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La pandemia dimostra che la globalizzazione ha molti limiti. Per le aziende occorre una nuova via. Ecco quale

In un momento difficile come questo bisogna senza dubbio trovare il tempo per riflettere e cercare di capire quali possano essere le opportunità di miglioramento per le nostre imprese. È innegabile, infatti, che la pandemia che stiamo vivendo ci abbia portato in una sorta di “nuovo mondo”.

Prima di tutto credo che ci siamo resi conto ancora di più, se mai ne avessimo avuto bisogno, di quanto siano importanti le persone all’interno delle aziende. Nei giorni di escalation dell’allarme, durante i quali abbiamo dovuto proseguire le attività nonostante le tante assenze per malattia, quarantena od altre problematiche, è emerso in maniera lampante quanto ognuno dei nostri collaboratori sia una pedina importante. E si è potuto sopperire alle tante mancanze solo grazie agli sforzi straordinari di chi era presente, quindi ancora una volta il fattore umano è stato determinante. Questo anche per chi, come Marzocchi Pompe, realizza un prodotto ad elevate prestazioni con mezzi ad altissima tecnologia. In altre parole, questa fase ha reso evidente la rilevanza della dimensione umana all’interno dell’organizzazione.

Le implicazioni di questa riflessione vanno oltre l’azienda stessa.

La gestione dell’emergenza, dalla crescita dell’allerta prima fino alla ripartenza dopo il lockdown poi, è stata senza dubbio facilitata dall’elevato grado di verticalizzazione dei nostri processi produttivi. Abbiamo sempre creduto in un approccio make per la realizzazione dei componenti critici, il che ci ha sicuramente permesso di superare in maniera rapida ed efficace i tanti ostacoli che si sono presentati, minimizzando quelli dovuti a fattori esterni. Credo che questo ci porti ad un’altra riflessione importante.

Gli scenari sono i più vari, e senza dubbio non tutte le aziende, per tanti motivi tra i quali per esempio know-how o possibilità di investire, potranno pensare di cambiare approccio e puntare maggiormente sull’internalizzazione dei processi produttivi.

Ritengo però che la pandemia ci abbia indicato una “nuova via”, in qualche maniera anticipata dalla tendenza al near shoring che recentemente ha fatto da contraltare alla globalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni.

Cercare fonti di fornitura vicine potrà molto probabilmente, con un orizzonte di medio termine, creare sia opportunità interessanti di saving che garantire uno stretto monitoraggio di malaugurate future nuove emergenze sanitarie. Ciò avrebbe importanti e positive implicazioni a livello sociale, contribuendo all’aumento dell’occupazione ed in generale al superamento della crisi economica.

Un altro aspetto che questo momento ci sta facendo toccare con mano è il ritorno all’essenzialità. La necessità di ridurre i contatti a quelli strettamente indispensabili ci sta portando di fatto ad una realtà molto più lean, termine già molto in uso negli ultimi anni come se fosse un presagio di una tendenza ineluttabile. Meno viaggi quindi più videoconferenze, meno riunioni in presenza che portano ad un maggior dialogo tra persone sono solo alcuni esempi di come un forzato ripensamento delle dinamiche aziendali possa portare ad un recupero di efficienza. Ma non solo, gli spunti per ripensare in maniera più snella il modo di operare non mancano e vanno assolutamente perseguiti.

Per concludere, lo sforzo compiuto fin dai primi giorni dell’emergenza è consistito nell’anticipare e magari superare le prescrizioni a livello sanitario che poi sarebbero divenute via via obbligatorie. Ciò ha sicuramente contribuito a rinforzare lo spirito di gruppo, sentimento fondamentale per questa Italia che vuole ripartire. Far sentire al dipendente che l’azienda fa di tutto per farlo lavorare in maniera sicura aumenta certamente l’attaccamento al proprio posto di lavoro: lo testimonia il livello di assenteismo che abbiamo rilevato dopo la ripartenza, ancora più basso del solito.

Occorre che tutti, a cominciare dai dipendenti, sentano la vicinanza, anche fisica, di chi ha il compito – vera e propria responsabilità – di traghettare le aziende fuori da questa difficile situazione. 

Lo spirito di squadra, e quindi in altre parole l’attenzione alla persona singola inserita in un gruppo, sarà proprio a mio avviso un fattore determinante per uscire da questo momento non facile. Così come un radicale cambio di mentalità, indispensabile per adattarsi in maniera veloce ed efficace a scenari in continuo mutamento in un contesto significativamente nuovo.

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