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Non di può essere decarbonizzazione senza sviluppo industriale | Il dossier di Confindustria

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Gli obiettivi delle politiche europee su energia e clima per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 – Green Deal e Pacchetto “Fit for 55” –, sono destinati a produrre un profondo impatto strutturale sul sistema economico-produttivo europeo ed italiano, cambiando radicalmente le modalità con le quali si produce e si consuma l’energia.

Confindustria, con il contributo delle Associazioni del Sistema e in collaborazione con RSE (Ricerca Sistema Energetico), ha elaborato lo studio “Scenari e valutazioni di impatto economico degli obiettivi Fit for 55 per l’Italia che intende fornire un contributo alla costruzione del nuovo piano energetico che il nostro Paese dovrà adottare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030. Il nuovo scenario costituisce, inoltre, la base con la quale dovrà essere aggiornato e redatto il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), che tutti gli Stati Membri dovranno sottoporre a Bruxelles entro il 31/12/2023.

L’analisi fornisce una prima valutazione della proposta “Fit for 55” con l’obiettivo di valutare un percorso di decarbonizzazione alternativo che, pur raggiungendo la stessa riduzione di emissioni di gas serra, attraverso un uso efficiente delle risorse economiche, possa favorire lo sviluppo del tessuto industriale, tutelare la competitività internazionale delle imprese italiane, nonché contenere ulteriormente il costo sociale della transizione.

Nello scenario Confindustria, l’introduzione del singolo vincolo sulle emissioni porta ad una configurazione al 2030 con obiettivi meno sfidanti in termini di efficienza energetica e a un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili rispetto al percorso tracciato per lo scenario FF55.

La realizzazione degli investimenti  volti a sostenere la domanda e gli incentivi promossi al fine di rilanciare l’offerta di tecnologie ammonterebbe a 1.120,7 miliardi di euro, con un incremento del valore aggiunto pari a 1.976,1 miliardi di euro (+4,7% medio annuo, 1.645,3 miliardi al netto dei beni intermedi importati), un’occupazione più elevata di 11,5 milioni di ULA (+3,1%) e un incremento di valore aggiunto di 689,1 miliardi di euro (+3,7% medio annuo). Si tratta di un flusso di investimenti senza precedenti, che richiede una visione strategica di Sistema Paese, in grado di garantire che una parte importante di questi possa tradursi in un volano di sviluppo della capacità produttiva manifatturiera italiana.

Sul piano macroeconomico, sono stati inoltre stimati gli effetti complessivi sul bilancio statale nel periodo considerato. L’effetto netto positivo in termini di entrate per lo Stato e in termini di costi evitati è di circa 595 Mld/€. L’effetto netto potenziale determina un costo degli investimenti diretti complessivi pari a circa 527 Mld/€.

La dimensione degli investimentiin gioco è sicuramente un fattore di preoccupazione ma rappresenta anche un volano di crescita industriale per l’Italia: per questa ragione, a breve sarà completata la seconda parte del Rapporto, con la quale verrà presentata la mappatura delle filieretecnologiche italiane più direttamente coinvolte, con l’obiettivo di integrare le politiche per la transizione energetica con una valutazione dei possibili impatti in termini di politica industriale.

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