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L’Italia e l’approccio all’Intelligenza Artificiale | L’analisi di Riccardo Luna

Sulla Stampa Riccardo Luna immagina che Bill Gates e Giorgia Meloni, nell’incontro di ieri a Palazzo Chigi, si si saranno trovati distanti sul giudizio sulla Intelligenza artificiale. Gates è un suo convinto sostenitore e crede che porterà ricchezza e felicità a tutti. Se distruggerà posti di lavoro, ne creerà di nuovi. La premier, invece, non fa mistero di essere preoccupata per quello che prevede il suo amico Elon Musk («avremo un mondo senza lavoro») e che annunciano diversi autorevoli rapporti (l’ultimo, quello del Fondo Monetario Internazionale, parla del 40 per cento dei lavori impattati da questa rivoluzione).

«Approcci differenti», ha sintetizzato il francescano Paolo Benanti, il teologo che diffonde la dottrina dell’algoretica, l’etica degli algoritmi delle piattaforme, che era presente all’incontro fra i due. Se le posizioni che si sono confrontate ieri a palazzo Chigi erano note, più interessante è cercare di capire perché – continua Luna – Giorgia Meloni nel giro di sei mesi ha organizzato diversi incontri sul tema dell’intelligenza artificiale, una volta volando fino a Londra per prendere parte ad un summit.

La prima risposta è facile: perché l’Italia dal 1° gennaio ha assunto la guida del G7 e nel programma ci sarà ampio spazio per parlare di intelligenza artificiale «che può generare grandi opportunità ma anche enormi rischi» che vanno affrontati – guarda un po’ – «dando applicazione concreta al concetto di algoretica». In realtà quello che davvero dovrebbe fare il nostro governo (e più in generale il nostro Paese), è avere una strategia industriale sull’intelligenza artificiale; non condannarci ad essere vassalli tecnologici e culturali degli Stati Uniti. Francia e Germania lo stanno facendo: stanno sviluppando dei Large Language Model grazie ai quali potranno dotarsi di intelligenze artificiali costruite sulle rispettive culture.

Se è vero che l’intelligenza artificiale avrà un impatto analogo a quello che ebbe l’elettricità nell’800, dobbiamo mettere i nostri ricercatori e i nostri imprenditori in condizione di giocare una partita da protagonisti. Il nuovo Made in Italy passa anche da qui. È un programma sul quale unirsi o è destinato a rimanere un sogno?

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