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[Lo scenario] Al Quirinale Amato o Belloni. Ma Salvini vuole Cassese. Ecco la rosa dei nomi condivisi per evitare la crisi di Governo

Nome condiviso cercasi. E la rosa si stringe.

Da stamani la soglia per essere eletto tredicesimo presidente della Repubblica italiana scende da 672 a 505 voti.

La quarta votazione ha inizio alle 11.

Preceduta da un importante vertice del centrodestra alle 8,30 che, convocato per la tarda di ieri e poi rinviato per una notte di contatti e trattative incrociate fra gli schieramenti e interne alle coalizioni agli stessi partiti, è chiamato a decidere se provare ancora un’ultima volta un’elezione a maggioranza con una conta su un candidato di parte oppure se andare alla stretta finale della trattativa che da ieri Matteo Salvini conduce con Enrico Letta Giuseppe Conte e Matteo Renzi per la scelta di un nome condiviso da mettere in votazione a Montecitorio al più tardi domani.

I petali della rosa di candidature condivise su cui si tratta si riassume nelle prime quattro lettere dell’alfabeto: A B C D. Ovvero, in ordine alfabetico e non di quotazione: Giuliano Amato, Elisabetta Belloni, Pier Ferdindando Casini, Sabino Cassese, Marta Cartabia, Mario Draghi.

Nelle trattative ad oltranza avviate dal pomeriggio di ieri calato il sipario sul quorum alto di due terzi per le elezioni al Quirinale.

Draghi e Casini divisivi

Draghi e Casini sono i nomi più divisivi. Una parte di centrodestra, Silvio Berlusconi compreso, manterrebbe il pollice verso sull’ex presidente della Camera, in sintonia con i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Complicando il lavorio di Matteo Salvini sul nome caledeggiato in primis da Matteo Renzi, Giovanni Toti e Maurizio Lupi, già di suo fonte di preoccupazione per una parte di grandi elettiori del Carroccio che pure hanno assicurato non al Capitano massima fedeltà nella sua scelta al momento del voto nell’urna.

Il premier Mario Draghi, prima scelta del segretario Pd Enrico Letta, del ministro degli Esteri M5s Luigi Di Maio e, nel centrodestra, di un pezzo importante di Lega e Forza Italia, oltrechè di Coraggio Italia e della stessa Giorgia Meloni, continua a trovare ostacoli soprattutto nei Cinque Stelle.

E, nuovamente, in Silvio Berlusconi. Giuseppe Conte, secondo quanto riferito, nelle trattative in corso ha fatto presente di non poter affatto assicurare allo stato la tenuta del primo gruppo parlamentare sul nome del premier, tanto meno dopo la correzione di rotta di Beppe Grillo.

E nessuno nella maggioranza, a partire da Letta, si sognerà mai di formalizzare una candidatura Draghi se non con la certezza di poterla mettere in votazione per trasformarsi senza rischi in elezione. Dall’altra parte del campo, la resistenza più forte a Draghi resta quella di Berlusconi e della parte di stato maggiore di Forza Italia che più lo aveva incoraggiato nella fase della sua stessa candidatura. Che incarna la forte ostilità verso il trasferimento del premier al Colle di molti elettori del centrodestra di cui Salvini è consapevole. Come lo è del fatto che, allo stato, su Draghi Giorgia Meloni e Fdi potrebbero convergere (invocando elezioni) mentre su Casini il perimetro di unità realizzabile si fermerebbe al massimo alla larga maggioranza dell’attuale Governo, con divisione del centrodestra agli atti parlamentari non più solo su palazzo Chigi ma anche sulla guida del Quirinale.

Gli altri petali della rosa di candidature condivise sono quelli che vengono presi in considerazione ove le perduranti resistenze su Casini e Draghi in centrodestra e M5s non venissero meno.

Amato in pole

Gli outsider Elisabetta Belloni, Marta Cartabia, Giuliano Amato vengono tenuti a bordo campo forti del placet di Berlusconi che manca per ora, invece, a Casini e Draghi.

E a quanto risulta al nostro Osservatorio è proprio Amato al momento ad avere maggiori chance nel comporre il quadro della maggioranza che sostiene Draghi al Governo, vero rebus da risolvere.

Salvini punta su Cassese, Berlusconi no

Berlusconi sarebbe invece assai meno convinto nei confronti di Sabino Cassese, del cui incontro con Matteo Salvini il quotidiano il Foglio stamani continua a dare notizia nella sua versione cartacea e online nonostante la smentita dello stesso leader del Carroccio.

A far dubitare ancora della smentita leghista, poco più tardi, è arrivata un lancio della Dire, secondo cui fonti parlamentari confermano l’incontro tra Salvini e Cassese.

E sempre la stessa agenzia si spinge ancora oltre, citando deputati di Fratelli d’Italia che hanno spiegato come, sebbene il nome del giurista non fosse nella terna presentata ieri dal centrodestra (Marcello Pera, Carlo Nordio e Letizia Moratti), sarebbe un nome gradito al gruppo di Giorgia Meloni, al punto da riferire: “Se Salvini farà il nome di Cassese noi diremo che va bene“.

“Non è tutto – scrive il Foglio ribadendo la sua esclusiva – visto che anche uno dei colonelli leghisti, Luca Zaia, intercettato nei pressi di Montecitorio, si è tenuto sul vago. Non ha chiuso la porta ma anzi ha spiegato che la certezza che Salvini abbia visto Cassese non c’è, ma “non non è da escludere”. “È un nome che va sondato”, ha detto il presidente del Veneto”.

Su Cartabia veto M5S

Cartabia, per parte sua, sconta come Draghi l’ostilità di gran parte dei Cinque Stelle. Mentre Amato, presidente in pectore della Corte Costituzionale da sabato mattina alle 12, per quanto preferito da Berlusconi a Casini e Draghi, somma l’avversione di Fdi e Lega con quelle parti pentastellate non controllate da Luigi Di Maio.

Belloni con il consenso di Draghi

Elisabetta Belloni, infine, sulla carta non ha alcuna forza politica che la contrasta apertamente. E lo stesso premier Draghi la apprezzerebbe. A questa forza personale politica, somma inoltre quella della novità della prima presidente donna. La debolezza è invece istituzionale: il tema della inoopportunità di eleggere al Colle il presidente del Consiglio in carica che gli avversari della candidatura Draghi brandiscono continuamente vale ancora di più per chi in questo momento è al vertice dei Servizi Segreti. E un tandem Draghi a Chigi-Belloni al Quirinale, se accettato, significherebbe consegna ai tecnici esterni al Parlamento di entrambi le chiavi dei vertici istituzionali repubblicani. “Se un ticket del genere venisse accettato dal Parlamento – ragiona una fonte di centrodestra coinvolta nelle trattative in corso e sponsor del premier Mario Draghi al Colle- che senso avrebbe non prospettarlo anche al contrario: la prima donna a palazzo Chigi è una novità storica altrettanto importante. E che il capo dei servizi segreti diventi premier fa meno scalpore…”.

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