Marco Massimiano, Responsabile Regolatorio e Antitrust Italia del Gruppo Enel, ha partecipato agli Stati Generali della Ripartenza 2025 “Insieme per far crescere l’Italia”, organizzati a Bologna dal 27 al 29 novembre 2025 dall’Osservatorio economico e sociale “Riparte l’Italia”.
Il suo intervento si è tenuto nel panel “La sostenibilità energetica del futuro“, moderato da Massimiliano Atelli.
Marco Massimiano è il rappresentante in questa sede di Enel che in questo momento ha un focus in particolare sul tema delle reti, perché sono le reti sono indispensabili per assecondare la capacità e la domanda di allacciamento di nuovi impianti, sono indispensabili per portare a compimento la transizione energetica sui numeri di cui abbiamo bisogno. Qual è lo stato della situazione?
Grazie per questa domanda che ci permette di guardare anche questa parte della filiera che, come ha detto, è fondamentale in questo momento per raggiungere gli obiettivi della transizione energetica e non solo.
Innanzitutto per i non addetti ai lavori, che cosa sono le reti di distribuzione elettrica? Sono quelle reti che collegano la rete di trasmissione nazionale, quella fatta dai grandi tralicci gestita da Terna, con i 37 milioni di consumatori di cui parlava il dottor Bernardi, quindi un insieme di cavi sotterranei e molto esteso e complesso, pensate che a livello nazionale parliamo di un milione di chilometri di reti e cavi che svolgono questa funzione. Enel ha l’80% di queste reti sul territorio nazionale. Perché questo asset è fondamentale e strategico in particolare in questo momento? Per tre motivi che sintetizzo molto velocemente.
Il primo è che gli asset rinnovabili, di cui si parla sempre, nella stragrande maggioranza, in particolare quelli fotovoltaici, vengono connessi proprio alle reti di distribuzione. Per darvi dei numeri, il processo di crescita del fotovoltaico che abbiamo avuto in questi anni ha portato ad oggi circa due milioni di produttori connessi alle reti di distribuzione. Il trend di crescita è abbastanza impressionante.
Pensate che fino a qualche anno fa, in un anno, si collegavano circa 50 mila impianti. Oggi siamo sul ritmo di circa 300 mila impianti all’anno. Considerando gli obiettivi che si è dato all’Italia nel PNIEC di crescita delle rinnovabili al 2030, che prevede una crescita di circa 50 gigawatt, considerate che circa il 70% di questi 50 gigawatt si stima che saranno connessi alle reti di distribuzione.
Quindi un ruolo fondamentale per consentire la crescita delle rinnovabili. Il secondo motivo per cui le reti sono ancora più importanti in questo momento è il processo di elettrificazione. E’ un processo in corso.
Sappiamo sulla mobilità elettrica, sul riscaldamento. Poi si potrà discutere quanto sarà veloce, ma la strada di un maggiore utilizzo dell’elettricità è tracciata. E a fronte di un maggiore utilizzo dell’elettricità anche la rete dovrà essere adeguata, perché dovrà essere potenziata per consentire a tutti i consumatori di prelevare di più.
Terzo motivo per cui le reti sono importanti è che dalle reti di distribuzione dipende, quella che noi per fortuna abbiamo per scontata, la continuità della fornitura. Cioè il fatto di avere una fornitura buona, con poche interruzioni, per fortuna come abbiamo fatto con l’Italia, dipende dalla qualità della rete. Questa non è una cosa scontata, in particolare in questo momento, perché con i cambiamenti climatici in atto c’è un ulteriore fattore di stress per le reti.
Le reti possono soffrire in particolare le ondate di calore, i periodi molto caldi che stiamo vivendo nelle nostre stati. Per poter affrontare anche questa sfida è necessario, con criteri di priorità, riprogettare le reti per fare in modo che possano resistere anche a questi stress. Quindi questi tre fattori, abbiamo detto rinnovabili, elettrificazione e qualità, richiedono piani di investimento molto importanti.
Noi ad oggi siamo arrivati in Italia a investire circa 5 miliardi di euro all’anno sulle reti, con un trend che è in ulteriore crescita. Peraltro si tratta di investimenti sul territorio che hanno un impatto positivo sull’economia. Abbiamo fatto fare uno studio ad Ambrosetti circa un anno fa, che ha stimato che l’impatto sul PIL di questi investimenti apparia a circa il 0,7%.
Quindi, per affrontare queste sfide serve chiaramente l’impegno delle imprese che c’è e possono far levare fortuna su un know-how e competenze molto importanti. Chiaramente il quadro regolatorio, che è stato fino ad oggi di supporto per ottenere i risultati ottenuti fino ad oggi, dovrà continuare ad adattarsi per consentire di raggiungere questi obiettivi.








