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[L’analisi] La fuga delle banche dalle città. Ecco perché chiudono gli sportelli

“Per anni le banche sono state incoraggiate dagli analisti a ridurre il numero degli sportelli bancari sulla base di statistiche comparate con gli altri Paesi europei, innanzitutto sul confronto fra numero degli sportelli e abitanti.

Nel frattempo il mondo bancario italiano negli ultimi trent’anni ha vissuto le più grandi trasformazioni d’Europa, con modernizzazioni ed evoluzioni innanzitutto normative d’iniziativa sia europea sia nazionale.

Inoltre le aggregazioni bancarie si sono realizzate soprattutto in Italia, dove attualmente ha sede solo un centinaio di gruppi bancari e di banche individuali indipendenti, in un Paese di 60 milioni di abitanti, realizzando ovvie sovrapposizioni di sportelli e conseguenti attività di razionalizzazione e semplificazione operativa”.

Lo sottolinea il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, in un intervento sulla desertificazione bancaria pubblicato su MF-Milano Finanza.

La crescita della consulenza.

“Contemporaneamente sono fortemente accelerate le modernizzazioni tecnologiche, ampiamente ormai d’uso comune per imprese, famiglie e banche che hanno visto ridurre l’uso del contante e delle operazioni allo sportello, che pur rispondono ad ampie esigenze sociali. Nel frattempo sono cresciute nelle banche le attività di consulenza per i clienti.

Quindi in tutta Europa sono diminuiti gli sportelli bancari classici; in Italia sono cresciuti gli uffici finanziari, che vi assomigliano molto ma sono privi delle tradizionali funzioni di sportello, parzialmente sostituite da Atm (i cosiddetti Bancomat) più o meno evoluti. Inoltre in Italia si sono registrate in questi trent’ anni diverse tendenze demografiche, con parziali spostamenti delle popolazioni dalle montagne e dalle colline alle città e frequentemente anche dalle campagne ai centri abitati.

Anche questi movimenti demografici hanno contribuito a mutare la geografia delle presenze degli sportelli bancari sui diversi territori e sulle diverse aree regionali e comunali. Dopo anni di superate critiche generiche alle banche italiane per presunti eccessi nel numero degli sportelli, da qualche tempo le critiche alle banche si sono invertite di tendenza e sono rivolte alle chiusure degli sportelli avvenute in particolare nei centri minori.

Occorre quindi riflettere su alcuni aspetti del diritto italiano per quanto riguarda le banche e i relativi sportelli. Infatti, dalla metà degli anni ’20 del ‘900 il mondo bancario italiano, fino ad allora prevalentemente composto da banche private, è stato fortemente irrigidito da leggi che hanno perfino definito precisi e spesso ristretti ambiti territoriali di operatività per ciascuna banca, limitando la concorrenza bancaria e l’apertura di nuovi sportelli. Contemporaneamente vennero effettuate diverse nazionalizzazioni di banche più o meno in crisi.

Nel Secondo Dopoguerra queste rigide normative vennero solo parzialmente allentate e la Banca d’Italia venne incaricata dalla Repubblica di selezionare le domande di apertura di sportelli presentate dalle banche e di predisporre dei “piani sportelli”. Erano gli anni nei quali la concorrenza bancaria era fortemente frenata innanzitutto dalle Autorità.

Il Tub e le nuove aperture.

“A fine anni ’80 per impulso dell’Unione Europea si aprì in Italia una nuova fase di liberalizzazioni e privatizzazioni bancarie che ha culminato nel superamento della vecchia Legge Bancaria del 1936 e con il varo del nuovo Testo Unico Bancario (decreto legislativo 1° settembre 1993, n.385) che ha solennemente definito le banche come imprese, tutte in concorrenza fra loro.

Poco prima, il 29 marzo 1990, con delibera del Cicr, il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, venne superato il metodo del “piano sportelli” e venne liberalizzata l’apertura degli sportelli bancari. Poco prima della citata liberalizzazione, gli sportelli bancari, al 31 dicembre 1989, erano 15.665: la liberalizzazione favorì le nuove aperture di sportelli bancari il cui numero in Italia crebbe progressivamente.

Dieci anni dopo gli sportelli in Italia al 31 dicembre 1999, divennero 27.158, per raggiungere il massimo storico a fine dicembre 2008, con 34.139 sportelli. Dopo quel picco e dopo le varie gravi crisi internazionali e nazionali economiche e finanziarie, premesse anche di crisi bancarie, il numero degli sportelli ha invertito la tendenza quasi ventennale e si è progressivamente, per varie ragioni, ridotto: a fine dicembre 2021 risultavano 21.650 sportelli bancari, una cifra lontana dal picco del 2008, ma ancora significativamente superiore a quella antecedente la liberalizzazione degli sportelli. Ora, lontani normativamente dalle epoche del dirigismo, le banche si muovono per prevalenti interessi economici, sulla base degli specifici fattori produttivi di ciascun territorio”.

Nuove strategie pubbliche.

“Per contrastare efficacemente le cause della riduzione del numero degli sportelli nelle aree italiane meno popolate non bastano gli auspici, ma occorrono strategie pubbliche innanzitutto di sostegno sociale ed economico alle zone geograficamente svantaggiate e meno popolate: queste sarebbero premesse utili anche a una maggiore presenza bancaria nelle aree che risultano meno popolate secondo le più recenti rilevazioni effettuate.

Inoltre occorre una nuova riflessione sulle normative di assegnazione delle tesorerie degli enti locali (Comuni, Province, Regioni e altre istituzioni presenti nel territorio per svolgere servizi per la collettività) che necessitano evidentemente di strutture anche fisiche locali per l’operatività. In proposito sarebbe utile un ripensamento della norma che ha sottratto alle pubbliche gare fra banche l’attribuzione delle tesorerie che da qualche anno possono essere assegnate a trattativa privata anche a soggetti non bancari, sottraendo così attività e interessi economici utili per la presenza di sportelli bancari nei comuni con minor popolazione.

Quindi, ragionando in modo innovativo sui fattori economici e sociali delle aree meno popolate e sulle possibili iniziative pubbliche in proposito, a cominciare dal sostegno capillare dell’istruzione e per la miglior tutela diffusa della salute e della sicurezza, potranno aprirsi nuove riflessioni e iniziative anche nella concorrenza fra le banche sui territori”.

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