote di mercato crescenti nel continente.

A gennaio sono arrivati da Oltreoceano 9,3 milioni di barili di diesel, circa 300.000 al giorno, stima Kpler: il 36% delle importazioni totali, contro il 15-20% di gran parte del 2023.

I volumi dagli Usa sono triplicati da ottobre, anche se il boom non dipende solo dalle tensioni in Medio Oriente.

D’altra parte i flussi di gasolio dall’India – che passano da Suez – sono già ai minimi da due anni: le stime li collocano tra 33.400 e 58.000 bg a gennaio, a seconda della fonte, un crollo dell’80% dai volumi record di dicembre.

Più in generale le forniture dall’Asia sono quasi dimezzate: 12,9 mb nel mese (416.000 al giorno), contro i 22,9 mb di dicembre per Kpler.

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