Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

L’indignazione per le parole di Trump è da ipocriti | L’analisi di Maurizio Belpietro

Si interroga Maurizio Belpietro su La Verità“Non capisco perché in Italia ci si indigni tanto per le parole di Trump e Musk sull’Unione europea.

Può non piacere che il presidente americano parli della fine della civiltà europea, o che Musk evochi un presunto quarto Reich.

Ma, al di là dei toni provocatori, è evidente che la Ue e l’economia europea rischiano una brutta fine.

Un tempo l’Europa era la culla della civiltà e il cuore di industria, finanza e innovazione; da anni però il baricentro si è spostato in America.

Nel vecchio continente non nasce quasi nulla, e gli unicorni arrivano da Stati Uniti, Cina o Asia orientale.

Perché stupirsi se qualcuno parla di declino e critica il nostro modello economico?

Trump e Musk non brillano per simpatia, ma gli stessi giudizi arrivano anche da figure che non sono ostili alla Ue.

Jamie Dimon, capo di Jp Morgan, ha avvertito che l’Europa ha «un vero problema» e sta «allontanando imprese, investimenti e innovazione».

Non è una pugnalata improvvisa: già nella lettera agli azionisti del 2025 parlava di problemi strutturali.

E anche Jim Farley, amministratore delegato Ford, sostiene sul Financial Times che l’Europa sta mettendo a rischio il futuro della propria industria automobilistica.

Un allarme pesante, dato che l’auto è stata la spina dorsale della crescita europea.

Se il settore deraglia per scelte politiche sbagliate, i contraccolpi sarebbero devastanti.

Si potrebbe obiettare che Dimon e Farley siano americani, ma la pensano così anche molti manager europei.

Secondo un’indagine citata da Reuters, tra i vertici di colossi come Basf, Vodafone e Asml gli Stati Uniti sono oggi preferibili alla Ue per investire: il 45% ritiene migliori i ritorni americani, e il 38% ridurrà gli investimenti in Europa rispetto a quanto previsto pochi mesi fa.

In sintesi, i leader industriali europei non hanno fiducia nell’Unione.

Si può prendersela con le frasi di Trump e Musk, ma se banche e imprese – americane e comunitarie – dicono che qualcosa non funziona a Bruxelles, una riflessione è necessaria.

Anche perché il nostro import dalla Cina continua a crescere: dopo i dazi voluti da Trump, Pechino ha ridotto le esportazioni negli Usa compensando con quelle verso la Ue.

Siamo sempre più dipendenti da una dittatura post-comunista.

È un pessimo segnale, e i primi a preoccuparsi non dovrebbero essere Trump o Musk, ma noi.”

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.