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[L’analisi] L’ascensore sociale è fermo, bisogna riformare la scuola

La scuola italiana ha bisogno di una riorganizzazione basata sull’autonomia scolastica e l’incentivazione dei docenti. L’attuale sistema educativo è gravato da debolezze che finiscono con l’amplificare le diseguaglianze, un ascensore sociale bloccato da oltre vent’anni. Questa la fotografia della scuola italiana scattata dalla Fondazione Rocca nel libro “Scuola, i numeri da cambiare” realizzato in collaborazione con l’associazione TreEllle e presentato questa mattina a Roma alla presenza del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e del leader di Confindustria, Carlo Bonomi, dal presidente della Fondazione, Gianfelice Rocca. Con loro il curatore del volume Giovanni Biondi, il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, il presidente della TreEllle, Attilio Oliva, e il presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, l’ex ministro Francesco Profumo.

Un’occasione, per Valditara, per proporre una “grande alleanza per il merito” che coinvolga famiglie, ragazzi, insegnanti, imprese e sindacati, abbassando la conflittualità tra le parti sociali e prevedendo un forte investimento sugli istituti tecnici, anche a fronte di una domanda di competenze che, dai dati citati dal ministro, peserebbe per 1,2 milioni di posti di lavoro non coperti per mancanza di adeguate qualifiche. E una “grande alleanza” tra pubblico e privato è anche ciò che ha auspicato Bonomi.

Il quadro che emerge dal rapporto sul «transatlantico scuola» lo definisce Rocca «con 800mila insegnanti e 8 milioni di studenti» è quello di una “emergenza nazionale”. «Chi ha la fortuna di nascere nella regione giusta o in una famiglia colta e benestante» afferma infatti il rapporto «può ottenere molto dalla scuola e farsi strada. Gli altri rischiano di finire ai margini di una società che dipende sempre più dalla conoscenza».

C’è una «forbice netta» ha spiegato Biondi «tra le regioni del sud e del nord» in particolare per quanto riguarda le competenze in matematica al momento del diploma, che invece fino alla scuola primaria appaiono in linea con la media Ue e omogenee sul territorio. È alle medie però che si aprirebbe la crepa nella curva delle competenze, e in un momento perlopiù “cruciale”, secondo Gavosto, cioè quando i ragazzi devono scegliere l’indirizzo superiore. «Voglio mandare» ha affermato Valditara «una lettera a tutte le famiglie con dati concreti sulle possibilità occupazionali e retributive sul territorio rispetto alla scelta educativa. E l’insegnante deve essere il consigliere della famiglia». Docenti che anche secondo lo studio della Fondazione Rocca devono essere maggiormente incentivati con «una carriera meglio strutturata».

Il problema del sistema italiano, infatti, non sarebbero le risorse: se la spesa per la scuola in relazione al Pil è del 4%, un punto sotto la media UE, la spesa per studente è in linea con gli altri paesi e persino superiore a Francia e Spagna. L’Italia ha il numero di studenti per docente più basso dei Paesi Ue, ma se il 98% degli insegnanti è felice del suo lavoro, solo il 21% trova lo stipendio soddisfacente. Risultato: il mestiere di docente non è considerato appetibile. E infine l’edilizia scolastica, con aule e corridoi che rispecchiano la centralità della “lezione frontale”, necessaria in una società allora da alfabetizzare. «Ma oggi» ha detto ancora il curatore del volume «c’è un mondo diverso, e serve un modello diverso».

“Isola virtuosa” in questo senso sono gli Its, dove «si evidenziano modelli di eccellenza, didattiche innovative, una forte impronta laboratoriale. La quota di studenti che trova un’occupazione entro un anno dal diploma è superiore all’80-90%». Più in generale, comunque, secondo Oliva (TreEllle) sarebbe urgente «potenziare un “Servizio nazionale di valutazione”» per scuole e operatori. Infine, ha ricordato Profumo, «in Italia in 20 anni si sono succeduti 12 ministri: ma bisogna pensare lungo» e avere la forza, come fece la Finlandia, di progettare un piano di riforma ventennale.

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