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L’Economia della Bellezza vale un quarto del Pil italiano | Lo scenario

«In Banca Ifis abbiamo un progetto che promuove la crescita delle Pmi, che abbiamo voluto chiamare “Economia della Bellezza”, proprio per mettere in luce il valore del patrimonio artistico, dell’insieme di arte, architettura, imprese, artigianato e design industriale». Lo ha spiegato il presidente Ernesto Furstenberg Fassio. Cultura, Made in Italy di qualità, e manifattura d’eccellenza sono i driver che spingono la crescita del Pil italiano. Nel 2022 l’Economia della Bellezza – un particolare comparto economico che racchiude il meglio del “saper fare” oltre alle imprese purpose driven – ha toccato un valore di 499 miliardi di euro, pari al 26% del Pil, contribuendo addirittura per il 56% alla sua crescita. I conti li ha fatti Banca Ifis, che da tempo ha puntato i riflettori su questo settore.

«In altre parole» ha aggiunto Furstenberg «quello che chiamiamo Made in Italy è al centro della nostra Banca». L’occasione per presentare alla stampa il nuovo report sono state le celebrazioni per 40 di attività dell’istituto, nella straordinaria sede del Museo Fortuny a Venezia, una delle tante perle architettoniche della città. La convergenza tra il “bello e ben fatto” e il “buon lavoro” sembra sempre più esprimere un motore per l’intera economia italiana. Le imprese della Bellezza sono in crescita del 16% rispetto al 2021 e dell’8% rispetto al 2019, superando quindi i livelli pre-Covid. Il valore – nel 2022 – è salito a 499 miliardi, rispetto ai 431 del 2021. Di fatto, una crescita più che doppia rispetto al resto del sistema produttivo italiano.

Lo sviluppo ha riguardato tutti i comparti: turismo culturale e paesaggistico e imprese sia design-driven, quelle guidate da una forte componente di design, sia purpose-driven, ovvero guidate da uno scopo sociale. La crescita del valore prodotto rispetto al 2019 (+37 miliardi di euro) è stata generata per il 47% dalle imprese purpose-driven, per il 29% dal turismo culturale e naturalistico e per il 24% dalle imprese design-driven. A livello di settori, sono 8 quelli che hanno contribuito alla crescita del Pil della Bellezza rispetto al 2019, con Agroalimentare (13 miliardi), e Turismo (11) in testa, seguiti da Tecnologia, Cosmetica, Sistema Casa, Ambiente, Orologeria e Gioielleria e Automotive. Per la terza edizione del Market Watch “Economia della Bellezza” l’Ufficio Studi d Ifis ha dedicato anche un focus a quanto l’eccellenza della manifattura Made in Italy tragga origine dal lavoro dei “maestri d’Arte”.

La principale evidenza, spiega il report, è che il “saper fare” artigiano contribuisce ancora al 54% ai ricavi della manifattura italiana. In quasi 9 casi su 10, le imprese manifatturiere considerano l’artigianalità “non sostituibile da macchinari”. Secondo le rilevanze del Market Watch, per le imprese manifatturiere del Paese il valore aggiunto del lavoro artigianale ricopre “un ruolo rilevante” sia in fase di progettazione sia di realizzazione. Per il 53% delle aziende intervistate, l’artigianalità non rappresenta una semplice ricerca del lusso, ma uno strumento concreto per dar forma alle idee, da mettere in campo nella fase di prototipazione.

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