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[L’analisi] Senza gas russo in fumo 565 mila posti di lavoro. La Gabanelli: «Scandaloso il taglio dell’Irap a chi non ne aveva bisogno» 

“Per accelerare la fine del conflitto i Paesi Ue dovrebbero smettere di finanziare la guerra di Vladimir Putin. Questo comporta la rinuncia a gas e petrolio russo. La ricaduta economica però sarebbe altissima, anche se nessuno ha mai spiegato concretamente «quanto alta», a fronte del prezzo che stiamo già pagando sotto forma di sanzioni, assistenza ai profughi e incognite di una escalation. Oltre a quello incalcolabile delle vite umane”.

Una inchiesta della giornalista Milena Gabanelli per DataRoom del Corriere della Sera e La7 traduce in concreto questa ipotesi oramai sempre più vicina.

Tra pochi giorni scadrà anche il tempo per l’Italia chiamata ad adeguarsi al pagamento in rubli.

Lo scenario peggiore

“Tra gli scenari contenuti nell’ultimo Documento di economia e finanza del governo, ce n’è uno in cui si ipotizza per l’Italia lo stop degli approvvigionamenti di gas e petrolio dalla Russia. Si stima una carenza pari al 18% delle importazioni complessive nel 2022 e al 15% nel 2023. II primo effetto è il razionamento, e il conseguente aumento del prezzo. Dai circa 100 €/MWh di fine marzo si potrebbero superare i 220 €/MWh tra novembre 2022 e febbraio 2023. Quindi un ulteriore rialzo a catena dei prezzi, che impatta sulle attività economiche, sui consumi, sull’occupazione. L’inflazione vola a quota 7,6%, e a fine anno la crescita del Pil si attesterebbe sullo 0,6%, e nel 2023 allo 0,4%. Le previsioni del governo si fermano qui” commenta la Gabanelli analizzando il documento di Palazzo Chigi.

Boom disoccupazione 

“A dare un senso a questi numeri ci aiuta l’economista Paolo Onofri, presidente di Prometeia Associazione. Partiamo dal Pil: quest’anno abbiamo già accumulato 2,2 punti di crescita sulla media del 2021; chiudere II 2022 con un +0,6% di media vuol dire perdere nella seconda metà dell’anno tutto il vantaggio accumulato. Avremmo trimestri con segno negativo, con un crollo del Pil nella seconda metà di quest’anno del 2,5%. Uno shock che comporta la perdita di 1,3 punti percentuali di occupazione nel 2022 e di 1,2 punti nel 2023. In concreto: circa 293 mila perderebbero il posto di lavoro quest’anno, e altri 272 mila l’anno prossimo”.

I più colpiti 

Partiamo dalle famiglie che dovranno affrontare il caro riscaldamento e l’impennata dei prezzi alimentari: due spese incomprimibili. Già nel 2020 quelle con i redditi più bassi mobilitavano il 37,7% del loro bilancio per energia, carburanti, riscaldamento e alimentari, contro il 21,4% delle più ricche. Oggi, secondo stime della direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo, il quinto più povero delle famiglie spende il 48% del reddito per energia e alimentari contro il 27% delle più benestanti. Vuol dire che 5 milioni di nuclei non riusciranno quest’anno a coprire le spese primarie con i propri redditi. Dal 1 aprile è stato alzato a 12 mila euro il tetto Isee dei nuclei che vengono aiutati. Avranno diritto a uno sconto annuo su bolletta della luce e riscaldamento. Ne potranno usufruire anche le famiglie con più di quattro componenti e un Isee fino a 20 mila euro. Sono in tutto 34 miliardi i soldi messi In campo per far fronte allo stato attuale delle cose. Ma in uno scenario che vede una riduzione drastica delle forniture del gas russo cresce il numero delle famiglie in difficoltà, e il quadro peggiora ulteriormente per le imprese più energivore, come fonderie, vetrerie, ceramiche, cartiere, a rischio chiusura peri prezzi troppo alti di gas ed elettricità. A cui si aggiungono le difficoltà delle aziende alimentari colpite dall’embargo russo su grano, mais e fertilizzanti”.

Servono 40 miliardi 

“Secondo il professor Onofri – prosegue la Gabanelli – per compensare la caduta del Pil, servirebbe una spesa aggiuntiva di 40 miliardi nel 2022, e altri 40 nel 2023. Queste risorse potrebbero bastare, ma a condizione che vengano indirizzate verso chine ha realmente bisogno, cioè le famiglie meno abbienti e le imprese non in grado di fronteggiare prezzi, inflazione, calo del consumi. Aiutare un’impresa a superare la crisi può costare meno che pagare la cassa integrazione a chi ha perso il lavoro. II primo nodo è dunque quello di non disperdere denaro pubblico elargendo anche a chi può farcela da solo”.

Basta con gli aiuti per tutti

“Per calmierare i costi delle bollette sono stati stanziati finora 24,1 miliardi. Ebbene in realtà almeno una decina stanno andando indiscriminatamente a tutti. Prendiamo gli oneri di sistema: non li paga più la famiglia in difficoltà, ma nemmeno quella benestante e l’impresa che fa profitti. Non li paga chi ha un contratto di libero mercato a tariffa fissa e finora non è stato toccato dai rincari. Fare sconti a tutti non è solo una ingiustizia sociale, ma anche sbagliato sul piano economico perché non incentiva chi può a ridurre i consumi” prosegue la giornalista sulla sua rubrica (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/).

Lo scandalo Irap 

“Le imprese in sofferenza vanno sostenute – prosegue la giornalista che fondò il noto programma Rai d’inchiesta Report – Abbiamo aiutato anche quelle che non lo erano. Due anni fa, quando è esplosa l’emergenza Covid, il governo Conte ha deciso che il saldo Irap per il 2019 e l’acconto 2020 andavano cancellati a tutti i soggetti con fatturato sotto i 250 milioni di euro. Dentro al mancato gettito di 3,9 miliardi c’era anche chi stava lavorando a pieno regime, come le aziende farmaceutiche, quelle della logistica, della grande distribuzione, dell’immobiliare. E nemmeno a posteriori hanno dovuto saldare il conto. In tutte le emergenze c’è chi rischia il fallimento e chi aumenta il business. Non possiamo più permetterci di non distinguere gli uni dagli altri, visto che i mezzi ci sono: basta incrociare le banche dati”.

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