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[Lo scenario] Il 2023 per le banche sarà l’anno del credito rovente

C’è da scommettere che nel 2023 il credito sarà il tema più scottante nei rapporti tra banche e vigilanza europea.

Anche se nell’ultimo anno non si sono visti segnali di significativo deterioramento nella qualità degli attivi e l’uscita dalle misure di sostegno pubbliche non ha comportato effetti rilevanti sui bilanci, la Bce ha confermato il rischio di credito come priorità di vigilanza per il prossimo triennio.

Sinora, del resto, il livello di guardia non è mai calato. Lo scoppio della guerra in Ucraina e il rapido aumento dell’inflazione hanno spinto Bce a mettere tempestivamente sotto esame gli istituti, per verificarne la tenuta finanziaria.

A settembre per esempio le banche hanno dovuto presentare un aggiornamento sullo stato di salute del portafoglio crediti alla luce dei rincari energetici in corso.

Agli istituti è stato richiesto di stimare gli effetti di un rallentamento e perfino di uno stop delle forniture di gas dalla Russia sui finanziamenti sia verso le aziende energivore che verso quelle colpite indirettamente dalla stretta decisa da Vladimir Putin.

A fine ottobre invece i banchieri hanno dovuto fornire a Francoforte le informazioni relative all’impatto del quadro macroeconomico sulle principali grandezze di bilancio.

“Il rischio di credito viene confermato nel tempo come priorità di vigilanza, ma cambiando però la sua connotazione, in questo caso riflettendo su specifiche tipologie di esposizione nuovi elementi di rischio legati alle pressioni macroeconomiche e geopolitiche”, spiega a MF-Milano Finanza Lorenzo Macchi, coordinatore del settore bancario per Kpmg in Italia ed esperto di tematiche regulatory.

Nel corso del 2023 l’attenzione del regolatore potrebbe concentrarsi soprattutto su tre ambiti di criticità: il commercial real estate, il residential real estate e la leveraged finance.

Il commercial real estate rappresenta circa il 30% dello stock di npl del sistema bancario europeo e risente più delle altre categorie di attivo delle pressioni macroeconomiche e geopolitiche.

Avendo attratto investimenti nella fase di tassi di interesse bassi, oggi questo settore soffre per il maggiore costo del debito e soprattutto per il rialzo dell’inflazione. Per questa ragione viene considerato dalla Vigilanza uno dei più vulnerabili su cui focalizzare l’attenzione anche attraverso specifiche iniziative.

Nello specifico gli interventi richiesti alle banche prevedono un rafforzamento del monitoraggio per anticipare i segnali di possibile deterioramento, focalizzandosi sul possibile deterioramento del valore della garanzia (anche a fronte delle nuove metriche di valutazione del rischio climatico e ambientale) e sulla capacità di continuare a generare cash flow a servizio del debito.

Molto rilevante nel portafoglio crediti delle banche europee è anche il residential real estate che oggi ha un’incidenza di circa il 200% sul cet1 delle banche nella maggior parte dei Paesi Ue.

Oltre che temi di sovraindebitamento da parte delle controparti, in questo caso l’attenzione è concentrata soprattutto sull’andamento dei prezzi nel settore immobiliare e sulle possibili correzioni.

Una recente analisi condotta proprio dalla Bce ha evidenziato per la prima metà del 2022 un sovrapprezzo di circa il 10% in grado di determinare elementi di rischio implicito per il valore della garanzia.

Anche la leveraged finance, cioè i finanziamenti verso società con un elevato livello di indebitamento, è una tipologia particolarmente significativa (circa il 60% del cet1 delle banche Ue), con un incremento di oltre l’80% dal 2017.

Dal 2017 è nel mirino della Bce che negli ultimi anni ha posto l’accento soprattutto sui profili di rischio particolarmente esposti alle dinamiche della pandemia. Solo in questi ultimi mesi però il confronto tra Vigilanza e banche sta davvero entrando nel vivo.

La stretta è confermata dai risultati dello Srep appena pubblicati da Deutsche Bank: da quest’ anno il gruppo tedesco guidato da Christian Sewing dovrà aumentare il requisito di secondo pilastro (Pillar 2), cioè quello aggiuntivo che si applica alle singole banche.

Nel radar della Bce ci sarebbe anche la francese Bnp Paribas, mentre altri istituti potrebbero aggiungersi alla lista nel corso del 2023. Si tratta tuttavia di una asset class meno rilevante nel contesto italiano rispetto ad altri Paesi Ue.

“Il mantenimento da parte della Bce del focus sul rischio di credito anche per le iniziative di vigilanza nel 2023 – spiega Macchi – comporta per gli operatori bancari la necessità di rafforzare il proprio framework di credit risk management, integrando elementi nuovi, utili a intercettare in anticipo le pressioni legate all’aumento dei tassi di interesse, dell’inflazione e della valutazione del collateral (anche per fattori di rischio climatico e ambientale) e le loro ricadute sul merito creditizio della controparte, sulla sostenibilità del livello di indebitamento e di conseguenza sulle relative scelte di concessione”, conclude Macchi.

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