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Lo Stato può entrare nel capitale dell’aziende private, ma solo ad una condizione. E vi spiego qual è

Mi occupo di finanza aziendale da più di 40 anni per cui mi concentro su temi su cui continuo a lavorare e che toccano molto da vicino una parte del dibattito di queste ultime settimane, cioè l’apporto di equity alle imprese italiane ed il reperimento delle connesse risorse.

Sappiamo tutti quanto le nostre imprese siano sottocapitalizzate e pertanto l’occasione attuale può consentire di restringere il gap esistente.

Il Matching

Riguardo ad un’entrata diretta nel capitale delle imprese, specie piccole e medie, da parte dello Stato o enti pubblici sono da sempre scettico e pertanto sto spingendo, anche in sede UE, sul meccanismo del cosiddetto MATCHING cioè dove lo Stato entra nel capitale solo in accompagnamento ad investitori privati, che siano imprenditori od istituzioni poco importa, con un esborso di identico ammontare, anche se le azioni (forse anche obbligazioni o strumenti simili) possono avere diritti diversi. Tale sistema consente istruttorie e decisioni molto rapide, però va fatta attenzione alle dimensioni delle società target in quanto farlo con società con meno di 10 milioni di fatturato sarebbe sbagliato.

In particolare il contributo pubblico potrebbe essere redimibile a determinate condizioni, dovrebbe avere una scadenza temporale (5 anni?) a seguito della quale dovrebbe partire una sorta di rendimento garantito – o dei diritti di equipollenza alle azioni ordinarie – in modo tale da incentivare in tutti i modi il rimborso. Il tema di cosa prevedere alla scadenza è molto delicato, essenziale se si vuole evitare di sprecare denaro, ma ci sono numerose soluzioni.

Sul finanziamento di simili strumenti e più in genere sulla raccolta di mezzi che consentano di avvicinare l’ingente risparmio degli italiani all’economia reale si è detto molto. Secondo me finché non si attivano dei rilevanti incentivi fiscali sia a favore dei risparmiatori che delle imprese non si otterrà nulla. Forme di prestito forzoso sono folli. Per quanto riguarda i risparmiatori è buona la proposta dei cd Nuovi PIR formulata da Assogestioni. Unica variante che suggerirei sarebbe di limitarla agli strumenti di capitale ed evitare che, estendendola agli strumenti di debito, da una parte non si contribuisca al gap di sottocapitalizzazione già segnalato e, dall’altra, si generi l’ennesima iniziativa fragile, poco efficace e a volte al limite della correttezza sul piano degli equilibri patrimoniali, come già successo con i cosiddetti minibond.

Gli incentivi fiscali

Gli incentivi fiscali – temporanei per il 2020/21 – li concentrerei su tre aspetti:

1) detrazioni del [30%] dall’IRPEF per tutti gli aumenti di capitale effettuati in società di capitali a condizione che l’investimento permanga per almeno [36 mesi] ed eliminazione delle imposte su dividendi e capital gain sugli investimenti in azioni di società quotate e quotande (in Ipo) da parte dei privati, fino ad una soglia da stabilirsi in coordinamento con il Mef, effettuati dal [1 Marzo 2020] e rassicurazione assoluta sull’esenzione dei titoli acquisiti nel periodo da imposte di successione e donazione;

2) abbassamento dell’IRAP al 10% (5% per le aziende nel turismo) e slittamento a novembre 20 di tutti i pagamenti di tasse, contributi ed Iva dovuti in questi mesi, oltre alla sospensione delle sanzioni delle imposte dovute su base previsionale, in modo tale da dare il respiro giusto alle imprese in un periodo in cui devono spendere tutti i soldi possibili per dipendenti e fornitori;

3) rafforzamento dell’Ace, oppure abbassamento all’[1%] dell’imposta per l’affrancamento del goodwill o anche reintroduzione della possibilità di utilizzare fiscalmente l’ammortamento della differenza di fusione; eventualmente uso Ace come credito d’imposta.

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