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[Lo scenario] Il governo Meloni è già di fronte alla realtà dei conti

“Nonostante l’inaspettata crescita dell’economia nel terzo trimestre di quest’anno e l’aumento del Pil già acquisito per quest’anno poco sotto il 4%, il salto verso il 2023 rischia di essere violento. Già tra ottobre e dicembre si prevede un calo del Pil e, nell’ipotesi migliore, una stagnazione nei dodici mesi successivi. Con una crescita zero e un’inflazione al 12%, le scelte del governo diventeranno costose politicamente. Le risorse infatti sono poche e non sarà possibile accontentare, né tutti, né la maggior parte di tutti. Con una coalizione di governo poco armoniosa, sarà ancora più difficile decidere chi beneficiare e chi no”.

Lo sostiene Carlo Bastasin, economista. 

“Nei mesi scorsi, il quadro di stabilità garantito da Draghi e dagli aiuti europei aveva facilitato un livello più alto del previsto di consumi nei servizi e nel turismo. I più fortunati hanno fatto ricorso ai risparmi accumulati durante il lockdown, altri hanno invece potuto contare sugli aiuti dello Stato alle famiglie. Il calo dell’euro inoltre ha aiutato uno strato ancora solido di imprese esportatrici. Il Pnrr infine ha dato agli investitori, prima che risorse, certezza di riforme e di orizzonte temporale, una combinazione che la politica italiana da decenni non era stata in grado di offrire. È importante che l’Italia abbia dimostrato di poter crescere — in condizioni di stabilità e cooperazione europea — più della media europea e per sette trimestri consecutivi. Non era scontato e non va sprecato” scrive Bastasin in un suo intervento su Repubblica.

“Nell’ultimo periodo, tuttavia, l’aumento dei prezzi energetici ha depresso il clima di fiducia. Si attende ora l’intervento del governo per ridurre il peso delle bollette, ma si sa che in tal modo verrà esaurita buona parte delle risorse disponibili. È probabile che il governo a quel punto voglia aumentare il disavanzo di almeno lo 0,5% del Pil. Verranno riviste le stime di crescita e limati gli obiettivi di bilancio e giovedì Meloni sarà a Bruxelles, avviando i primi contatti con la Commissione europea. Comincerà dunque il lungo percorso del nuovo governo, come di altri in passato, in equilibrio finanziario su una corda tesa”.

Se c’erano speranze di condivisione europea dei debiti o della spesa energetica, i dubbi sulla posizione italiana in Europa hanno dato un facile alibi a Berlino per non guardare oltre l’orlo del proprio piatto. Ora, oltre a capire l’importanza di un quadro stabile e del buon uso dei fondi europei, il governo deve avere chiaro che l’intero clima globale è negativo e che ci sono potenti rischi per la stabilità finanziaria.

“Per venti anni le banche centrali hanno nascosto i rischi riducendo il costo del denaro. Ma ora contrastare l’inflazione rischia di causare instabilità finanziaria perché mercati ed investitori non sono attrezzati per una fase di aumento forte e repentino dei tassi d’interesse. Quanto siano acuti i rischi lo ha mostrato la crisi dei titoli pubblici inglesi, precipitata in poche ore travolgendo non solo il governo di Londra, ma facendosi sentire perfino sul mercato dei titoli americani, architrave della stabilità finanziaria globale” prosegue l’economista.

“Per gestire un quadro tanto complesso, Meloni avrà bisogno di competenze che hanno poco a che fare con i temi nazional-identitari: capacità costruttiva nelle alleanze europee; attenzione ai rischi globali; amministrazione efficiente di risorse limitate; comunicazione trasparente ai cittadini. I sorprendenti dati sulla crescita del 2022 ci dicono che gli italiani hanno ancora la capacità di riprendersi”.

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