Il Rapporto SVIMEZ di pochi giorni fa sembra meno cupo di quello degli anni passati. Le previsioni congiunturali infatti come quelle degli altri principali istituti di ricerca, del governo e dell’OCSE di sono relativamente buone per l’Italia, e complessivamente anche per il Mezzogiorno. Le previsioni di crescita per il paese sono superiori al 6 per cento quest’anno e al 4 per cento l’anno prossimo. Inoltre il Mezzogiorno, che rimbalza un po’ meno quest’anno dovrebbe in ogni caso, come il resto del paese, aver recuperato quasi interamente la perdita di PIL del 2020 nel 2022.
La recessione del COVID quindi sembra del tutto differente da quelle precedenti, in particolare dalla crisi finanziaria e dei debiti sovrani del 2009/12. In quella occasione il crollo di attività produttiva non era stato recuperato a distanza di 8 anni, in particolare nel Mezzogiorno. Da questo punto di vista le conseguenze della crisi in termini di perdita di capacità produttiva sembrano essere meno drammatiche, e non troppo diseguali tra ripartizioni territoriali, soprattutto in vista della attuazione del PNRR.
Una attuazione ottimale del PNRR per SVIMEZ dovrebbe generare comunque una crescita sostenuta, nell’ordine del 2-3% anche negli anni successivi, tassi di crescita, va ricordato, mai visti in Italia da oltre due decenni. A fine 2024 la crescita cumulata del Mezzogiorno in quattro anni sarebbe del 12,4 per cento, inferiore a quella del centro nord, ma considerando che anche la recessione era stata più debole non troppo diversa. Tutto ciò si basa però sull’ipotesi che effettivamente la spesa del PNRR al sud sia il 40% del totale.
Le politiche di spesa pubblica genererebbero infatti una quota maggiore della crescita al sud che al nord, fatto che ovviamente suscita qualche preoccupazione. L’attuazione del PNRR quindi sarà cruciale nell’evitare un ulteriore approfondimento del gap nord-sud e ovviamente essa dipende dalla capacità delle Pubbliche Amministrazioni. Una programmazione sbagliata delle politiche del personale, unita alla contrazione più significativa della PA negli ultimi 20 anni per le esigenze di debito pubblico, rende moltissime città del sud debolissime nella capacità progettuale e di attuazione degli investimenti. Dipendenti molto più anziani e meno scolarizzati, si combinano nel determinare a valle una minore capacità di generare spese con ricadute positive sugli stessi territori per l’incapacità di partecipare a bandi competitivi.
Il sostegno alla progettazione e alla attuazione sarà necessario, ma è anche vero che difficilmente la crescita così generata potrebbe essere duratura se non cambiano alcuni meccanismi decisionali nelle Pubbliche Amministrazioni del sud. Una recente analisi della Corte dei Conti sulla efficienza della spesa dei comuni ad esempio trova che i comuni del Mezzogiorno spendono comparativamente di più in polizia locale e rifiuti, senza peraltro generare un servizio migliore. Non sembra esattamente il comportamento di chi è conscio della necessità di investire in capacità e servizi.
Il PNRR deve essere una occasione per cambiare il modus operandi delle amministrazioni di tutto il paese, ma soprattutto di quelle del Mezzogiorno. Si tratta di riacquisire una cultura di governo e le capacità di progettualità (anche nelle politiche di acquisizione del personale) a medio-lungo termine che sono state smarrite in molti contesti. Guardare al PNRR solo come una occasione di far ripartire la spesa (anche fosse quella migliore in conto capitale) o le assunzioni, rischia di creare una grande delusione.