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L’Europa non sa difendersi | L’analisi di Ernesto Galli Della Loggia

“Per circa 70 anni le democrazie europee continentali nate (o rinate) dopo la fine della Seconda Guerra mondiale hanno goduto di un privilegio straordinario. Il privilegio di poter rinunciare tranquillamente alle spese militari”. Lo scrive Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera.

“Gli Usa e la Nato sono stati tra i grandi artefici del radicamento dei nostri regimi democratici nel dopoguerra. Per alcuni decenni, infatti, le spese per istruzione, sanità, pensioni e quant’altro hanno potuto espandersi senza problemi godendo della virtuale cancellazione delle spese per la difesa, assicurata dalla copertura militare americana. Per settant’anni, dunque, le classi politiche europee hanno potuto disporre di un ammontare di risorse da impegnare nella costruzione di quel Welfare utilissimo ad allargare il proprio consenso elettorale.

Certo – osserva l’editorialista – è anche in questo modo che gli Usa hanno costruito la loro egemonia politica sull’Europa (visto che a memoria d’uomo nei rapporti internazionali nessuno fa nulla per nulla). Ma ciò non toglie che i regimi democratici del continente abbiano avuto nel fenomeno di cui sto dicendo uno dei fattori centrali per il proprio rafforzamento. Che però lascia credere sia ormai sul punto di svanire. Per molte ragioni, infatti, gli Stati Uniti non sembrano più avere né la disponibilità, né la volontà né la capacità di presidiare militarmente tutte le aree di crisi che in numero crescente vanno aprendosi nel mondo, tantomeno di accollarsene il relativo costo. Tutto lascia credere insomma che per l’Europa e per l’Italia stiano finendo i bei giorni della sicurezza gratis.

E dunque che a meno di non voler diventare un Paese alla mercé degli eventi e un potenziale oggetto di conquista di chiunque voglia provarci, stia per battere anche alle nostre porte il tempo di un inedito impegno di natura militare e di un conseguente e altrettanto inedito impegno finanziario. Ma è soprattutto sul versante dell’opinione pubblica che molto probabilmente il nuovo scenario politico-militare mondiale e quindi la nuova situazione dell’Italia rischiano di incontrare le maggiori difficoltà ad essere compresi ed accettati.

Da ogni punto di vista, dunque, al drammatico mutamento dei tempi il nostro Paese giunge scarsamente preparato. Come al solito, verrebbe da dire. Solo che – conclude – stavolta il rischio che corriamo è forse il maggiore di sempre”.

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