Dopo 200 giorni da quando è nata la piattaforma digitale www.ripartelitalia.it e il relativo think tank magazine, l’Osservatorio Riparte l’Italia ha deciso di mettere insieme le idee e i suggerimenti di oltre 500 esponenti della società civile e di elaborare, sulla scia di tali considerazioni, 100 proposte per l’Italia, raccolte in un unico paper.
Vi proponiamo le nostre proposte divise per argomenti, in modo che sia più facile navigarle, consultarle e approfondirle, corredando le singole proposte con il testo del capitolo di riferimento presente nel Paper, scaricabile qui.
Le Cinque Proposte per la Scuola presentate dall’Osservatorio Riparte l’Italia:
- Combattere l’impoverimento educativo causato dalla Pandemia dando vita a un sistema educativo complessivamente più equo e resiliente, in grado di ridurre i divari territoriali e di garantire un miglioramento diffuso e stabile della qualità della proposta didattica ed educativa. La riforma strutturale più efficace è quella sul sistema educativo perché può incidere sul fattore di cambiamento più importante per il futuro: le persone che lo vivranno.
- I docenti
- Valorizzare la professionalità degli insegnanti e garantire la qualità della loro preparazione, definendo uno stato giuridico dei docenti, un codice deontologico, un nuovo e stabile percorso di formazione iniziale e di selezione.
- Potenziare la formazione (continua), sia tecnica sia pedagogico-relazionale, dei docenti attraverso una infrastruttura formativa stabile costruita con università – centri di ricerca- associazioni professionali e disciplinari riconosciute, imprese, ordini professionali
- Gli Studenti e le loro famiglie
- Implementare una politica di diritto allo studio che dia a tutti le stesse possibilità superando le diseguaglianze esistenti, sia sul versante della frequenza a scuola (la legge di parità del 2000 non è mai stata attuata), sia per la disabilità, sia per il recupero delle difficoltà sia per la valorizzazione del merito e la cura dei talenti (Erasmus per le superiori), in una dimensione europea di skill strategy.
- La società civile e il mondo produttivo
- Trasformare la scuola in un luogo d’incontro aperto e generativo, potenziandone ulteriormente il ruolo di educatore civico e sociale
- Potenziare la filiera dell’istruzione tecnica e professionale dal sistema secondario a quello terziario accademico (lauree professionalizzanti) e non accademico (Fondazioni ITS)
- Finanziare l’edilizia scolastica con un piano che in dieci anni possa rigenerare tutti gli ambienti scolastici e gli spazi di apprendimento, smettendo di “rattoppare” quello che c’è. In questo grande piano devono essere favoriti anche donazioni di privati che vedono nelle scuole i segni della rinascita del nostro Paese. Il piano può prevedere anche la nascita in tutto il territorio nazionale di campus, belli ed ecosostenibili che segnino per tutti la direzione da seguire.
La Scuola, ove si formano i futuri cittadini del Paese e del Mondo, è stata messa a durissima prova dalla Pandemia, la quale ha fortemente inciso sulla capacità educativa delle istituzioni scolastiche, sugli aspetti di socialità, nonché della formazione e dell’educazione.
La nobile ed essenziale missione della Scuola è stata messa in rilievo dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, a Vo’: «formare cittadini consapevoli, sconfiggere l’ignoranza con la conoscenza, frenare le paure con la cultura, a condividere le responsabilità» (16 settembre 2020).
Sugli effetti negativi della pandemia sull’istruzione e sull’educazione riflette, richiamando alcuni dati significativi, Angelo Paletta: «al momento, mentre non ci sono solide evidenze scientifiche che dimostrino l’effetto immediato sulla diffusione del virus della riapertura delle scuole, sappiamo con certezza che Covid-19 produrrà per lungo tempo ripercussioni sul grado di istruzione delle giovani generazioni e sulle economie nazionali. Secondo l’Unesco, tra marzo e aprile, 9 studenti su 10 in tutto il mondo sono rimasti a casa e ancora oggi solo la metà è tornata in classe.
A causa della lunga assenza dalle lezioni gli alunni potrebbero tornare in classe dopo essersi dimenticati circa un terzo delle conoscenze in comprensione del testo e più della metà delle competenze matematiche dell’ultimo anno. Utilizzando i dati di 157 paesi, una ricerca dalla Banca Mondiale mostra che diminuiranno sia il livello globale di istruzione che il livello degli apprendimenti. Covid-19 potrebbe comportare una perdita compresa tra 0,3 e 0,9 anni di scolarità, riducendo gli anni effettivi di istruzione di base che gli studenti raggiungono durante la loro vita da 7,9 anni a 7,0 -7,6 anni. Secondo la Banca Mondiale, quasi 7 milioni di studenti dall’istruzione primaria a quella secondaria potrebbero abbandonare gli studi a causa dello shock economico sociale prodotto dalla pandemia.
Considerato che esistono molte evidenze sulla relazione tra capitale umano, reddito e crescita economica, si stimano perdite di reddito tra i 350 e i 1.400 dollari all’anno per ciascun studente penalizzato, a causa delle minori opportunità di lavoro e guadagno di cui potranno godere i futuri lavoratori oggi studenti.” Prosegue Paletta, evidenziando i meriti del sistema scolastico, posto di fronte alla Pandemia, nonché le misure necessarie a garantire il miglioramento dello stesso: “senza una drastica azione correttiva e l’adozione di adeguate misure compensative, il mondo potrebbe affrontare una sostanziale battuta d’arresto verso l’obiettivo di dimezzare la percentuale di studenti poveri e non essere in grado di raggiungere l’obiettivo entro il 2030.
I risultati sottolineano la necessità di risposte politiche rapide, costruendo sistemi educativi post-COVID più equi e resilienti. In particolare occorre una spinta senza precedenti verso l’innovazione didattica. I dirigenti scolastici che sono stati capaci nelle loro scuole di sviluppare il middle management hanno potuto contare sul prezioso contributo di collaboratori, coordinatori di classe, coordinatori di dipartimento, referenti per il piano di sviluppo digitale, responsabili per la sicurezza e molti altri insegnanti impegnati a tessere la trama di una comunità professionale. L’umiltà dei docenti di ripensare sé stessi come professionisti, l’impegno incondizionato, il senso di responsabilità, la capacità di infondere speranza nei propri studenti, sono le qualità di quei Maestri che hanno contraddistinto anche gli insegnanti resilienti a Covid-19» (25 ottobre 2020).
Elena Ugolini ha rivolto al mondo dell’istruzione, del quale è protagonista, le seguenti riflessioni: «Centinaia di migliaia di bambini e ragazzi, purtroppo, non hanno avuto la possibilità di continuare a frequentare la scuola neanche a distanza e, anche laddove siamo riusciti a farlo, è emerso in modo chiaro che non bastava ripetere il modello di scuola a cui eravamo abituati da sempre. Chi ora disprezza le lezioni live fatte a distanza, dimentica che sono state l’unico strumento che abbiamo avuto per non perdere il contatto con i nostri studenti.
Hanno avuto il merito di riportare, nel ritmo di una giornata sospesa tra il divano, la playstation e le notizie martellanti sull’andamento della pandemia, la forza della realtà: la bellezza di una poesia o di un’opera d’arte, la durezza di una formula di chimica, il fascino di una legge fisica capace di spiegare con quattro lettere l’universo intero». Ha aggiunto le proprie proposte: «La qualità della scuola dipende dalla qualità dei docenti, dalla capacità di chi la dirige e dalla competenza dello staff amministrativo che li supporta.
Tutto il sistema scolastico dovrebbe essere costruito su questa domanda: in che modo posso formare, selezionare, far lavorare bene insieme e valorizzare persone preparate nelle discipline che insegnano, capaci di rapporto con gli studenti e con i colleghi? Come può un test con 60 domande chiuse selezionare docenti che hanno queste caratteristiche? Si tratta evidentemente di una “parvenza” di concorso, pensata per dare la possibilità a chi ha fatto supplenze in questi anni di entrare in ruolo, nulla di più. Ed anche la sostituzione del test con una prova scritta non modifica sostanzialmente la situazione.
Non è detto che un insegnante sia bravo perché ha svolto tre anni di supplenza e non è detto che un giovane laureato sia in grado di insegnare perché conosce bene la sua materia. Per valutare un docente occorre vederlo in azione in classe, almeno per un anno, ed è quello che prevede una norma esistente che, per una miriade di motivi, non è mai stata applicata. Il problema della scuola non sono solo le effettive ore di lezione, ma la qualità dell’esperienza che gli studenti vivono in quelle ore. È anacronistico far coincidere il lavoro dell’insegnante unicamente con le ore di cattedra, non prevedere una formazione continua ed una valorizzazione del suo lavoro attraverso una progressione di carriera. Il tema della riapertura delle scuole ha riproposto in modo fortissimo anche la questione della edilizia scolastica.
Nelle scuole italiane, già prima di questa epidemia, esisteva un problema enorme di spazi, di bellezza e di funzionalità degli edifici scolastici. Ci sono milioni di euro, stanziati per costruire nuovi edifici scolastici bloccati da anni e c’è, da parte di tutta la società civile, una responsabilità, nei confronti di questo tema, che andrebbe recuperata. Esiste l’Art bonus, perché non ripristinare uno School Bonus per favorire un piano di ricostruzione sistematico di tutte le scuole da qui a 5 anni? Perché non semplificare le procedure e imparare da quello che abbiamo fatto dopo il terremoto dell’Emilia, quando in 6 mesi sono state ricostruite 100 scuole molto più sicure, belle e funzionali di quelle che c’erano prima?» (4 giugno 2020).
Dal mondo della Scuola proviene altresì Angelo Lucio Rossi, il quale ha illustrato all’Osservatorio le proprie idee: «non possiamo fare a meno di mettere al centro la questione educativa, vero motore di ogni cambiamento trasformativo. Sono necessari investimenti per combattere l’ineguaglianza educativa che è fattore determinante della fragilità sociale e della bassa competitività del Paese.
Chi insegna deve saper trarre da questo periodo di didattica on line l’unità tra fare e conoscere per una nuova modalità di vivere la scuola, che dal punto di vista metodologico, deve iniziare dall’infanzia dove devono entrare in gioco finalmente la relazione col mondo reale, l’unione tra l’empatia, l’immedesimazione, il fare, il riflettere e il conoscere, gli aspetti relazionali e non unicamente razionali, quindi quelle capacità che oggi la moda anglofila chiama soft skills. Oltre all’apprendimento tecnico, è necessario un atteggiamento positivo, proattivo e determinato rispetto alla realtà in qualunque circostanza e alle incombenze educative e professionali.
Dopo il coronavirus e la didattica on line trasmettere dei contenuti in senso stretto non basta più: occorre unire competenza disciplinare e competenza empatica, competenza relazionale (anche a distanza) con minori e adulti e competenze di resilienza e di generatività continue. È giunto il tempo di spostare il focus dai tavoli ministeriali alla vita quotidiana, animando un movimento di “scuole aperte e generative” che si associno intorno ad un disegno di riforma “dal basso” che permetta alle istituzioni scolastiche autonome di concentrarsi su ciò che è veramente importante: curriculum essenziale, attrazione e tenuta degli allievi, successo formativo, inclusione ed eccellenza, qualità delle alleanze educative nei territori e service learning.
Si deve decidere se la scuola italiana debba restare in capo ad uno Stato centrale o debba trasferirsi alle Regioni, oppure se debba appartenere alle comunità locali ed ai soggetti sociali che la costituiscono. La sfida odierna consiste nel costruire intorno alle scuole le condizioni dell’incontro fiducioso e del dialogo reciprocamente arricchente tra i vari attori della scena sociale ed educativa, entro un agire comune, affidandosi alle forze vitali delle persone e delle comunità, vivificate dall’entusiasmo e dalla speranza e dal desiderio di bene per gli altri, la sete di bellezza e di verità, la ragionevolezza, il piacere di contribuire alla ripartenza del Paese» (25 maggio 2020).
Anche Anna Paola Sabatini ha riflettuto su questi temi: «Stiamo percorrendo una strada plurima: dal punto di vista della strumentazione, dei processi e delle procedure, oltreché degli ambienti. Da un lato, infatti, il lockdown – peraltro improvviso – unitamente a tanta complessità negativa, ha però, impresso una forte accelerazione al processo di digitalizzazione della didattica; oggi siamo ancora un passo avanti e guardiamo alla didattica digitale integrata che coniuga, soprattutto per gli studenti più grandi, l’imprescindibilità delle attività in presenza alle opportunità della didattica a distanza.
L’obiettivo finale è l’erogazione di un servizio di qualità per consentire a ciascuno studente e studentessa il pieno successo formativo. Ma dietro c’è anche un grande lavoro organizzativo che contempla più aspetti. La sfida è quella di edifici scolastici non solo sempre più sicuri sotto ogni aspetto, ma anche in grado di accompagnare e facilitare i nostri giovani nel percorso di apprendimento. Al seguito dei tanti investimenti degli ultimi mesi, ora l’appuntamento cruciale è quello con il Recovery fund. Una nuova stagione è, da ultimo, quella della digitalizzazione delle procedure amministrative e, tra queste, in particolare delle graduatorie» (3 ottobre 2020).
La stessa Sabatini si sofferma sulla recente previsione dell’insegnamento obbligatorio dell’educazione civica: «Da settembre la scuola riparte con una interessante novità, l’insegnamento obbligatorio dell’Educazione civica in ogni classe, con almeno 33 ore all’anno dedicate e con un proprio voto. Sarà un insegnamento trasversale alle altre materie (come stabilito dalla legge 92 del 2019) e obbligatorio in tutti i gradi di istruzione. Verrà approfondito lo studio della nostra Costituzione. Sarà, inoltre, dato ampio spazio ai temi ambientali e allo sviluppo sostenibile. L’educazione ambientale e i temi della sostenibilità sono un altro pilastro delle 33 ore di Educazione civica anche alla luce dei 17 obiettivi fissati dall’agenda 2030 dell’ONU. Non mancherà inoltre un focus specifico sulla cittadinanza digitale» (12 luglio 2020).
Idee per un rilancio del mondo della Scuola provengono anche dal mondo delle imprese.
È, per esempio, il caso di Pietro Antonio d’Intino, presidente di ANCE, il quale rileva, dopo aver evidenziato i cambiamenti che hanno interessato il comparto delle costruzioni, che «è mutata anche la domanda interna di risorse umane. Sono sempre più necessarie figure professionali specializzate che coniugano diverse esigenze di lavorazione, di realizzazione e di gestione, in relazione all’evolversi della domanda. La motivazione generale del progetto pilota di Scuola di alta Formazione nel settore delle costruzioni – che ANCE sta programmando – risiede nella sperimentazione di un percorso formativo integrato ed innovativo, secondo un corso di studi, orientato al settore delle costruzioni. Immagino – prosegue D’Intino – una scuola residenziale, a tempo pieno, dove gli studenti, nel contesto generale della didattica, liceale e professionale, possano seguire una prima fase di formazione tecnico-pratica con addestramento sul campo» (21 novembre 2020).